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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.02.2010 Berlusconi in Israele: 4°giorno - 'La guerra a Gaza è stata giusta'
Cronache di Amedeo La Mattina, Maurizio Caprara, Francesco Battistini

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Amedeo La Mattina - Maurizio Caprara - Francesco Battistini
Titolo: «Berlusconi: l'attacco a Gaza giusta reazione - Ma gli aiuti alla Striscia restano ancora bloccati - Silvio importò presepi per aiutare i palestinesi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 04/02/2010, a pag. 8, la cronaca di Amedeo La Mattina dal titolo " Berlusconi: l'attacco a Gaza giusta reazione ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 10, l'articolo di Maurizio Caprara dal titolo " Ma gli aiuti alla Striscia restano ancora bloccati ", a pag. 9, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Silvio importò presepi per aiutare i palestinesi ". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Amedeo La Mattina : " Berlusconi: l'attacco a Gaza giusta reazione ", un resoconto fedele a quanto è avvenuto.

Parlando alla Knesset, Berlusconi ha entusiasmato Netanyahu, Peres e tutti i parlamentari sia di maggioranza che di opposizione. Ha però deluso il presidente dell’Anp Abu Mazen. Scambio di parole affettusose, 12 applausi e standing ovation finale degli israeliani per il discorso del premier italiano. L’applauso che più lo ha commosso è stato quando Netanyahu ha raccontato che la madre dell’ospite, mamma Rosa, salvò la vita ad una donna ebrea durante l’occupazione nazista. Freddezza invece da parte palestinese. Non poteva finire diversamente visto che Berlusconi si è fatto il primo paladino mondiale delle ragioni di Gerusalemme, al punto che ieri ha definito la seconda Intifada «un’ondata terroristica» e l’operazione «Piombo fuso» su Gaza una «giusta reazione» di Israele ai razzi di Hamas. Nemer Hammad, uno dei più stretti consiglieri politici di Abu Mazen, ha commentato infastidito che «le parole di Berlusconi non cambiano la realtà: quella degli israeliani a Gaza fu un aggressione. C’è un rapporto in tal senso che si chiama Goldstone». In serata però la precisazione ufficiale di Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell’Anp, che ha espresso gratitudine per il sostegno italiano al processo di pace e per gli aiuti che da sempre l’Italia garantisce all’Autorità palestinese.
In questo clima, e con Teheran che ha protestato per le sue parole di sostegno all’opposizione iraniana, il premier italiano è arrivato a Betlemme per incontrare Abu Mazen. E qui in parte ha corretto il tiro rispondendo alla domanda di un giornalista palestinese. «Come è stato giusto piangere le vittime della Shoah così è giusto manifestare dolore per quanto che è successo a Gaza. Sempre, quando alla pace si sostituisce la guerra, alla ragionevolezza si sostituisce la violenza, viene meno l’umanità ed il rapporto tra gli uomini». Poi però ha commesso una gaffe. Gli è stato chiesto da un corrispondente italiano cosa aveva provato, arrivando a Betlemme, nel vedere il muro costruito da Israele in Cisgiordania. «Non me ne sono accorto in quanto stavo prendendo appunti sulle cose che avrei dovuto dire al presidente Abu Mazen». Il premier italiano ha un po’ riequilibrato il suo afflato verso Israele ribadendo la necessità di fermare l’espansione degli insediamenti coloniali (senza però mai citare quelli di Gerusalemme Est).
Al presidente dell’Anp che aveva accanto durante una conferenza stampa molto formale e frettolosa ha chiesto di ritornare presto al tavolo delle trattative. Ma l’Italia ritiene giusta la creazione di un Stato palestinese entro i confini del ’67? Per Berlusconi «è un’ipotesi positiva e concretamente accettabile».
Di tutt’altro tenore il clima e il discorso solenne alla Knesset, il primo di un presidente del Consiglio italiano davanti ai deputati israeliani. Berlusconi è tornato a invocare per Teheran «sanzioni efficaci». «Non è accettabile l’armamento atomico a disposizione di uno Stato i cui leader hanno proclamato apertamente la volontà di distruggere Israele ed hanno negato insieme la Shoah e la legittimità dello Stato ebraico». Il premier italiano considera il popolo ebraico come «un fratello maggiore» e Israele «unico esempio di democrazia in Medio Oriente». E’ necessaria però la creazione di uno Stato palestinese che viva accanto a quello israeliano «in pace e in sicurezza». Grande entusiasmo dei parlamentari per la rievocazione dell’«infamia delle leggi razziali» di cui l’Italia si macchiò nel ‘38, ma da cui trovò la forza di riscattarsi attraverso «la lotta di liberazione dal nazifascismo». «Mi sento davvero uno di voi. Mi sono sentito davvero uno di voi il giorno in cui ho visitato Auschwitz. Quel giorno ha cambiato la mia vita».

CORRIERE della SERA - Maurizio Caprara : " Ma gli aiuti alla Striscia restano ancora bloccati "

Filippo Grandi, nuovo direttore dell'Unrwa, rivela in questo articolo le sue intenzioni. Non ci saranno cambiamenti.
La descrizione dell'Unrwa fornita da Caprara è troppo benevolente. Per sapere esattamente di che cosa si tratta, quali sono i suoi scopi, invitiamo a leggere l'articolo dal titolo " Come riscattare l’agenzia dell’Onu occupata da Hamas " pubblicato dal FOGLIO e ripreso da IC il 28/01/2010, cliccando sul link sottostante:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=100&id=33081

Ecco l'articolo di Maurizio Caprara:


Filippo Grandi

BETLEMME (Territori palestinesi) — Quando Silvio Berlusconi ha incontrato il patriarca di Gerusalemme, il nunzio apostolico e il custode della Terrasanta, ieri a Betlemme, con loro c'era un italiano che ha uno degli incarichi internazionali più importanti assegnati a cittadini del nostro Paese. Con il grado di sottosegretario generale delle Nazioni Unite, Filippo Grandi, 52 anni, è dal 20 gennaio commissario generale dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per l'assistenza ai profughi palestinesi. Nell'incontro, il presidente del Consiglio ha constatato che parecchi dei 100 milioni di dollari assegnati dall'Italia alla striscia di Gaza sono paralizzati. Furono promessi nella conferenza di Sharm el Sheik del marzo 2009, dopo l'offensiva israeliana terminata in gennaio, e non possono essere spesi. A Berlusconi, Grandi ha fatto notare: «Vengo proprio da Gaza e i fondi internazionali che non si possono spendere ammontano a miliardi. Siccome riguardano la ricostruzione, i limiti all’import di materiali applicati da Israele lo impediscono. Vale anche per il cemento».

Si occupa di quattro milioni e mezzo di profughi palestinesi l'agenzia coordinata da Grandi per i prossimi tre anni. Ne assiste in Libano, Siria, Giordania, nei Territori e a Gaza. Per l'Unrwa, che gestisce quasi 700 scuole e 130 ambulatori, lavorano 30 mila persone. «Le restrizioni imposte a Gaza attraverso un virtuale assedio causano sofferenze a migliaia di abitanti innocenti. La metà, bambini», dice Grandi al Corriere. La sua tesi sul dopoguerra non rassicura: «Marginalizzare, impoverire una popolazione compressa in una zona ad alto rischio come la Striscia non è nell' interesse dei palestinesi. Ma neppure degli israeliani e della comunità internazionale, della quale l'Italia fa parte».

E i padroni della Striscia, i fondamentalisti islamici che sparando razzi su civili indussero Israele a bombardare, non danno problemi? Di razzi ne partono ancora, seppure meno. Grandi, che rapporti avete con Hamas? «Non abbiamo rapporti diretti perché la nostra struttura è parallela a quella governativa. Le nostre scuole e i nostri ambulatori non sono sottoposti alla sua supervisione. Hamas ne rispetta l'autonomia». Perché mai? «L'Unrwa ha per utenti il 70% della popolazione di Gaza».

È stato scritto che nell'Unrwa lavorano membri di Hamas. Grandi: «È proibita ogni attività politica collegata al lavoro. Un dipendente non può fare nulla che contraddica i valori dell'Onu: la violenza e la sua apologia sono severamente vietate. Abbiamo licenziato persone che avevano partecipato a conferenze politiche, non soltanto di Hamas. Di qualsiasi gruppo palestinese». Quanti? «Non molti, ma ogni anno c'è qualche caso». Saranno tre anni impegnativi, per il commissario generale italiano.

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Silvio importò presepi per aiutare i palestinesi "

Interessanti le confessioni di Nemer Hammad, da sempre l'uomo di Arafat a Roma, da sempre stipendiati, lui e i suoi, dal governo italiano.
Dalle sue dichiarazioni non viene fuori niente di nuovo.
I legami stretti di Craxi con i terroristi palestinesi.
Che poi i finanziamenti passassero tramite Berlusconi non ci stupisce nemmeno questo, finchè a comandare erano Craxi, Andreotti e Pci, gli ordini venivano da questa triade.
Se Berlusconi col passare degli anni è passato da imprenditore a uomo politico, sono le azioni riconducibili direttamente alla sua responsabilità che per noi contano. E questo viaggio le ha dimostrate tutte.
Ecco il pezzo di Battistini:


Nemer Hammad

GERUSALEMME— «Anni fa, da privato, sostenni i negoziati di pace e i palestinesi. Perché Craxi credeva che Arafat fosse veramente disposto ad andare verso un accordo di pace» (2 febbraio, conferenza stampa con Netanyahu). Kefiah Silvio. Nella città vecchia hanno fatto la doppia t-shirt, in suo onore: il Cavaliere col cappellone e coi riccioloni ortodossi, il Cavaliere col copricapo del vecchio Yasser. Le vendono a 10 euro, tutt’e due. Ma la seconda è una chicca vera: s’è mai visto un Berlusconi amico dei palestinesi? Sorpresa: sì. Molto tempo fa. Quando ancora non diceva agl’israeliani «grazie d’esistere» e apriva il borsellino per aiutare Olp e dintorni. «La prima volta che sentii parlare di Berlusconi — ricorda Nemer Hammad, storico ambasciatore arafattiano in Italia, oggi consigliere di Abu Mazen —, fu nella prima intifada: 1987. C’erano i morti. E la situazione economica nei Territori era terribile. Elias Frej, il sindaco di Betlemme, venne a chiedere aiuto al governo italiano e al Vaticano. Chiese che fare. E Craxi lo mandò da questo suo amico imprenditore. Che prese subito in mano la faccenda: "Potete mandarmi le cose che producete. I presepi, i souvenir. Li vendo alla Standa". Così fu. La vendita non andò molto bene, però. E le difficoltà rimasero. Ma quello fu il primo aiuto concreto».

Qualche anno dopo andò meglio. Se ne parlò al processo All Iberian. Con Tarak Ben Ammar, il finanziere tunisino, a sostenere che i miliardi della Fininvest, via Psi, erano finiti all’Olp... «Storia complessa. Quando Berlusconi entrò in politica, saltò fuori una sua telefonata a Craxi. Si faceva un nome straniero. Era il mio. Perché io ero grande amico dei politici italiani che ci appoggiavano: Cossiga, Andreotti, Berlinguer... E naturalmente Bettino, che aveva spostato tutto il Psi sulle nostre posizioni. Ci furono molti incontri anche con Silvio: lui non sapeva molto di Medio Oriente e voleva informazioni sulla Libia, sull’Egitto... Dopo la pace di Oslo, fu un altro periodo magro. Craxi stava in Tunisia, sempre a pranzo con Arafat e Kaddoumi. Un giorno, Bettino alzò il telefono e disse a Berlusconi di darci una mano. Lui lo fece: chiamò me e per un bel po’ ci diede una bella cifra, quel che bastava a sanare le difficoltà. Arafat vide Berlusconi anche a Cernobbio, quand’era premier. E lo ringraziò».

Quante altre volte si sono incrociati, Berlusconi e Arafat? «Tante. Tutta la seconda intifada fu tremenda e Berlusconi ebbe un ruolo. Con una telefonata a Sharon, sbloccò il cancello che serviva a proteggere i francescani nella Natività. E fu lui a prendersi in Italia i palestinesi asserragliati nella Basilica. L’anno scorso, Maroni voleva togliere loro la protezione ed espellerli dall’Italia. Anche lì, credo sia intervenuto il buonsenso del premier». A sentire lei, ne esce un Silvio kefiato... «Un tempo, lui cercava di capire le nostre ragioni. Perché non potrebbe riprovarci?».

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