Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Iran: arriva il penultimatum degli Usa Analisi di Carlo Panella, cronaca di Francesco Battistini
Testata:Corriere della Sera - Il Foglio Autore: Francesco Battistini - Carlo Panella Titolo: «Iran, impiccati due oppositori Hillary: 'Sanzioni imminenti' - In Iran il regime ha l’accusa perfetta per impiccare gli oppositori»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/01/2010, a pag. 19, la cronaca di Francesco Battistini dal titolo " Iran, impiccati due oppositori Hillary: 'Sanzioni imminenti' ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'analisi di Carlo Panella dal titolo " In Iran il regime ha l’accusa perfetta per impiccare gli oppositori ". Ecco i due articoli:
CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Iran, impiccati due oppositori Hillary: 'Sanzioni imminenti' "
GERUSALEMME— Il cappio si stringe. Quello vero: l'Iran manda al patibolo due oppositori, punizione per i disordini post-elettorali di giugno. Quello internazionale: Hillary Clinton avverte che nuove sanzioni Onu sono ormai inevitabili. Un film già visto. Anche se il torchio del regime e i toni dell’amministrazione Usa appaiono più duri. La condanna della Casa Bianca è in poche parole: «S’è toccato il fondo». Il richiamo alla comunità mondiale è impellente: «L'atteggiamento iraniano non ci lascia altra scelta». Il Senato ha approvato nella notte un disegno di legge che spiana la strada a sanzioni contro le compagnie che forniscono carburante all’Iran o lo aiutano a raffinare il petrolio.
Anche Franco Frattini si prepara, sapendo che il danno per l'Italia sarà notevole: «In caso di sanzioni— dice il ministro degli Esteri — dovremo fare un discorso chiaro e fermo alla nostra imprenditoria, prospettando conseguenze che non sarebbero economicamente piacevoli».
E' il peggio che avanza. L'impiccagione del diciannovenne monarchico Arash Rahmanipour e di Mohammad Reza Ali-Zamani, forse uomo dei Mujaheddin, è stata annunciata ieri dalla tv di Teheran. Che li ha definiti «elementi antirivoluzionari responsabili degli scontri», li ha mischiati a un gruppo di altri 11 «mohareb» (nemici di Dio) da appendere alla forca, li ha dichiarati responsabili dei 14 morti nell'attentato alla moschea di Shiraz. Secondo l'avvocato, invece, i due erano in prigione a giugno, prima delle proteste contro i brogli del governo: «Un’esecuzione così rapida si spiega in un solo modo. Vogliono intimidire e reprimere l'opposizione». La reazione di una nomenklatura in affanno, dice il riformista Mehdi Karroubi, d'un Ahmadinejad che «dubito riesca ad arrivare a fine mandato».
Il presidente non è così isolato. Può contare su una Russia che gli vende sistemi antiaerei come l'S-300 — secondo gli israeliani, «perfetto per difendere il nucleare in caso di raid» —, su Cina, India, Brasile e Venezuela, sul Golfo, sulla Turchia... Però sente stringersi la morsa internazionale e se la prende con gl’ «imperialisti che cercano di prendere il controllo delle risorse energetiche». A Londra, la Clinton è riuscita a convincere gli europei sulle sanzioni. Arriveranno a febbraio, tutti hanno promesso lealtà. Pure l'Italia, che proprio ieri un documento del ministero degli Esteri israeliano indicava come secondo Paese europeo (dopo la Germania) negli affari con Teheran: 3 miliardi d'euro l'anno, più di quanto trattino Francia, Spagna, Olanda, Belgio. Promette Mark Regev, portavoce del premier israeliano Bibi Netanyahu, che il dossier Iran sarà messo sotto gli occhi di Silvio Berlusconi, lunedì, quando il Cavaliere verrà in visita a Gerusalemme. «Siamo pronti a fare la nostra parte — risponde una fonte diplomatica italiana — ma non vorremmo solo perderci soldi: ci piacerebbe che chi decide su Teheran d'ora in poi coinvolgesse di più anche noi».
Il FOGLIO - Carlo Panella : " In Iran il regime ha l’accusa perfetta per impiccare gli oppositori "
Ali Zamani e Arash Rahmanpur sono stati impiccati a Teheran con l’accusa di essere “mohareb”, “nemici di Dio”; sono le prime vittime della stretta annunciata dalla Guida Suprema Ali Khamenei e dal presidente Mahmoud Ahmadinejad subito dopo le manifestazioni della festività dell’Ashura. L’accusa di essere “nemici di Dio” non è soltanto orrenda in sé, intollerabile come motivazione di pena e ancor più di morte, ma è anche uno strumento repressivo micidiale: per essere elevata non necessita infatti di nessuna prova e di nessun riscontro materiale. E’ un puro reato di opinione, ma in Iran porta alla forca. Infatti, Zamani e Rahmanpur – pare siano membri della Assemblea del Regno, una organizzazione filo monarchica – secondo quanto affermato da Nasrin Sotudeh, legale di Rahmanpur, non hanno neanche partecipato alle manifestazioni che si sono susseguite da giugno in poi perché erano già in prigione da mesi, ma la colpa che li ha portati al patibolo era di opporsi al regime, e quindi alla volontà di Allah, considerati un unicum inscindibile. L’avvocatessa ha anche aggiunto che Rahmanpur “è stato costretto a confessarsi colpevole per salvare la propria famiglia dalle gravi ritorsioni che erano state minacciate dagli inquirenti”. Tutti gli altri nove condannati a morte sono membri dell’Assemblea del Regno o del gruppo Mujaheddin del popolo e sono in attesa dell’esito dell’appello presso la Corte Suprema. Da ieri dunque sugli oppositori pesa una minaccia mortale: non più solo la brutalità dei pasdaran e dei bassiji, non più solo gli arresti di massa, ma anche la forca per la condanna più infamante nel contesto iraniano. Il regime torna, dopo 30 anni, al clima del Terrore che aveva caratterizzato i suoi primi anni quando questa stessa accusa veniva elevata contro buona parte della direzione rivoluzionaria che Khomeini aveva elevato al governo nel 1979 e che tra il 1981 e il 1982 fu da lui stesso deposta e spesso mandata a morte (il tutto, va detto, con la piena collaborazione di Mir Hossein Moussavi che Khomeini aveva nominato primo ministro). A fronte di questa feroce escalation, il leader dei riformisti, l’ayatollah Khatami ha deciso una mossa clamorosa, che ha spaccato il fronte dell’opposizione: ha inviato una lettera pubblica all’ayatollah Khamenei in cui afferma che “il fronte riformista è disposto a riconoscere la legittimità dell’attuale governo a patto che questi metta fine alle azioni radicali”. Naturalmente, questo riconoscimento politico toglierebbe ogni ragione alle manifestazioni che sono nate proprio contro la nomina di Ahmadinejad. E’ una proposta di tregua tutta sulla difensiva, destinata a disarmare in parte il movimento, che è stata condivisa anche dal leader riformista Mehdi Karroubi, che ha accusato Khatami di “tradimento” ma che poi, sia pure “con problemi” ha “riconosciuto Ahmadinejad come presidente”. Zahra Rahnavard, moglie di Moussavi, si è invece nettamente dissociata da questa resa sostanziale: “Nessun compromesso dietro le quinte, Moussavi e io non riconosceremo il governo di Ahmadinejad formato sulla base dei brogli”.
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