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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
12.10.2009 Hillary Clinton annuncia una linea dura con l'Iran. Manterrà la promessa?
Cronache di Emanuele Novazio, Bijan Zarmandili. Intervista a Ignazio La Russa di Maurizio Molinari

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Emanuele Novazio - Maurizio Molinari - Bijan Zarmandili
Titolo: «Mosca frena sullo scudo Usa in Ucraina - Per le difese anti - Teheran l'Italia farà la sua parte - Per un delitto compiuto a 17 anni un ragazzo impiccato a Teheran»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 12/10/2009, a pag. 6, l'articolo di Emanuele Novazio dal titolo " Mosca frena sullo scudo Usa in Ucraina ", a pag. 7, l'intervista di Maurizio Molinari a Ignazio La Russa dal titolo " Per le difese anti - Teheran l'Italia farà la sua parte  ". Dalla REPUBBLICA, a pag. 15, l'articolo di Bijan Zarmandili dal titolo " Per un delitto compiuto a 17 anni un ragazzo impiccato a Teheran ". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Emanuele Novazio : " Mosca frena sullo scudo Usa in Ucraina "

 Hillary Clinton

La possibilità che gli Stati Uniti installino un radar in Ucraina, nell’ambito del nuovo progetto di difesa antimissile in funzione anti iraniana, non piace a Mosca, che dopo le iniziali aperture torna a irrigidirsi sull’iniziativa dell’amministrazione Obama. L’ipotesi è «stravagante e decisamente inaspettata», commenta il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, che in attesa di «un sollecito chiarimento» non nasconde le perplessità: «I piani per lo scudo suscitano più domande che risposte». Non apprezza neanche Kiev, dove è in corso una pre campagna elettorale alla quale il presidente filo occidentale Viktor Yushenko affida il suo sempre più incerto destino politico: «La Costituzione non consente la presenza di basi militari sul territorio ucraino», afferma il neo ministro degli Esteri Petro Poroshenko (molto vicino al presidente, padrino di due suoi figli, e uno degli uomini più ricchi del Paese, dove è considerato «il re del cioccolato»).
Dietro la diffidenza del Cremlino ci sono le stesse motivazioni della dura opposizione russa al dispiegamento di sistemi radar e antimissile in Polonia e Repubblica ceca, secondo il progetto iniziale di «scudo» messo a punto dall’amministrazione Bush e scartato da Obama. L’Ucraina, inoltre, chiede da tempo e con insistenza l’adesione alla Nato, insieme alla Georgia appena dichiarata dall’Unione europea «corresponsabile» della guerra con la Russia dell’agosto 2008: un progetto per la verità poco realistico, almeno nel breve periodo, che Mosca considera però una inammissibile intrusione occidentale nel «giardino esterno», come dire lo spazio ex sovietico.
L’irritazione ucraina alla presenza di radar antimissile si colloca invece sullo sfondo di una battaglia politica interna che vede Yushenko sempre più isolato e in difficoltà, di fronte ai possibili avversari alle presidenziali dell’anno prossimo dati per favoriti dai sondaggi: lo storico rivale Viktor Yanukovich, da sempre molto vicino alle posizioni del Cremlino. E Julia Timoshenko, alleata ai tempi della Rivoluzione arancione e oggi primo ministro, ma sempre più lontana dalle posizioni di Yushenko, al quale oppone un marcato e non disinteressato «realismo» nelle turbolente relazioni con la Russia.
I giochi naturalmente sono aperti. Perché il nodo intorno al quale lo scudo americano sta prendendo forma è il dossier nucleare iraniano, su cui è un atto una complessa e incerta partita alla quale Mosca può dare un contributo decisivo. La stessa amministrazione Usa continua a seguire la politica del doppio binario nei confronti di Teheran, nella speranza di costruire un fronte unitario che spinga la Repubblica islamica a rinunciare all’opzione nuclear-militare: fermezza da una parte, disponibilità al dialogo dall’altra. Ieri il segretario di Stato Hillary Clinton ha rilanciato la linea dura: «Non aspetteremo all’infinito la prova che l’Iran rispetta i suoi obblighi internazionali», ha detto dopo un colloquio a Londra con il ministro degli Esteri Miliband.
L’incontro della scorsa settimana a Ginevra fra i rappresentanti iraniano e quelli del «5+1» (i membri del Consiglio di sicurezza più la Germania) è stato «costruttivo» ma «le parole non bastano», ha ammonito Clinton, molto severa sulla condanna a morte di tre partecipanti alle manifestazioni contro Ahmadinejad (anche il ministro Frattini ha chiesto di «fermare le esecuzioni», perché «non ci può essere negoziato globale se oltre al nucleare non si parla di diritti dell’uomo»).
Ma proprio a Ginevra, secondo quando scrive il Washington Post, gli Stati Uniti hanno presentato un piano che prevede la fornitura all’Iran di uranio a medio arricchimento per mantenere in attività un reattore che produce isotopi medici, e consente di curare fino a 10 mila pazienti la settimana. Teheran dovrebbe consegnare a Paesi terzi parte del suo uranio arricchito sotto il 5 per cento perché venga arricchito fino al 20 per cento. Sarà il primo banco di prova delle reali intenzioni iraniane, sostiene l’amministrazione americana: «Se non accetteranno potremo dire ancora una volta “Non possiamo fidarci di loro”», ha spiegato una fonte ufficiale al quotidiano. Senza contare che «se nessun Paese gli offrisse uranio a medio arricchimento, l’Iran potrebbe affermare di non avere scelta e di essere obbligato a produrlo da sola», avvicinandosi sempre più alla produzione di combustibile utilizzabile per un’atomica. Se ne discuterà a Ginevra il 19 ottobre, ma l’Iran rilancia: «Senza un accordo convincente, arricchiremo l’uranio da soli».

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Per le difese anti - Teheran l'Italia farà la sua parte "

 Ignazio La Russa

L’Italia è pronta a dare massima cooperazione alla realizzazione da parte della Nato della nuova versione dello scudo antimissile americano: ad assicurarlo è il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, all’inizio della visita in America che lo porterà martedì ad incontrare il collega Robert Gates al Pentagono.
L’ambasciatore Usa alla Nato, Ivo Daalder, suggerisce che l’Italia possa avere un ruolo strategico nella realizzazione del progetto di scudo antimissile teso a difendere il territorio dell’Alleanza dalla minaccia di missili iraniani. Che ne pensa?
«Il nuovo programma di difesa antimissile non è americano ma dell’intera Nato, l’Italia dunque è coinvolta a pieno titolo in tutto ciò che riguarda i missili».
Che opinione ha l’Italia della versione dello scudo balistico definita dal presidente Obama?
«Ne siamo stati molto contenti perché va nella stessa direzione dello spirito di Pratica di Mare ovvero di migliori rapporti fra Russia e Stati Uniti. Se fossero state realizzate le installazioni previste dall’amministrazione Bush in Polonia e nella Repubblica Ceca, e non gradite alla Russia, non avremmo potuto assistere alla attuale, positiva, ripresa di relazioni fra Washington e Mosca».
Insomma, la nuova formulazione della difesa antimissile va incontro alle posizioni italiane...
«Siamo stati parte di quanto è avvenuto. La rimodulazione dello scudo antimissile premia le posizioni che noi da tempo sostenevamo».
Daalder ha fatto riferimento a scelte concrete che l’Italia potrebbe compiere per contribuire alla realizzazione dello scudo lungo il lato meridionale dell’Alleanza: mettere a disposizione i propri radar o la co-produzione del sistema antimissile Mead. È una prospettiva che ritiene possibile?
«Sono tutte ipotesi percorribili. Quanto detto dall’ambasciatore Ivo Daalder conferma che la partnership fra Italia e Stati Uniti è molto forte. Siamo considerati sempre più affidabili in ambito Nato e dunque siamo pronti a valutare qualunque ulteriore collaborazione. Lo scudo nasce da una forte collaborazione fra i Paesi Nato che vede l’Italia sin dall’inizio nel ruolo di protagonista. Il sistema Mead, che è co-prodotto da Italia, Germania e Stati Uniti, rientra in tale ambito».
Il Cremlino però ha lanciato a sorpresa un monito al presidente Barack Obama, chiedendogli di non includere le difese antiaeree dell’Ucraina nello scudo antimissile.Che cosa ne pensa?
«Ho partecipato alle riunioni Nato sul programma antimissile. Non si è mai parlato di un coinvolgimento dell’Ucraina né di altre nazioni, ad esempio la Georgia. Si può pensare ad includere il sistema antimissile dell’Ucraina solo dopo l’eventuale adesione di Kiev all’Alleanza ma questo è tutt’altro discorso. Anche perché in questo momento lo scenario di un’entrata di Ucraina e Georgia nella Nato è cristallizzata».
Martedì lei vedrà a Washington il capo del Pentagono, Robert Gates, quali sono i temi in cima all’agenda del colloquio?
«Parleremo sicuramente anche della difesa antimissile della Nato, soprattutto per esprimere la nostra soddisfazione per la svolta compiuta da Obama».
E sull’Afghanistan si attende nuove richieste americane?
«Questa volta siamo noi a dover chiedere qualcosa agli americani».
Che cosa gli chiederete?
«Vogliamo capire qual è la valutazione americana del rapporto redatto dal generale Stanley McChristal. Negli Stati Uniti nessuno mette in discussione la necessità di far rimanere le truppe ma è in atto nell’amministrazione Obama una discussione su qual è la strategia migliore da seguire e noi siamo interessati ad approfondire i temi sui quali stanno ragionando».

La REPUBBLICA - Bijan Zarmandili : " Per un delitto compiuto a 17 anni un ragazzo impiccato a Teheran "

«Nessuna pietà per uno che ha commesso un ghasas», termine religioso con cui viene definito un omicidio, ha sentenziato il Giudice Shamlu, respingendo le numerose richieste di clemenza a favore di Behnoud Shojai che erano arrivate dalla società civile iraniana, dalle autorità della Ue, dai dirigenti di Amnesty International e dai gruppi per la difesa dei diritti dell´uomo. Behnoud è stato impiccato all´alba di ieri nel cortile del carcere di Evin a Teheran: aveva appena compiuto 21 anni, ma quel ghasas di cui era accusato lo aveva commesso quando aveva 17 anni e nel corso di un tragico incidente.
La storia di Behnoud è simile a quella di altri 114 adolescenti che attendono il patibolo nei bracci della morte delle carceri iraniane. Uno di loro, Ahmad Nouruzi, sarà impiccato nella regione di Sistan per un omicidio a suo carico che risale a quando aveva 12 anni. E come tutti loro, anche Behnoud era un ragazzo povero, cresciuto senza la madre e con un padre tossicodipendente. Quel fatale pomeriggio di quattro anni fa passeggiava insieme al suo coetaneo Hassan a Park Evin. Scherzavano e ridevano come tutti gli adolescenti e prendevano in giro i passanti quando incontrarono un ragazzo più grande di loro, Omid. Non si sa per quale motivo scoppia un diverbio tra Hassan e Omid che finisce in rissa. Behnoud interviene in difesa di Hassan e viene colpito da pugni e calci, ma Omid tira fuori anche il coltello. Behnoud reagisce e trova per terra un pezzo di vetro con il quale colpisce al petto Omid che cade a terra insanguinato. Alla vista del sangue, i due amici scappano spaventati.
La storia di Behnoud diventa però un caso di cronaca nera assai seguito in Iran. In difesa del ragazzo si mobilitano attori, scrittori, professori universitari e attivisti per i diritti umani. Una loro delegazione incontra anche i genitori del ragazzo ucciso e, come prevede la legge islamica, vengono offerti 100 milioni di tuman (circa 70mila euro) per ottenere il perdono dei congiunti della vittima. L´interessamento degli esponenti della società civile irrita però il giudice Shamlu, che ordina l´interruzione delle trattative e in un comunicato fa sapere che la concitazione intorno alla sorte di Behnoud Shojai «nuoce all´atmosfera politica del Paese e alla famiglia della vittima». Per cinque volte Behnoud viene preparato per essere appeso al cappio, ma l´esecuzione viene rimandata, fino a ieri all´alba.
Oltre 200 persone attendevano dietro ai cancelli del carcere di Evin un miracolo che salvasse la vita del ragazzo. Attendeva un miracolo anche il difensore di Behnoud, l´avvocato Mohammad Mostafai, che denunciava intanto altre sette impiccagioni di minorenni previste nelle prossime settimane. L´impiccagione di Behnoud ha sollevato un coro di proteste in tutto il mondo e il ministro Franco Frattini, esprimendo il suo «profondo sconcerto» per la morte di Shojai, ha detto che il dialogo con Teheran sul nucleare non può prescindere dalla richiesta del rispetto dei diritti dell´uomo.

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