Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Sanzioni all'Iran: il Congresso le ha approvate quasi all'unanimità. Che aspetta Obama? Circolano voci sulla morte di Khamenei. Sarà vero?
Testata:Corriere della Sera - Il Foglio Autore: Viviana Mazza - La redazione del Foglio Titolo: «Voci su Khamenei: in coma o morto - Obama non vuole irritare l’Iran, tocca al Congresso fare il falco»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/10/2009, a pag. 19,l'articolo di Viviana Mazza dal titolo " Voci su Khamenei: 'In coma o morto' ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Obama non vuole irritare l’Iran, tocca al Congresso fare il falco". Ecco i due articoli:
CORRIERE della SERA - Viviana Mazza : "Voci su Khamenei: in coma o morto"
Khamenei
Sono solo voci, senza conferme e senza smentite credibili. Il 70enne ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran dal 1989 e massima autorità politica e religiosa, sarebbe in coma o morto. La notizia, diffusa martedì sera sul web, è rimbalzata sui blog dell’opposizione iraniana, suFacebook e suTwitter . Ieri sera, non era giunta alcuna dichiarazione ufficiale da Teheran. Smentite sulla morte della guida suprema sono arrivate dalle ambasciate iraniane in Armenia («pura diffamazione, che non ha nulla a che fare con la realtà ») e in Georgia. Il sito conservatoreTabnak, legato all’ex candidato alle presidenziali Mohsen Rezai, rivale di Ahmadinejad, l’ha definita una «vergognosa bugia». Ma le smentite in Iran rendono più credibili le voci agli occhi di molti iraniani. L’annuncio è stato lanciato martedì sera dal giornalista neocon americano Michael Ledeen, esperto di terrorismo, ex consulente del dipartimento di Stato americano. «Ieri pomeriggio alle 2.15 ora locale, Khamenei ha avuto un collasso ed è stato portato nella sua clinica. A nessuno, eccetto che a suo figlio e ai medici, è stato da allora consentito di avvicinarsi a lui», ha scritto Ledeen attribuendo la notizia a una fonte anonima ma «eccellente». Lo stesso messaggio è stato diffuso in farsi suFacebook , slegato da Ledeen. Martedì anche un sito dell’opposizione all’estero,Peiknet, ha riferito che le condizioni di salute di Khamenei sarebbero gravi. C’è chi considera Ledeen poco credibile. Secondo la rivista americanaVanity Fair , ebbe un ruolo nella diffusione di false affermazioni sui tentativi di Saddam Hussein di acquistare uranio in Niger: notizia che fu presentata tra le ragioni per invadere l’Iraq. Nel gennaio 2007, Ledeen aveva già diffuso la voce della scomparsa di Khamenei. Intervistato ieri dall’agenziaAgi , il giornalista ha negato di aver detto stavolta che Khamenei fosse morto, ma ha ribadito che avrebbe avuto un collasso. Sarebbe stato il telefono senza fili diTwitter a sfornare la notizia della morte. Le restrizioni sui media stranieri in Iran rendono le informazioni impossibili da verificare. Giornalisti noti come George Stephanopoulos della tv UsaAbc e l’esperto di Iran diHaaretz Yossi Melman hanno ripreso l’annuncio, con cautela. Non è la prima volta che Khamenei viene dichiarato in fin di vita. Cancro alla prostata. No, ai polmoni. Cancro linfatico. Due anni di vita al massimo. Tutte voci non confermate. Di certo c’è un attentato 28 anni fa in cui perse l’uso di un braccio. Di recente i siti all’opposizione hanno rilanciato le voci e messo in rilievo il ruolo di Mojtaba Khamenei, suo figlio, nel definire l’agenda politica. Da Parigi, Nooshabeh Amiri, giornalista diRooz Online in contatto con Teheran, dice che a rafforzare i sospetti c’è il fatto che la vacanza dell’altro ieri per la morte del sesto imam sciita è stata prolungata fino a ieri e il quotidianoKayhan , « voce » della guida suprema, ha annunciato lunedì sera la sospensione delle pubblicazioni fino a sabato. Ma Amiri sottolinea che ci sono tutte le condizioni per la diffusione di notizie false: «Nell’opposizione molti odiano Khamenei. Ma anche Ahmadinejad e i Guardiani della rivoluzione non hanno più bisogno di lui. Se morisse le autorità avrebbero una ragione per dire che il Paese è instabile e ristabilire un ferreo controllo».
Il FOGLIO - " Obama non vuole irritare l’Iran, tocca al Congresso fare il falco "
Milano. Barack Obama sta ultimando l’ampia revisione della strategia politica e militare americana in Afghanistan, proprio nei giorni in cui il Washington Post ha scoperto che la Casa Bianca, senza dire niente a nessuno, ha inviato tredicimila soldati a Kabul, oltre ai ventunmila con cui aveva già raddoppiato, rispetto all’era Bush, il contingente statunitense. Ora, tra Iraq e Afghanistan, ci sono più soldati americani di quanti ce ne fossero nel momento di massimo sforzo bellico di Bush, un bel problema per chi ha vinto le elezioni promettendo di ritirarsi dall’Iraq e ha appena vinto il Nobel per la Pace. Ma l’Afghanistan non è l’unico problema, c’è soprattutto l’Iran a turbare le giornate del presidente. La complessa e delicata politica obamiana sull’Iran tarda a produrre risultati concreti e, al contrario dell’Afghanistan, costringe il presidente a dover affrontare un Partito democratico decisamente più falco della Casa Bianca. Il Congresso guidato dai democratici ha votato quasi all’unanimità, con 414 voti favorevoli e solo 6 contrari, l’Iran Sanctions Enabling Act che autorizza le amministrazioni locali e statali a disinvestire dalle società con interessi nel settore energetico iraniano o che fanno affari con l’industria nucleare di Teheran. La legge consente di disinvestire anche da società che producono materiali usati per costruire o riparare le strutture energetiche iraniane e dalle istituzioni finanziarie che concedono crediti superiori ai venti milioni di dollari a chiunque investa nel settore energetico di Teheran. Al Senato un testo molto simile è stato presentato in modo altrettanto bipartisan dal senatore democratico Robert Casey e dal repubblicano Sam Brownback. Quando Obama era senatore aveva presentato una proposta di legge simile, per questo Casey e Brownback gli hanno chiesto di sostenerla. Il problema è che da quando è presidente, avendo responsabilità diverse e puntando su una politica di apertura diplomatica al regime iraniano, Obama preferisce non compiere passi che potrebbero innervosire gli ayatollah. Al punto che, nel pieno della rivolta popolare della piazza di Teheran per i brogli elettorali alle elezioni presidenziali, il presidente americano è stato il leader occidentale più lento e cauto a schierarsi con i militanti democratici. L’Amministrazione Obama s’è messa nei guai anche con la Russia, a cui ha concesso lo smantellamento dei missili anti iraniani che Bush avrebbe voluto sistemare in Europa orientale, ma in cambio non ha ottenuto il via libera di Mosca, né tantomeno quello della Cina, alle sanzioni internazionali contro l’Iran. Il regime degli ayatollah, intanto, non fa nessun passo indietro e sembra aver trovato il modo, grazie ai recenti colloqui internazionali di Ginevra, di guadagnare ulteriormente tempo. Un altro colpo alla politica iraniana di Obama è arrivato ieri mattina, da un’intervista della Nobel per la Pace Shirin Ebadi. L’avvocato iraniano, vincitore sei anni fa del premio, non è un’estremista, non è sospettabile di simpatie bushiane o blairiane, ma è nota per la cautela e la misura dei suoi interventi politici. Al Post, però, ha detto che Obama sta compiendo passi indietro riguardo all’Iran. La Ebadi non è contraria al tentativo americano di trovare un accordo con Teheran, ma ha sottolineato che “Obama ha offerto la mano dell’amicizia a un uomo che ha le mani insanguinate”. Concentrarsi sulle ambizioni nucleari iraniane invece che sulla repressione della libertà e della democrazia, secondo la Ebadi, è un errore tattico e morale: “Se l’occidente punta esclusivamente sulla questione nucleare, Ahmadinejad può dire al popolo che l’occidente è contrario all’interesse nazionale iraniano e quindi può riuscire A coinvolgerlo alla sua causa. Ma se l’occidente facesse pressione anche sulla violazione dei diritti umani, costringerebbe Ahmadinejad a contare su una base popolare giorno dopo giorno sempre più debole”. Ebadi ha detto che per la sicurezza nazionale americana cambiare la natura del regime iraniano è più importante di qualsiasi accordo sul nucleare: “Un governo democratico difficilmente costruirebbe una Bomba, e se lo facesse non costituirebbe un pericolo perché finirebbe nelle mani di un governo che non considera l’America e Israele come nemici”.
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