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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Giornale - Libero - Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
02.10.2009 Iran atomico: parole tante, risultati pochi
Cronache e analisi di Fiamma Nirenstein, Carlo Panella, Maurizio Molinari, Francesco Semprini, Guido Olimpio. Intervista a Alireza Jafarzadeh di Marta Allevato

Testata:Il Giornale - Libero - Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein - Carlo Panella - Maurizio Molinari - Guido Olimpio - Francesco Semprini - Marta Allevato
Titolo: «Iran atomico: parole tante, risultati pochi - Capolavoro diplomatico dell’Iran con gli Usa. Ma sarà lo stesso guerra - Gli ayatollah mentono, ci sono altri siti nascosti»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 02/10/2009, a pag. 19, l'analisi di Fiamma Nirenstein dal titolo " Iran atomico: parole tante, risultati pochi  " e l'intervista di Marta Allevato a Alireza Jafarzadeh, iraniano esule negli Stati Uniti, analista politico per Fox News dal titolo " Gli ayatollah mentono, ci sono altri siti nascosti ". Da LIBERO, a pag. 21, l'analisi di Carlo Panella dal titolo " Capolavoro diplomatico dell’Iran con gli Usa Ma sarà lo stesso guerra ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 17, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Quegli scienziati di Teheran spariti nel nulla ". Dalla STAMPA, a pag.8, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Teheran apre alle ispezioni del sito di Qom  " e quello di Francesco Semprini dal titolo " Un'azienda italiana collabora con il regime ". Ecco gli articoli:

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein: " Iran atomico: parole tante, risultati pochi "

  Fiamma Nirenstein

Così il primo d’ottobre è arrivato, dopo l’allarme urgente di Pittsburgh lanciato da Obama, Sarkozy e Brown circa la volontà iraniana di perseguire la bomba atomica: e con esso la concessione da parte degli iraniani di visitare la struttura atomica di Qom che era stata celata a tutto il mondo fino a pochi giorni fa. Da parte iraniana è un’offa all’Occidente per poter dire che i colloqui si sono aperti con profitto, e tutti si sono affrettati a farlo. Ma anche la concessione stessa è a doppio taglio, perché se da una parte consente all’Aiea di entrare per la prima volta in questa centrale che è fra le più sotterranee e difese, dall’altra la legittima e la qualifica come pegno di amicizia, cosa del tutto proditoria, agli occhi del mondo. Altra concessione è la possibilità di arricchire l’uranio all’estero, in Francia e Russia. Ma Obama ha già detto che anche se l’inizio può considerarsi «costruttivo», ci si aspettano però fatti concreti: la pazienza americana «non è illimitata» ed entro due settimane gli ispettori Onu dovranno avere accesso illimitato al sito di Qom.
Ma intanto i Cinque + Uno si sono seduti intorno a un tavolo in una villa del ’700 a Ginevra e gli Usa hanno anche incontrato per la prima volta da decenni un rappresentante iraniano testa a testa. La cronaca degli incontri (filtrati dal buco della serratura) racconta soprattutto l’insistenza del negoziatore iraniano Said Jalili sui «diritti inalienabili» del suo Paese, cioè la determinazione a non mettere in discussione il programma nucleare, e nel descrivere quello che l’Iran ha stabilito fossero i temi dell’incontro: «Incentivi, aiuti economici e politici, questioni economiche politiche e di sicurezza». Le agenzie di stampa iraniane di regime hanno battuto la soddisfazione degli inviati del loro Paese, e le agenzie occidentali le convinzioni di Solana (alla guida dei Cinque più Uno: Francia, Inghilterra, Cina, Russia, Stati Uniti e Germania), che i colloqui si siano svolti «in un’atmosfera cordiale e professionale». Solana ha anche annunciato che entro tre settimane l’Iran dovrebbe consentire all’Aiea di visitare il sito di Qom, quello che era rimasto nascosto fino ad ora. Mosse di urbana diplomazia, volte a propiziare, a calmare l’opinione pubblica internazionale preoccupata dal fanatismo del regime di Teheran e soprattutto Obama, che aveva dato segni di evidente nervosismo nei giorni scorsi. Ma verso la metà della giornata di ieri si è svolto anche un colloquio diretto fra Iran e Usa; il capo della delegazione Usa era nientemeno che William Burns, il sottosegretario di Stato per gli Affari politici. Un gran segno di cortesia da parte degli Usa, che non incontravano gli iraniani direttamente da trent’anni. Ma anche un azzardo, rispetto al quale, nonostante il tono ultimativo di Obama a Pittsburgh, il portavoce del dipartimento di Stato Crowley aveva già messo le mani avanti, spiegando che gli Usa «non avrebbero dato immediatamente un giudizio giovedì». E aveva aggiunto: «Vedremo come va l’incontro e valuteremo la volontà dell’Iran di impegnarsi sui temi posti», ipotizzando che il governo abbia bisogno di qualche mese per valutare tutti in risultati dei colloqui. Ma “mesi” è proprio quella palude temporale di cui ha bisogno Ahmadinejad per completare la bomba: ormai può contare almeno su 8000 centrifughe, più tutte quelle nascoste di cui non abbiamo idea. Tutti gli esperti concordano sui tempi brevi prima dell’ora X. Ahmadinejad con le sue proposte, va alla ricerca di tempo, e non di un accordo: aveva il giorno prima dichiarato che il suo Paese è disposto a parlare di tutto purchè lo si faccia nell’ambito del “disarmo globale”, e aveva anche proposto che un Paese terzo arricchisca per l’Iran l’uranio di cui Teheran ha bisogno. Ottime idee se non si sapesse che solo impostare il tema del disarmo globale prenderebbe molto più tempo di quello necessario per l’Iran a concludere l’arricchimento dell’uranio che cerca; e peccato che il livello dell’arricchimento non potrebbe mai essere garantito da un Paese terzo se persistono centrali nascoste come quella di Qom, scoperta da poco, che possono ulteriormente arricchire l’uranio già arricchito, tecnica che può ingannare anche più severe indagini dell’Aiea. Il ministro degli Esteri britannico David Miliband ha avvertito l’Iran di «non confondere il rispetto per la debolezza», ma i lavori hanno già preso il ritmo dell’andantino ma non troppo, quello che piace a Teheran. Dagli Usa all’Europa, per non parlare dei vecchi amici, Russia e Cina, tutti quanti sembrano di nuovo impaniati nelle chiacchiere iraniane.
www.fiammanirenstein.com

LIBERO - Carlo Panella : " Capolavoro diplomatico dell’Iran con gli Usa Ma sarà lo stesso guerra  "

 Carlo Panella

L’Iran continua a prendere in giro la comunità internazionale, continua a sviluppare la sua bomba atomica, continua a sperimentare missili intercontinentali che hanno senso solo se dotati di bomba atomica e che possono colpire non solo Israele, ma anche l’Europa e per di più di prende il gusto di prendere in giro la diplomazia mondiale con la trattativa, iniziata ieri a Ginevra. Trattativa che si rivelerà una perdita di tempo, come tutte quelle intavolate dal 2005 a oggi e lo si scoprirà quando sarà troppo tardi, perché già avrà la bomba atomica. Una spirale di arrendevolezza e dilettantismo, che ha un solo responsabile: Barack Obama. L’Iran con cui si continua a trattare, a cui si concedono tempi sempre più lunghi per arrivare al dunque (Obama aveva indicato fine settembre, ma ora si parla già di fine ottobre, poi si andrà oltre), è il paese che ha messo in funzione per anni una centrale atomica segreta vicino a Qom, prendendo in giro l’Onu, l’Aiea e il mondo intero.L’Iran di Khamenei e Ahmadinejad, non è un paese sprovveduto, la sua diplomazia, oggi con Mottaki - ministro degli Esteri e Jalil - plenipotenziario sul nucleare - è intelligente e raffinata. A Ginevra, ad esempio, ha tenuto banco con maestria degna di un esperto baro di poker. È arrivata al primo incontro bilaterale con un esponente Usa, il sottosegretario William Burns, dichiarando che mai avrebbe accettato anche solo di parlare di nucleare. Durante l’incontro, però, ha accettato subito di parlarne con una proposta spiazzante: dicendosi cioè disponibile a fare arricchire l’uranio per le sue centrali elettriche all’estero, anche negli Usa. Proposta che aveva sprezzantemente rifiutato un anno fa, quando l’avanzò l’Onu. Proposta che non cambia di una virgola il problema, perché il punto non è questo, ma l’accettazione di ispezioni a tappeto da parte dell’Aiea su tutti i siti iraniani (inclusi quelli segreti) per verificare che intanto le centrifughe iraniane non continuino a raffinare l’uranio arricchito che serve per la bomba atomica. Un gioco delle tre carte che però ha successo perché il suo interlocutore ha sbagliato in pieno l’analisi della crisi. Obama fa lo stesso errore di tanti suoi predecessori democratici, incluso F. D. Roosvelt che seguì la stessa trafila di trattative di pace con il Giappone di Hiro Hito, che solo servirono per dare a Tokyo il tempo per sferrare il colpo a tradimento di Pearl Harbour. Obama crede che l’Iran di Khamenei punti solo a rafforzare la sua posizione di potenza regionale e che basti fargli concessioni su questo, per trovare una mediazione. Ma Khamenei non ha solo questo obiettivo, la sua missione storica è esportare la rivoluzione islamica di Khomeini in Libano, in Palestina, nel Golfo, in tutto il mondo musulmano.Credere che Teheran possa accontentarsi di un riconoscimento del suo ruolo di potenza regionale, come crede Obama, significa fare lo stesso errore del laburista N. Chamberlain, che credette nel 1938 che sarebbe bastato riconoscere il ruolo di potenza alla Germania di Hitler - regalandogli la Cecoslovacchia - per salvare la pace. Ma Ahmadinejad e Khamenei - oltre all’odio per gli ebrei - in questo assomigliano a Hitler: sono degli apocalittici, vogliono imporre “l’Uomo Nuovo”, fuori dai loro confini, esattamente come lo fanno nelle loro città, massacrando l’opposizione dell’Onda Verde. Obama, insomma, si è messo sulla scia dei suoi predecessori: sino al 1990 tutte le guerre degli Usa, furono tutte lanciate da presidenti democratici, spesso come risposta tardiva dopo estenuanti trattative con l’avversario. Solo che Obama non mostra di avere la caratura di Roosevelt o di Kennedy, ma semmai quella del Carter indeciso a tutto (che subì ogni oltraggio da Khomeini, salvo poi lanciarsi in una demenziale avventura militare nel 1980, per liberare i diplomatici dell’ambasciata di Teheran). Non ci sarà da stupirsi quindi se - resosi conto di essere stato preso in giro - un giorno darà lui - e non Israele - l’ordine di lanciare i missili sulle centrali atomiche iraniane.

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Teheran apre alle ispezioni del sito di Qom "

 Maurizio Molinari

L’Iran apre l’impianto di Qom alle ispezioni internazionali e accetta una seconda tornata di negoziati sul nucleare entro la fine del mese: è questo l’accordo che ha concluso a Genthod, nei pressi di Ginevra, i colloqui fra l’inviato iraniano Saaed Jalili e i rappresentanti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia più la Germania.
L’incontro avvenuto in una villa del XVIII secolo con vista sul Lago di Ginevra ha segnato la ripresa dei negoziati sul nucleare dopo un’interruzione di 15 mesi. A guidare la delegazione del gruppo «5+1» è stato il negoziatore europeo Javier Solana e dopo una seduta al mattino in gran parte infruttuosa - perché entrambe le parti hanno ribadito le rispettive posizioni - le novità sono arrivate al pomeriggio, quando Jalili ha formalmente confermato la disponibilità ad «accogliere gli ispettori dell’Aiea a Qom» senza porre limiti agli accertamenti che vorranno condurre nell’impianto segreto svelato al mondo dalla conferenza stampa tenuta a Pittsburgh la scorsa settimana dai leader di Stati uniti, Gran Bretagna e Francia.
Jalili si è anche detto favorevole a considerare l’opzione di trasferire in un Paese terzo l’uranio arricchito dall’Iran, come da tempo suggerito dalla Russia. Attorno al tavolo del negoziato, a fianco di Solana sedeva l’inviato americano William Burns che ha avuto un colloquio a quattr’occhi con l’iraniano Jalili. I due hanno parlato anche di diritti umani e quando sono tornati nel salone multilaterale è stata concordata una ripresa dei colloqui «entro la fine del mese». Il giudizio di Washington su quanto avvenuto a Genthod è di un cauto ottimismo. «E’ un inizio costruttivo» ha commentato il presidente Barack Obama, sottolineando che «ora l’Iran deve assicurare la piena trasparenza del proprio programma» quando «entro due settimane» accoglierà gli ispettori.
Se questo non dovesse avvenire «aumenteremo le pressioni e l’isolamento dell’Iran» con nuove sanzioni. «E’ un segnale positivo il fatto che ci si muova dai gesti alle azioni ed ai risultati» ha aggiunto il Segretario di Stato Hillary Clinton, secondo cui: «L’incontro di Ginevra ha aperto una porta, ora vendiamo cosa accadrà». In un ulteriore gesto di apertura l’amministrazione Obama ha consentito al ministro degli Esteri iraniani, Manoucher Mottaki, di muoversi da New York - dove era per l’Assemblea generale dell’Onu - e raggiungere Washington, dove ha avuto contatti con imprecisati «esponenti dell’amministrazione» confermando la volontà di dare «piena collaborazione alle ispezioni dell’Aiea». Mottaki ha ipotizzato anche che «una prossima tornata negoziale possa svolgersi a livello di leader».
In serata è stato Solana a parlare da Ginevra, indicando che la svolta è avvenuta per «l’impegno iraniano a cooperare pienamente e immediatamente con l’Aiea» al punto da poter prevedere che gli ispettori dell’Agenzia atomica dell’Onu «saranno invitati a visitare l’Iran» con pieni poteri di indagine su tutti gli impianti nucleari. Fra i dubbi che restano da sciogliere vi è la localizzazione dell’impianto di Qom: attorno alla città ve ne sarebbero almeno due e Mottaki non ha voluto chiarire quale dovrebbe ospitare le tremila centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. La parola passa ora a Mohammed El Baradei, il direttore dell’Aiea, che si recherà a Teheran per coordinare le ispezioni.
L’Iran detiene il 10% delle azioni dell’impianto di arricchimento di uranio di Tricastin, in Francia. Lo rivela nel suo ultimo numero il settimanale satirico transalpino «Le Canard Enchaîné». Teheran avrebbe il controllo del 40% della società che cogestisce il sito di Tricastin, nella Drome e quindi possiederebbe il «10% dell’impianto per l’arricchimento d’uranio». La notizia è stata confermata anche dalla direzione di Areva. È la Francia il principale sponsor di nuove sanzioni contro l’Iran, più ancora della Gran Bretagna, della Germania e degli Stati Uniti. La svolta impressa dal Presidente Nicolas Sarkozy che ha bocciato il «dialogo costruttivo» perseguito per anni dall’Unione europea con Teheran, è sempre più netta e dovrebbe essere stata espressa con chiarezza nei colloqui di oggi a Ginevra, secondo quanto anticipa il «Washington Post».

La STAMPA - Francesco Semprini : " Un'azienda italiana collabora con il regime "

 

AnsaldoBreda nel mirino degli attivisti americani schierati contro i piani nucleari dell’Iran. Sotto esame i «presunti affari» che l’azienda del gruppo Finmeccanica avrebbe nella Repubblica Islamica. L’appello al chiarimento giunge dai «watchdog» di United Against Nuclear Iran, associazione senza scopo di lucro costituita negli Stati Uniti con l’obiettivo di «impedire a Teheran di dotarsi della bomba atomica». La richiesta nasce dal recente appalto di 300 milioni di dollari assegnato ad AnsaldoBreda per 100 carrozze leggere per la metropolitana di Los Angeles. Secondo quanto riferito a La Stampa, l’Uani ha inviato ieri una lettera a Giancarlo Fantappiè, amministratore delegato di AnsaldoBreda Inc. (la divisione nordamericana) in cui chiede al dirigente di garantire che «la società, le sue affiliate e le sussidiarie non hanno nessun genere di affari che la legano all’Iran».
La missiva, diretta agli uffici di San Francisco, è firmata dal presidente dell’associazione, Mark D. Wallace, già ambasciatore americano al Palazzo di Vetro e numero due della campagna Bush-Cheney del 2004, il quale chiede che la dichiarazione sia posta come clausola del contratto: «AnsaldoBreda deve scegliere se fare business con gli Usa o con l’Iran». La controllata di Finmeccanica è inclusa nell’Iranian Business Registry, la lista nera compilata dall’Uani di circa 130 aziende che presumibilmente conducono affari nella Repubblica Islamica, tra cui diverse italiane: «Oggi più che mai l’Iran conta su società internazionali per sostenere la propria fragile economia, i programmi nucleari e la teocrazia dittatoriale e brutale».
Una prima richiesta di chiarimento era stata inviata da Wallace due giorni fa alla Metropolitan Transportation Authority, l’ente pubblico che ha approvato con 8 voti a favore e 3 contrari l’appalto. Nella lettera al presidente dell’Mta di Los Angeles, Ara Najarian, Wallace plaude inoltre alla decisione di scartare Siemens dall’appalto. Secondo il Wall Street Journal, la Siemens non solo avrebbe affari in corso in Iran ma fornirebbe al governo la tecnologia per spiare i propri cittadini, in particolare attraverso Internet. «Scegliendo di non fare affari con Siemens, Mta ha inviato un segnale chiaro, che i contribuenti americani non vogliono nessun genere di legame con l’Iran», conclude Wallace.
«Sino ad ora non abbiamo avuto risposte né da AnsaldoBreda, né dall’Mta di LA - dice Kimmie Lipscomb, portavoce Uani - Ma è essenziale far luce quanto prima, i cittadini americani pagano le tasse per finanziare progetti pubblici e non è giusto che il denaro venga utilizzato per dare lavoro a società con attività in Iran, almeno sino a quando Teheran continuerà a lavorare su programmi per armamenti nucleari».
Un certo scetticismo è stato espresso da fonti industriali che non solo escludono ogni coinvolgimento dell’azienda con l’Iran, ma ipotizzano, dietro le richieste di chiarimento, una manovra di lobbying da parte di alcuni concorrenti di Ansaldo tagliati fuori dall’appalto californiano. In ogni caso la società italiana è solo l’ultima ad essere presa di mira dai «watchdog» di Uani, la cui campagna è divenuta martellante durante l’Assemblea generale dell’Onu, e il G-20 di Pittsburgh. Dopo aver lanciato una petizione «no-business in Iran» alla quale hanno aderito grandi corporation come General Electric, l’organizzazione è stata protagonista del boicottaggio di alberghi newyorkesi chiedendo loro di non ospitare eventi organizzati dalla delegazione iraniana.
Del resto la sindrome di paura nata dal dossier nucleare di Teheran sta dilagando in tutto l’Occidente: ieri due pacchi spediti da altrettante aziende bergamasche con destinazione Pakistan e Iran sono stati sequestrati dai funzionari doganali dell’aeroporto di Orio al Serio. Dalle prime informazioni, si tratterebbe di prodotti e tecnologie «a duplice uso». Il materiale, oltre ad essere diretto verso Paesi a rischio, era privo della necessaria autorizzazione ministeriale. Per i responsabili delle due aziende è scattata immediatamente la denuncia a piede libero.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Quegli scienziati di Teheran spariti nel nulla "

 Guido Olimpio

WASHINGTON — Quattro personaggi iraniani scomparsi in questi anni potrebbero aver informato gli Stati Uniti sul nuovo impianto nucleare di Qom. A sostenerlo il quotidiano saudita Asharq Al Awsat pubblicato a Londra e con buone fonti in Medio Oriente.
Il primo «missing» è il generale Alì Reza Ashgari, sparito durante una visita in Turchia e forse fuggito in Occidente con la collaborazione di 007 americani. Quindi un uomo d’affari, Ardebili, arrestato in Georgia, poi svanito nel nulla. Il terzo è un diplomatico iraniano, Nasrallah Tagik, finito in un’inchiesta per l’export di tecnologia proibita a Londra e di cui si sono perse le tracce. Infine il fisico nucleare Shahram Amiry. Il ricercatore si è recato in giugno alla Mecca per partecipare al piccolo pellegrinaggio, però non è più tornato.
L’intelligence americana avrebbe combinato le rivelazioni dei fuggiaschi con le immagini dei satelliti e quanto carpito da una sofisticata operazione che ha permesso di seguire le forniture di tecnologia e macchinari destinate all’Iran. Spostamenti segnalati da microspie inserite alla partenza da agenti statunitensi, israeliani e tedeschi.

Il GIORNALE - Marta Allevato : " Gli ayatollah mentono, ci sono altri siti nascosti "

 Alireza Jafarzadeh

Alireza Jafarzadeh è un iraniano esule negli Stati Uniti, analista politico per Fox News e autore del libro L' atomica di Teheran (Guerini e Associati).
Nel 2002 è stato lei, con le informazioni del Consiglio nazionale per la resistenza iraniana (gruppo d'opposizione al regime, ndr) a rivelare l'esistenza del sito nucleare di Natanz, dove l'Iran aveva nascosto forse la maggior parte del suo programma nucleare.
«E da allora molti altri casi hanno dimostrato che Teheran continua a mentire. L'ultima rivelazione sul sito di Qom era stata già in parte denunciata dal Consiglio nazionale per la resistenza iraniana nel 2005, quando avevamo svelato la costruzione di tunnel ad opera della ditta Khatem di proprietà delle Guardie rivoluzionarie».
Cosa significa?
«Che ora, dopo quattro anni, il mondo ha scoperto l'intero quadro del programma nucleare portato avanti in quella zona. Ma si tratta solo della punta di un iceberg».
Cosa nasconde ancora l'Iran?
«Ad esempio ci sono altri due altri siti a Teheran, focalizzati sulla produzione di armamenti e su test e simulazioni di esplosioni in vista della bomba atomica».
In cosa consiste il programma nucleare dei mullah?
«Ci sono tre parti: l'arricchimento dell'uranio per la bomba atomica, la costruzione di testate nucleari e il sistema di missili per lanciarle».
A che punto è arrivato il regime?
«Ha ottenuto risultati nella prima e nella terza fase e ora è concentrato sulla parte più difficile che è la costruzione di testate nucleari».
L'Agenzia internazionale per l'energia atomica ne è a conoscenza?
«È la parte più segreta del programma e sotto il completo controllo delle Guardie della rivoluzione. L'Aiea ha fatto poco per avere maggiori informazioni, anche perché Teheran non permette l'accesso a molti siti».
I recenti test missilistici sono una provocazione o una reale minaccia?
«Teheran ha un avanzato programma missilistico di cui gli Shahab-3, Ghadar e Sejil sono solo degli esempi. Le mie fonti nel Paese mi dicono che il raggio di azione dei missili sperimentati in questi giorni supera di gran lunga i duemila chilometri di cui parla il regime; ormai sono molto vicini ad ottenere missili da tremila chilometri».
Capaci, quindi, di raggiungere anche Stati europei?
«Esatto. Questo dimostra che nonostante le promesse di collaborazione e l'impegno per un programma nucleare pacifico, l'ambizione nucleare di Teheran è in fase avanzata e non si è mai fermata negli ultimi sette anni, cioè da quando sono cominciati i negoziati».
E Ginevra?
«Come tutti i negoziati dal 2003, porterà solo al rafforzamento del regime».

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