Appartamento con ingresso nel cortile Yehoshua Kenaz
Traduzione di Elena Loewenthal
Giuntina Euro 15
Personaggi strani, affetti da turbe psichiche, alienati dalla realtà, animano i nove racconti dello scrittore israeliano Yehoshua Kenaz, “Appartamento con ingresso nel cortile”. Una donna, reduce dai campi di concentramento, ha escrescenze rossastre tra le dita e sui gomiti ed è convinta che sia la carne dei tedeschi (“Crescita selvaggia, corpo estraneo “), un matto terrorizza un gruppo di ragazzi facendogli vedere lo scheletro di un arabo in un agrumeto (“Un punto morto nella memoria”), alcuni giovani si riuniscono in un appartamento per divertirsi, ma tutto va storto: il televisore si è rotto, le porte si bloccano, i vicini protestano, e alla fine si trova un cadavere nel bagno (“La festa”). Con una scrittura limpida e precisa Kenaz sa catturare il lettore mettendo in risalto la fragilità degli esseri umani, vittime dell’ombra minacciosa del destino. Il cuore dei suoi racconti non sta nell’apparente banalità degli eventi, ma in ciò che non viene detto o è soltanto alluso, come ne “La borsa nera”, dal ritmo dimesso e malinconico, una storia di solitudine quasi cechoviana, dove un padre porta al ristorante il figlio che non ha fame e invece di parlare con lui si mette a leggere dei giornali abbandonati sul tavolo vicino e poi se ne va. Il figlio torna a casa e vomita nel cortile. L’unico calore che prova è quello di una carezza sulla nuca della maestra della scuola che aveva incontrato al ristorante. Un appartamento chiuso, una cassetta della posta piena di lettere suscitano la curiosità e la preoccupazione di un vecchio, vicino di casa, per la sorte del giovane che lo abitava. È il tema del racconto eponimo, incrocio di voci e di supposizioni degli abitanti del caseggiato sulla misteriosa scomparsa. Un poliziotto affetto da narcolessia, un bambino che guida la macchina della polizia e una famiglia, nonna in sedia a rotelle compresa, che guarda un film porno, sono i personaggi strambi dell’ultimo racconto (“Spettacolo diurno”).
Massimo Romano
Tuttolibri – La Stampa