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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio-La Stampa Rassegna Stampa
30.01.2010 Iran: l'opzione militare sempre più vicina
Le opinioni di John Bolton, V.E.Parsi, la cronaca di Claudio Gallo

Testata:Il Foglio-La Stampa
Autore: La redazione del Foglio-Claudio Gallo-V.E.Parsi
Titolo: «In Iran serve l'intervento militare: Ma Israele non potrà contare su Obama-Uccidete i verdi, nemici di Dio-Fascismo islamista a Teheran»

A che punto siamo con la minaccia iraniana ? In attesa del nuovo penultimatum di Obama, continuano le cronache dei crimini del mullah, le analisi e le interviste con gli esperti. Chiare le parole di John Bolton, nell'inervista sul FOGLIO, sulle posizioni del presidente americano, in attesa che si risvegli dalle utopie che finora hanno segnato il primo anno alla Casa Bianca. Dalla STAMPA la cronaca di Claudio Gallo sulla giustizia sommaria a Teheran, l'analisi di Vittorio Emanuele Parsi, nella quale afferma la validità delle teorie neocon dell'amministrazione Bush, tra le quali la definizione di " fascismo islamista", che appare anche nel titolo del suo pezzo.
Ecco gli articoli:

Il Foglio- "In Iran serve l'intervento militare: Ma Israele non potrà contare su Obama ", intervista a John Bolton


John Bolton

Roma. “Il tempo delle sanzioni e della diplomazia è scaduto, l’unica strada per impedire che l’Iran si doti di armi atomiche è un’azione militare preventiva”. E’ così che l’ex ambasciatore americano all’Onu, John Bolton, pensatore di punta del mondo neoconservatore, replica alla notizia che il Senato americano ha approvato una legge che permetterà al presidente Obama di imporre sanzioni sulle forniture di combustibile all’Iran. “La minaccia di un Iran nucleare è ormai planetaria”, dice Bolton al Foglio. Falco e legato all’ex vicepresidente Dick Cheney, Bolton traccia un bilancio ultrapessimista della situazione mediorientale a un anno dall’elezione di Obama. “Un Iran nuclearizzato non è un pericolo soltanto per Israele, che Teheran vuole distruggere, ma per il mondo intero, l’Iran è sponsor globale del terrorismo. Israele e l’Europa finirebbero sotto la minaccia balistica dell’Iran. Ma c’è anche il grave problema della proliferazione nucleare, l’Iran atomico porterà a un mondo nucleare multipolare instabile. Se l’Iran si dota di armi nucleari, anche Arabia Saudita, Turchia ed Egitto vorranno essere potenze nucleari. In dieci anni avremo un medio oriente nuclearizzato, una situazione impossibile. Quindi è adesso che dobbiamo impedire che l’Iran si doti di armi atomiche”. Bolton chiede l’intervento dell’occidente nel sostegno alla rivolta a Teheran. “In Iran oggi non c’è più tanto una teocrazia religiosa, quanto una dittatura militare. La violenza nelle strade ci dimostra che il regime vuole restare al potere con tutte le sue forze. L’occidente ha commesso l’errore di non sostenere le forze democratiche. E’ un problema che ci trasciniamo dall’amministrazione Bush. Le Guardie Rivoluzionarie hanno i fucili in Iran, la gente per strada è indifesa, l’occidente dovrebbe fornire loro assistenza materiale per il cambio di regime. Obama deve capire che l’Iran non è un partner con cui è possibile dialogare”. La cosiddetta “guerra al terrore” non è finita soltanto perché l’ha dichiarato Obama. “Lo scorso Natale trecento persone si sono salvate soltanto perché la bomba ha fallito. Ma sono pessimista perché Obama è il primo presidente post americano. Obama non crede nell’eccezione americana, è molto più simile a un primo ministro europeo. Persino il popolo dello stato del Massachusetts lo ha rigettato. Non so quindi se vedremo una seconda presidenza Obama. La Casa Bianca oggi non vede il resto del mondo come una minaccia per l’America. Obama ha fatto capire chiaramente che non ha intenzione di impegnarsi in una ‘guerra globale al terrorismo’. L’America di Obama deve soltanto restare calma e ossequiosa. La concezione del mondo obamiana è racchiusa in una corazza di internazionalismo ingenuo”. I tre temi della presidenza Sono tre i temi nei prossimi anni della presidenza. “Il primo è la riduzione dell’arsenale americano, attraverso decisioni di budget e accordi di riduzione degli armamenti, sia bilaterali con la Russia sia multilaterali con il coinvolgimento di altri paesi. La seconda priorità, per Obama, è un accordo internazionale sul riscaldamento globale. Terzo, la governance globale raggiungerà piena maturazione. Penso alla rinuncia alle ‘torture’ negli interrogatori dei terroristi, all’impegno a chiudere Guantanamo e al processo a Khalid Sheikh Mohammed. Chiudere Guantanamo è un grave errore che fa parte della fondamentale domanda su come trattare i terroristi. Obama ha voluto la rielezione del nuovo Consiglio Onu per i diritti umani, a cui l’Amministrazione Bush si oppose rifiutandosi poi di aderirvi. La questione di fondo è quanta ‘legge’ Obama abbia intenzione di fare al di fuori del codice statunitense”. Bolton chiude sull’Iran: “Non c’è più tempo per le sanzioni e la diplomazia ha fallito. Ora è il tempo dell’operazione militare preventiva per fermare l’Iran. Obama non è pronto all’uso della forza, l’unica domanda è quindi se Israele agirà senza l’America”.

La Stampa- Claudio Gallo: " Uccidete i verdi, nemici di Dio "

Arash Rahmanipour, ventenne, e Mohammad Ali-Zamani, qualche anno di più, sono stati impiccati senza neppure che i genitori fossero avvertiti. La loro morte suona come un avvertimento all’opposizione: che l’11 febbraio, 31° anniversario della Rivoluzione islamica non si sogni di rimettere le piazze iraniane a ferro e fuoco come aveva fatto nella festa santa dell’Ashura. I sanculotti verdi e democratici sono avvisati: faranno la stessa fine anche loro. A chiudere il cerchio è stato ieri, durante la preghiera del venerdì all’università di Teheran, l’ayatollah Ahmad Jannati, capo del Consiglio dei Guardiani, il potente organo costituzionale che decretò l’elezione del presidente Ahmadinejad, alla faccia delle proteste popolari. Nel suo sermone Jannati ha fornito una giustificazione religiosa dell’uccisione degli oppositori, paragonando i verdi alle tribù ebraiche che ingannarono il profeta Maometto.
«Il profeta Maometto - ha detto l’ayatollah conservatore - strinse un patto di non aggressione con tre tribù ebraiche. Gli ebrei non rispettarono i patti e Dio ordinò che fossero massacrati». L’ottuagenario chierico ha aggiunto che anche l’Imam Ali «ordinò l’uccisione di 70 ebrei infedeli», nonostante la reputazione di uomo pio e compassionevole. La morale infine: «Quando si tratta si sopprimere i nemici, la compassione e la benevolenza divine non hanno significato». Jannati ha coronato il suo sillogismo lodando la solerzia dei magistrati che hanno fatto impiccare i due giovani. Insomma, la repressione dell’opposizione non è ancora abbastanza brutale. Ci vuole più sangue, Dio lo vuole.
A due giorni dall’impiccagione dei due «attivisti monarchici», restano ancora molti interrogativi aperti. I giovani stavano in carcere da aprile, la cosa era nota anche perché in agosto erano apparsi in un programma televisivo dove «confessavano» i loro crimini. Condannati adesso come «mohareb» (nemici di Dio, della religione) allora erano soltanto «muhabereh» (spie). In un video surreale si attribuivano vari contatti con l’intelligence americana e israeliana e l’attentato a una moschea di Shiraz, nel 2008, che fece 40 morti e 200 feriti. Dopo i tumulti di giugno erano stati gettati nel calderone dei processi farsa televisivi, dove imputati spauriti salmodiavano colpe come in un «autodafé» staliniano, anche se era evidente che cronologicamente non avessero nulla a che fare con il movimento di protesta nato a giugno.
Babilon&Beyond, il blog sul Medio Oriente del Los Angeles Times suggerisce un interessante parallelo tra l’alba della rivoluzione ed oggi. Allora i conservatori inneggiavano come adesso al massacro degli oppositori, la differenza è che ora le esecuzioni suscitano aperte reazioni di sdegno. Il padre del ventenne Arash Rahmanipour ha detto ad Al Jazeera che non vuole cordoglio per la morte del figlio, «accetto solo congratulazioni, è morto da martire della causa democratica in Iran». La giovane Nasrin Sotoudeh, avvocato di Arush, ha raccontato alla tv del Qatar di non aver potuto consultare i fascicoli. «Tutto si è svolto illegalmente e in segreto. I genitori hanno saputo della morte del figlio dalla tv». Arush le aveva raccontato che la polizia aveva arrestato sua sorella incinta e per due volte l’avevano portata nella sala dove lo interrogavano. «Mi dicevano che se volevo vederla libera dovevo confessare, confessare cose che non avevo fatto».
In questo clima di terrore ci si avvicina alla data cruciale della festa nazionale iraniana, l’11 febbraio mentre a livello internazionale il paese scivola verso un isolamento più pesante: il Senato Usa ha votato una legge che impone sanzioni alle forniture di carburanti all’Iran. E Hillary Clinton torna alla carica con la Cina per ottenere il sì di Pechino a un nuovo più radicale embargo Onu.

La Stampa- Vittorio Emanuele Parsi: " Fascismo islamista a Teheran "


Vittorio Emanuele Parsi

Continua inesorabile la deriva del regime iraniano verso una forma inedita di «fascismo islamista». L’espressione, coniata alcuni anni fa dagli ambienti neocon vicini all’amministrazione Bush per indicare, genericamente, le molteplici varietà assunte dall’islamismo radicale e fondamentalista, era stata rapidamente accantonata. A fronte di un concetto estremamente poliedrico e dai confini sfumati come quello di islamismo fondamentalista, la perentorietà del termine «fascismo», con il suo netto e preciso riferimento all’esperienza storica europea, sembrava debordare, offuscando quel che avrebbe dovuto contribuire a rendere più chiaro. Anche dal punto di vista dell’opportunità politica, risultava evidente che connotare come fascista l’intera esperienza del fondamentalismo islamista poteva solo contribuire a esacerbare ancora di più gli animi, a rendere la prospettiva di uno scontro frontale e totale tra le civilizzazioni occidentale e islamica (per quanto difficili da definire correttamente) una profezia autoavverante.
Oggi, di fronte alla specifica evoluzione della Repubblica islamica dell’Iran, quel concetto torna alla ribalta, perché quel particolare regime islamista sta conoscendo una trasformazione autoritaria che tracima nel più schietto totalitarismo, che ricorda il fascismo persino nella sua indefinita collocazione tra gli autoritarismi strettamente intesi e i veri e propri totalitarismi, oltre che per l’antisemitismo sempre più becero. Da quando, in occasione delle scorse elezioni presidenziali, Alì Khamenei ha deciso di violare apertamente le leggi (peraltro già illiberali) su cui avrebbe dovuto vigilare, e che facevano della repubblica degli ayatollah un ibrido di difficile classificazione, il regime iraniano è progressivamente scivolato verso una variante islamista di «fascismo». Paradossalmente, la forza e la vitalità dell’opposizione dei settori della società più acculturati, cosmopoliti e, soprattutto, meno dipendenti dalla benevolenza del potere per definire la propria sopravvivenza economica, identità politica e funzione sociale ha concorso nel sospingere Khamenei e i suoi accoliti verso una radicalizzazione più spinta. Partito forse con l’idea di realizzare un «18 Brumaio» (almeno nella versione minore di Napoleone III, raccontata da Marx), Khamenei si è trovato a contemplare l’opportunità di poter realizzare una vera e propria «Rivoluzione d’Ottobre». E l’ha colta.
Le condanne a morte eseguite l’altro giorno a Teheran, pronunciate nei confronti di persone che non si erano macchiate di reati di sangue, ma che avevano violato «l’ordine di Dio», segnano un ennesimo passaggio nel tradimento degli stessi ideali religiosi dell’élite rivoluzionaria seguace di Khomeini. Non perché quello costruito dall’ayatollah di Qom fosse un regime migliore o più rispettabile, ma perché questo disegnato da Khamenei e Ahmadinejad è un’altra cosa. Alla ierocrazia khomeinista, Khamenei sostituisce un fascismo ammantato di religione, che grida vendetta anche di fronte al Dio di Khomeini, per la suprema pretestuosità in cui è svilito persino il fanatismo religioso. Sotto la direzione della Guida Suprema, i fanatici ispirati di Torquemada han lasciato il posto ai lazzari del cardinal Ruffo, sempre a caccia di liberali, oggi a Teheran come ieri a Napoli. Quella che si annuncia per l’Iran è una rivoluzione, permanente e dall’alto, per realizzare la quale l’isolamento internazionale (mai davvero effettivo grazie alla condiscendenza e all’opportunismo di Mosca e Pechino) è semplicemente funzionale. Tant’è che l’assedio della Repubblica islamica da parte dei «nemici esterni», capeggiati dai «sionisti» e dal «Grande Satana» americano, evocato con sempre maggior veemenza, preannuncia una nuova stagione di terrore, esattamente analogo a quello che fu scatenato durante la guerra con l’Iraq oltre 20 anni fa.

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