La politica iraniana in due servizi, oggi 24/11/2009. Sul FOGLIO a pag.1 , la cecità occidentale di fronte all'espansionismo dell'Iran. Sul CORRIERE della SERA, Guido Olimpio analizza lo stretto rapporto fra Lula e Ahmadinejad.
Il Foglio- " L'Iran punta sulla strategia sud"
Distratto dal nucleare, l'occidente non vede l'espnsionismo di Teheran

Roma. L’occidente è distratto dal piano di proliferazione nucleare dell’Iran e non presta attenzione alla sua “strategia sud”. Senza fare troppo rumore, Teheran sta proiettando la sua egemonia di superpotenza regionale al di là dello Stretto di Hormuz, tutt’attorno alla costa orientale della penisola arabica – e quindi attorno al nemico, l’Arabia Saudita – e poi ancora verso meridione giù fino all’Africa. Il fronte più violento è lo Yemen: secondo i media locali, l’Iran invia navi cariche di armi all’Eritrea, alleato africano. Laggiù, soprattutto nella città costiera di Assab, gli agenti locali sono incaricati di trasbordare i carichi su barche più piccole per attraversare il Mar Rosso in direzione nord e consegnarli nel porto di Medi ai ribelli houthi – sciiti, come il regime di Teheran – che combattono contro il governo centrale sunnita e soprattutto compiono sanguinose incursioni oltreconfine contro l’Arabia Saudita. Non sempre i traghettamenti pericolosi vanno a buon fine: da maggio sono già tre i pescherecci che saltano in aria nel tratto di mare tra i due paesi. Lo Yemen è così furioso, dopo avere intercettato l’ennesimo carico di armi per i ribelli, che una settimana fa ha convocato l’ambasciatore eritreo per chiedere conto della triangolazione. Il regno saudita, che si sente minacciato, con le proprie unità da guerra ha creato una cortina navale all’imboccatura sud del Mar Rosso per fermare l’infiltrazione. Un’altra rotta iraniana delle armi risale la costa fino al Sudan, e da lì punta verso Gaza. La strategia sud dell’Iran investe anche stati che per tradizione sono amichevoli con l’occidente. Gli Emirati arabi uniti ospitano una base militare francese da 500 uomini, ma da qualche giorno ai suoi confini con l’Arabia Saudita si allunga una fila infinita di camion con rimorchio. Ai sauditi non piace che gli Emirati, soprattutto Abu Dhabi, dove si sente parlare farsi siano diventati la zona di libero commercio dell’Iran, e trovano pretesti per ostacolarne e rallentarne i traffici, come avvertimento: da che parte state? Il piccolo – e ricchissimo – arcipelago del Bahrein si deve ancora riavere dallo spavento dopo essere stato dichiarato “provincia dell’Iran”. L’Oman è – è stato? – un alleato forte di Washington, proprio da una sua base partì l’unica incursione americana contro l’Iran, il raid delle forze speciali fallito nel 1980. E’ in una posizione strategica, dirimpettaio degli iraniani sull’altra sponda dello Stretto di Hormuz, la giugulare petrolifera del mondo, 17 milioni di barili di greggio in transito ogni giorno. Ma nei giorni scorsi il ministro degli Esteri dell’Oman, Youssef bin Alawi Abdullah, ha annunciato rapporti di più stretta collaborazione con l’Iran, che non saranno “condizionati dall’influenza straniera”. Il patto consente a Teheran di consolidare la propria stretta su Hormuz.
Corriere della Sera- Guido Olimpio: " Iran, Lula chiede il dialogo, è inutile isolare Teheran "
WASHINGTON — Un abbraccio tra due politici che si considerano vicini ai deboli della Terra. Da un lato il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula, con un passato da sindacalista. Dall’altro il numero uno iraniano Mahmoud Ahmadinejad, sensibile ai richiami della gente semplice. Un abbraccio che ha aperto l’importante visita in Brasile del capo dello Stato khomeinista, accompagnato da un seguito di 300 persone. Una missione per rompere l’isolamento diplomatico che lo porterà anche in Venezuela dall’amico Chávez e in Bolivia da Evo Morales, due leader che non nascondono le simpatie per Teheran.
E insieme ai gesti, Ahmadinejad ha incassato anche l’appoggio politico. Lula ha affermato che è inutile e controproducente isolare Teheran, molto meglio sedersi un tavolo e parlare. Perché il dialogo con l’Iran è fondamentale, nella sua visione, per garantire «la stabilità in Medio Oriente». Quanto al contrasto sul nucleare, il presidente brasiliano ha invitato l’ospite a trovare una «soluzione equa» riconoscendo comunque ai mullah il diritto a sviluppare un programma atomico con scopi pacifici. E il capo di Stato iraniano ha replicato: «Speriamo ancora di poter firmare un accordo con l’Aiea sull’arricchimento dell’uranio all’estero». Alla vigilia del colloquio con Lula, Ahmadinejad ha auspicato la sigla di accordi di collaborazione per la «costruzione di impianti nucleari ». Nulla di sorprendente. L’Iran ha già concluso intese di cooperazione nel delicato settore con il Venezuela. E in passato sono emersi traffici poco chiari in un triangolo che comprende Caracas, Damasco e Teheran. Gli iraniani — secondo gli americani — sono interessati alle riserve d’uranio sudamericane (il Brasile è al settimo posto) e cercano sponde giocando la sempre efficace carta del terzomondismo.
L’iniziativa di Ahmadinejad si sviluppa lungo tre direttrici. Economica: secondo investitore in Venezuela, presente con dozzine di società in tutto il continente, l’Iran vuole mettere radici commerciali. Ahmadinejad punta a portare gli scambi con il Brasile da uno a 15 miliardi di dollari. Politica: Teheran cerca di rinsaldare gli ottimi rapporti con brasiliani, venezuelani e boliviani. Un asse che può estendersi ad altri paesi, come l’Ecuador e il Nicaragua dove i mullah lavorano sodo. Strategica: gli iraniani hanno costruito un apparato clandestino fatto di agenti segreti e commercianti, protetti dalle comunità musulmane della regione, che ha punti di forza in alcune città di confine. Un esempio su tutti: la paraguayana Ciudad del Este e la «gemella » Foz in Brasile. Sono avamposti dove si fanno soldi (puliti e «neri») ma che possono svolgere un ruolo per sostenere l’infiltrazione.
Il viaggio di Ahmadinejad è seguito con grande attenzione a Washington e Gerusalemme ( Shimon Peres era nella regione pochi giorni fa), preoccupate che il tappeto rosso offerto all’iraniano si trasformi in legittimazione internazionale. Un risultato non da poco per un presidente duramente contestato tra le mura di casa.
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