Avi Dichter: in caso di attacco il fronte interno di difesa è pronto
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
Ehud Barak con Bibi Netanyahu
a destra, Avi Dichter
Leon Panetta
La nomina di Avi Dichter a Capo del Fronte Interno di Difesa assume un particolare significato in vista di un possibile attacco preventivo ai siti nucleari iraniani da parte di Israele o con la sua partecipazione.
Avi Dichter succede a Matan Vilna’i, nominato ambasciatore a Pechino, ma sarebbe errato vedere la sua nomina come un fatto di normale ammistrazione. In un momento come l’attuale, che ha come dibattito centrale le modalità di un eventuale attacco all’ Iran, la sua nomina è un segnale del percorso politico che il governo intende seguire. Ma attenzione, sarebbe riduttivo definirlo un falco. La sua uscita dal partito Kadima non è la scelta di un transfuga che dall’opposizione emigra verso il governo. Dichter proviene sì da Kadima, ma da quello fondato da Ariel Sharon, irriconoscibile in quello che resta dopo la leadership di Tzipi Livni prima, e da Shaul Mofaz oggi. Qualcuno ha detto che Kadima è come il Titanic, sta per affondare, non ha futuro. Stare all’opposizione non significa soltanto dire no, eppure questa è la linea perdente di Kadima oggi. Persino nel dibattito sull’attacco preventivo all’Iran, le dichiarazioni Mofaz hanno il trito sapore delle battute da campagna elettorale. Ma Israele non ha di fronte elezioni immediate, che si terranno nella primavera del 2013, davanti a sé ha una scelta da far tremare i polsi a chi la dovrà prendere. Attendere ancora, come vogliono gli Stati Uniti- è di ieri la dichiarazione di Leon Panetta, nella quale afferma che c’è ancora tempo per continuare le trattative – e chi, all’interno di Israele – intellettuali e la sinistra in generale – con Haartez in testa - che, avendo dimenticato le lezioni della storia ( si veda il nostro pezzo di ieri http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=45655 )
non solo di quanto avvenne negli anni’30, ma nel 1948, 1967, ritiene che il valore supremo della pace possa essere difeso con l’attesa che sia il nemico a sferrare la prima mossa. La storia ha dimostrato che è vero il contrario. Qui non c’è nessuna Pearl Harbour che attende la decisione dell’imperatore del Giappone, ma un paese che può essere cancellato dalla carta geografica se Ahamdinejad metterà in atto quanto ha da sempre annunciato. Che gli Usa decidano di non agire è un fatto che rientra, purtroppo, nella politica di quel grande paese che amiamo strenuamente, ma del quale vanno ricordati gli errori commessi, particolarmente sotto la presidenza Obama.
Se Israele seguisse i suoi consigli, si consegnerebbe con le mani legate al criminale di Teheran.
Avi Dichter è un moderato, che riflette perfettamente il governo nel quale è entrato a far parte. Non ha mai sottovalutato il pericolo iraniano, ma non ha mai dato fiato alle trombe dell’attacco. Sa bene che a livelli decisionali, parlamento e servizi di sicurezza, non c’è una unica linea di pensiero. Figure di primo piano del mondo politico e dei servizi segreti, hanno espresso riserve, anzi, vere e proprie contrarietà all’attacco preventivo. Israele vive nell’attesa che l’America si decida ad assumere le sue responsabilità di paese leader del mondo occidentale, quello che anni fa si chiamava ‘mondo libero’. Se deciderà di rimanere spettatore, Israele provvederà da sola alla sua sicurezza. L’ha dichiarato Bibi Netanyahu, e su questo il paese si ritroverà unito, come avvenne in momenti simili nel passato. Il consenso che il governo ha nel paese non sarà chiassoso come gli appelli dei pacifisti, ma è forte e reggerà anche questa volta.
Haaretz scrive stamattina un editoriale dal titolo “ un posto che nessuno voleva”, per delegittimare l’arrivo di Avi Dichter ad una postazione di grande responsabilità, viste le decisioni che forse dovrà prendere. Normale che le oche del Campidoglio israeliano si siano ritirate dall’accettare una carica simile. Ci sono stati dei no, è vero, ma il coraggio non è una virtù innata , né fra i politici né fra gli intellettuali. Meglio predicare dalle colonne di un giornale o sugli schermi televisivi. Non è questa la linea del governo.
Angelo Pezzana