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Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/10/2010, a pag. 19, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " La Giordania vieta la kippah 'per la sicurezza dei turisti' ". Un ebreo non può portare la kippah in Giordania. Una norma antisemita che il re cerca di far passare per una questione di sicurezza : "ci manca solo l’aggressione a qualche visitatore israeliano ". La soluzione alla possibilità di attentati contro i turisti ebrei non è aumentare la sicurezza e i controlli, ma cercare di nasconderli, far finta che non ci siano. GERUSALEMME — «Giù la kippah». Al King Hussein Bridge, la frontiera giordano-israeliana che sfiora i luoghi del battesimo di Gesù, s’è fatta l’abitudine all’imprevisto. L’ossessione dei controlli, il caos delle code, il divieto di posteggiare auto, il biglietto per i bagagli imposto dai giordani, l’esagerata tassa d’espatrio messa dagl’israeliani... L’ultima trovata è un’altra cosa, però: il governo di Amman, con tanto di circolare alla polizia turistica, ha stabilito di requisire kippah e tefillin (filatteri) a tutti gli ebrei che si presentano al controllo passaporti e pretendano d’indossarli anche in Giordania. «Lo facciamo per la loro sicurezza», dicono le autorità: il Paese è nel pieno d’una nervosa campagna elettorale, un ministro s’è appena dovuto dimettere per avere insultato la stampa «piena d’asini, incompetenti, bugiardi, ignoranti» (e qualcuno sostiene abbia aggiunto: asservita a Israele), la popolazione è al 40 per cento composta da profughi palestinesi e — si giustificano al posto di confine — ci manca solo l’aggressione a qualche visitatore israeliano. Il divieto di kippah piace a chi lo considera una giusta rappresaglia: «Bye bye simboli religiosi — scrive la palestinese Salma sul forum di Ynet — no burqa? No kippah!». In Israele protestano, però («perché solo i simboli dell’ebraismo? — replica sul blog un certo Tahl, di Ashdod —. Qualcuno si sogna di vietare anche le croci?») e i più furiosi sono gli uomini d’affari: «Ho clienti ad Amman e ci vado spesso — racconta A., un imprenditore di Gerusalemme — di solito evitavo d’ostentare i tefillin», gli astucci di cuoio che servono agli ebrei per la preghiera del mattino, «ma da qualche tempo non posso più portare nemmeno la kippah: devo ricorrere a un normale cappello. E comunque, non potendo pregare al sorgere del sole, evito di pernottare in Giordania». Il ministero degli Esteri israeliano cerca soluzioni senza troppo clamore, visto che la Giordania è uno dei vicini con cui litiga meno. Un po’ come fece quando alle rovine di Petra fu deciso di far pagare più caro il biglietto ai turisti israeliani. «Si portano tutti la colazione al sacco — fu la motivazione — e non comprano neanche un goccio d’acqua»: bastò qualche persuasiva telefonata, e l’ingresso maggiorato sparì. Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante lettere@corriere.it |
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