giovedi` 11 settembre 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



Clicca qui






Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
16.10.2009 Sanzioni all'Iran: il Congresso le ha approvate quasi all'unanimità. Che aspetta Obama?
Circolano voci sulla morte di Khamenei. Sarà vero?

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Viviana Mazza - La redazione del Foglio
Titolo: «Voci su Khamenei: in coma o morto - Obama non vuole irritare l’Iran, tocca al Congresso fare il falco»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/10/2009, a pag. 19,l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " Voci su Khamenei: 'In coma o morto' ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo "  Obama non vuole irritare l’Iran, tocca al Congresso fare il falco". Ecco i due articoli:

CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : "Voci su Khamenei: in coma o morto"

 Khamenei

Sono solo voci, senza confer­me e senza smentite credibili. Il 70enne ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran dal 1989 e massima autorità politi­ca e religiosa, sarebbe in coma o morto. La notizia, diffusa marte­dì sera sul web, è rimbalzata sui blog dell’opposizione iraniana, su Facebook e su Twitter . Ieri se­ra, non era giunta alcuna dichia­razione ufficiale da Teheran. Smentite sulla morte della gui­da suprema sono arrivate dalle ambasciate iraniane in Ar­menia («pura diffama­zione, che non ha nul­la a che fare con la real­tà ») e in Georgia. Il sito conservatore Tabnak, legato all’ex candidato al­le presidenziali Mohsen Rezai, rivale di Ahmadi­nejad, l’ha definita una «vergognosa bugia». Ma le smentite in Iran rendo­no più credibili le voci agli occhi di molti iraniani.
L’annuncio è stato lancia­to martedì sera dal giornali­sta neocon americano Micha­el Ledeen, esperto di terrori­smo, ex consulente del diparti­mento di Stato americano. «Ie­ri pomeriggio alle 2.15 ora loca­le, Khamenei ha avuto un col­lasso ed è stato portato nella sua clinica. A nessuno, eccetto che a suo figlio e ai medici, è stato da allora consentito di avvicinarsi a lui», ha scritto Ledeen attribu­endo la notizia a una fonte ano­nima ma «eccellente». Lo stesso messaggio è stato diffuso in far­si
su Facebook , slegato da Lede­en. Martedì anche un sito del­l’opposizione all’estero, Peiknet, ha riferito che le condizioni di salute di Khamenei sarebbero gravi.
C’è chi considera Ledeen po­co credibile. Secondo la rivista americana
Vanity Fair , ebbe un ruolo nella diffusione di false af­fermazioni sui tentativi di Sad­dam Hussein di acquistare ura­nio in Niger: notizia che fu pre­sentata tra le ragioni per invade­re l’Iraq. Nel gennaio 2007, Lede­en aveva già diffuso la voce del­la scomparsa di Khamenei.
Intervistato ieri dall’agenzia
Agi , il giornalista ha negato di aver detto stavolta che Khame­nei fosse morto, ma ha ribadito che avrebbe avuto un collasso. Sarebbe stato il telefono senza fili di Twitter a sfornare la noti­zia della morte. Le restrizioni sui media stranieri in Iran ren­dono le informazioni impossibi­li da verificare. Giornalisti noti come George Stephanopoulos della tv Usa Abc e l’esperto di Iran di Haaretz Yossi Melman hanno ripreso l’annuncio, con cautela.
Non è la prima volta che Kha­menei viene dichiarato in fin di vita. Cancro alla prostata. No, ai
polmoni. Cancro linfatico. Due anni di vita al massimo. Tutte voci non confermate. Di certo c’è un attentato 28 anni fa in cui perse l’uso di un braccio. Di re­cente i siti all’opposizione han­no rilanciato le voci e messo in rilievo il ruolo di Mojtaba Kha­menei, suo figlio, nel definire l’agenda politica. Da Parigi, Noo­shabeh Amiri, giornalista di Ro­oz Online in contatto con Tehe­ran, dice che a raf­forzare i sospetti c’è il fatto che la vacanza dell’altro ieri per la morte del sesto imam sciita è stata pro­lungata fino a ieri e il quotidiano Kayhan , « voce » della guida supre­ma, ha annuncia­to lunedì sera la sospensione del­le pubblicazioni fino a sabato. Ma Amiri sottolinea che ci sono tutte le condizioni per la diffusione di notizie false: «Nell’opposizio­ne molti odiano Khamenei. Ma anche Ahmadi­nejad e i Guardiani della rivolu­zione non hanno più bisogno di lui. Se morisse le autorità avreb­bero una ragione per dire che il Paese è instabile e ristabilire un ferreo controllo».

Il FOGLIO - " Obama non vuole irritare l’Iran, tocca al Congresso fare il falco "

Milano. Barack Obama sta ultimando l’ampia revisione della strategia politica e militare americana in Afghanistan, proprio nei giorni in cui il Washington Post ha scoperto che la Casa Bianca, senza dire niente a nessuno, ha inviato tredicimila soldati a Kabul, oltre ai ventunmila con cui aveva già raddoppiato, rispetto all’era Bush, il contingente statunitense. Ora, tra Iraq e Afghanistan, ci sono più soldati americani di quanti ce ne fossero nel momento di massimo sforzo bellico di Bush, un bel problema per chi ha vinto le elezioni promettendo di ritirarsi dall’Iraq e ha appena vinto il Nobel per la Pace. Ma l’Afghanistan non è l’unico problema, c’è soprattutto l’Iran a turbare le giornate del presidente. La complessa e delicata politica obamiana sull’Iran tarda a produrre risultati concreti e, al contrario dell’Afghanistan, costringe il presidente a dover affrontare un Partito democratico decisamente più falco della Casa Bianca. Il Congresso guidato dai democratici ha votato quasi all’unanimità, con 414 voti favorevoli e solo 6 contrari, l’Iran Sanctions Enabling Act che autorizza le amministrazioni locali e statali a disinvestire dalle società con interessi nel settore energetico iraniano o che fanno affari con l’industria nucleare di Teheran. La legge consente di disinvestire anche da società che producono materiali usati per costruire o riparare le strutture energetiche iraniane e dalle istituzioni finanziarie che concedono crediti superiori ai venti milioni di dollari a chiunque investa nel settore energetico di Teheran. Al Senato un testo molto simile è stato presentato in modo altrettanto bipartisan dal senatore democratico Robert Casey e dal repubblicano Sam Brownback. Quando Obama era senatore aveva presentato una proposta di legge simile, per questo Casey e Brownback gli hanno chiesto di sostenerla. Il problema è che da quando è presidente, avendo responsabilità diverse e puntando su una politica di apertura diplomatica al regime iraniano, Obama preferisce non compiere passi che potrebbero innervosire gli ayatollah. Al punto che, nel pieno della rivolta popolare della piazza di Teheran per i brogli elettorali alle elezioni presidenziali, il presidente americano è stato il leader occidentale più lento e cauto a schierarsi con i militanti democratici. L’Amministrazione Obama s’è messa nei guai anche con la Russia, a cui ha concesso lo smantellamento dei missili anti iraniani che Bush avrebbe voluto sistemare in Europa orientale, ma in cambio non ha ottenuto il via libera di Mosca, né tantomeno quello della Cina, alle sanzioni internazionali contro l’Iran. Il regime degli ayatollah, intanto, non fa nessun passo indietro e sembra aver trovato il modo, grazie ai recenti colloqui internazionali di Ginevra, di guadagnare ulteriormente tempo. Un altro colpo alla politica iraniana di Obama è arrivato ieri mattina, da un’intervista della Nobel per la Pace Shirin Ebadi. L’avvocato iraniano, vincitore sei anni fa del premio, non è un’estremista, non è sospettabile di simpatie bushiane o blairiane, ma è nota per la cautela e la misura dei suoi interventi politici. Al Post, però, ha detto che Obama sta compiendo passi indietro riguardo all’Iran. La Ebadi non è contraria al tentativo americano di trovare un accordo con Teheran, ma ha sottolineato che “Obama ha offerto la mano dell’amicizia a un uomo che ha le mani insanguinate”. Concentrarsi sulle ambizioni nucleari iraniane invece che sulla repressione della libertà e della democrazia, secondo la Ebadi, è un errore tattico e morale: “Se l’occidente punta esclusivamente sulla questione nucleare, Ahmadinejad può dire al popolo che l’occidente è contrario all’interesse nazionale iraniano e quindi può riuscire A coinvolgerlo alla sua causa. Ma se l’occidente facesse pressione anche sulla violazione dei diritti umani, costringerebbe Ahmadinejad a contare su una base popolare giorno dopo giorno sempre più debole”. Ebadi ha detto che per la sicurezza nazionale americana cambiare la natura del regime iraniano è più importante di qualsiasi accordo sul nucleare: “Un governo democratico difficilmente costruirebbe una Bomba, e se lo facesse non costituirebbe un pericolo perché finirebbe nelle mani di un governo che non considera l’America e Israele come nemici”.

Per inviare la propria opinione a Foglio e Corriere della Sera, cliccare sulle e-mail sottostanti


lettere@corriere.it
lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT