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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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La Stampa - La Repubblica - L'Unità Rassegna Stampa
29.09.2009 Inasprire le sanzioni all'Iran e bloccare il suo programma nucleare prima che sia troppo tardi
Cronache di Francesco Semprini, Aldo Baquis, Vanna Vannuccini. Intervista a Yuval Steinitz di Udg

Testata:La Stampa - La Repubblica - L'Unità
Autore: Francesco Semprini - Aldo Baquis - Umberto De Giovannangeli - Vanna Vannuccini
Titolo: «Teheran lancia i suoi messaggi - Lieberman scalpita senza l'ok di Obama - Arresti, violenze e torture in carcere a Teheran la resistenza torna in piazza - E' tempo di agire, Teheran vuole una Shoah nucleare»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 29/09/2009, a pag. 11, gli articoli di Francesco Semprini e Aldo Baquis titolati " Teheran lancia i suoi messaggi "e " Lieberman scalpita senza l'ok di Obama ". Dalla REPUBBLICA, a pag. 4, l'articolo di Vanna Vannuccini dal titolo " Arresti, violenze e torture in carcere a Teheran la resistenza torna in piazza ". Dall'UNITA', a pag. 47, l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Yuval Steinitz, ministro delle Finanze israeliano, dal titolo " E' tempo di agire, Teheran vuole una Shoah nucleare ". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Francesco Semprini : " Teheran lancia i suoi messaggi "

 

I guardiani della rivoluzione lanciano i missili a media e lunga gittata, portando a termine con «successo» le esercitazioni balistiche «Grande Profeta 4», inaugurate da Teheran domenica mattina. Subito dopo l’alba dalle batterie installate nel deserto centrale iraniano sono partiti gli Shahab 1 e 2, (gittata 300-700 km), preludio al lancio degli Shahab 3 e Sejil, con portata di duemila chilometri. «Con i nostri missili possiamo raggiungere tutta la regione», avverte il comandante delle forze aeree dei Pasdaran, Hossein Salami. Intanto il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane, generale Hassan Firuzabadi, inaugurando un impianto per la produzione di combustibile solido per missili, ha messo in guardia la «tigre di carta» israeliana che, se mai attaccherà l’Iran, «esalerà l’ultimo respiro».
Parigi ha chiesto a Teheran di «cessare immediatamente ogni attività destabilizzante», mentre per il Foreign Office britannico «l’Iran sta inviando alla comunità internazionale un segnale sbagliato, e proprio alla vigilia dell’incontro del 5+1 di Ginevra», (Usa, Gb, Francia, Russia Cina e Germania). Ma è «l’arroganza occidentale» e la «propaganda» contro il nuovo sito di arricchimento dell’uranio che rischia di causare il fallimento dei negoziati svizzeri del primo ottobre, secondo il capo della commissione Esteri del parlamento iraniano, Alaeddin Borujerdi, che ribadisce: «Sul nucleare non accetteremo nessuna nuova condizione». La Casa Bianca definisce i test di ieri «un altro atto di natura provocatoria» e ribadisce che nei colloqui di giovedì l’Iran dovrà garantire «un accesso senza limiti e senza restrizioni» all’impianto di Qom durante i controlli dell’Aiea, per i quali non è ancora stata fissata una data.
Per la Casa Bianca i nuovi test missilistici iraniani rafforzano la decisione di spostare l’attenzione dallo scudo antimissile al tipo di vettori che Teheran sta sviluppando. Sulla questione è intervenuta la Russia, che ha invitato a «non cedere alle emozioni»: «Pur condividendo il fatto che i test creano preoccupazione quando avvengono sullo sfondo di problemi irrisolti come il dossier nucleare iraniano, è necessario calmare gli animi e lavorare per un processo produttivo di negoziati». In ogni caso, secondo il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, «se da qui a fine anno non si vedranno passi in avanti, dovremo trarre conclusioni severe».

La STAMPA - Aldo Baquis : " Lieberman scalpita senza l'ok di Obama "

 Avigdor Lieberman

Malgrado lo Stato ebraico fosse paralizzato dal digiuno espiatorio del Kippur, Zahal e la sua aviazione hanno mantenuto la massima allerta e hanno seguito da vicino (assieme ad alti ufficiali americani, giunti in Israele per una esercitazione) i lanci missilistici condotti ieri in Iran.
«Nel 2001 - ha rivelato il ministro degli esteri Avigdor Lieberman - ci lasciammo sfuggire un’occasione irripetibile per trattare la questione iraniana secondo la formula irachena»: ossia per colpire i siti atomici iraniani con un blitz analogo a quello del 1981 su Osirac, il reattore di Baghdad. Ufficialmente, i dirigenti israeliani ripetono che i piani nucleari di Mahmud Ahmadinejad possono anche oggi essere «soffocati» con la sola diplomazia, se i cinque grandi (incluse Russia e Cina) decideranno sanzioni severe. Ma secondo il quotidiano «Haaretz», alcuni esperti in Israele temono che quei piani non possano più essere bloccati e che tra la fine del 2009 e la prima metà del 2010 dovrà essere presa una decisione su un attacco militare.
L'obiettivo non sarebbe la distruzione degli stabilimenti nucleari iraniani, ma un attacco a quelli nevralgici, che costringa a un rinvio di alcuni anni nei programmi atomici. «Haaretz» nota che la questione-chiave, per Israele, sarà la verifica se il presidente Barack Obama sia disposto almeno a chiudere un occhio, e consenta all’aviazione israeliana di utilizzare un «corridoio aereo» nei cieli iracheni, sorvolando le sue truppe.
In uno studio pubblicato nel marzo scorso negli Usa dal Centro di studi strategici e internazionali (Csis) - poi ripreso dalla stampa israeliana - Abdullah Tukan e Anthony Cordesman hanno delineato per l'aviazione di Israele tre possibili tragitti di attacco. Il primo passa davanti al Libano, corre lungo il confine turco-siriano e punta a Sud verso lo stabilimento di arricchimento di uranio di Natanz e la vicina installazione di Qom. Il secondo - più breve - passa sul confine fra Giordania e Siria, taglia l'Iraq e consente di raggiungere Natanz e Arak, dove si produce l'acqua pesante. Il terzo tragitto sorvola Arabia Saudita e Iraq, e conduce a Ahvaz e Isfahan.
Secondo il Centro di studi strategici dell'università di Tel Aviv, l’aviazione israeliana dispone di circa 340 aerei da combattimento F16 e di un centinaio di F15. Per attaccare i tre principali siti iraniani, Israele dovrebbe mandare in missione (secondo Tukan e Cordesman) un quarto delle sue forze migliori (fra F15 e F16C) nonché tutti i suoi Hercules e Boeing 707 per il rifornimento aereo. La superiorità assoluta nelle apparecchiature elettroniche dovrebbe consentire loro di non essere scoperti durante il volo di avvicinamento, così come avvenne nel 2007 quando colpirono un reattore atomico in territorio siriano.
Ma una volta in Iran i velivoli israeliani dovrebbero cimentarsi con le insidiose batterie missilistiche e con la profondità degli obiettivi da distruggere, alcuni dei quali sono nascosti nelle viscere della terra e possono essere raggiunti solo con bombe di tipo GBU. Alcuni analisti ritengono che commando israeliani dovrebbero essere infiltrati preventivamente in Iran per assistere da terra il lavoro dei piloti.
Alternativamente, precisa il Csis, Israele potrebbe decidere di colpire le installazioni nucleari di Natanz, Isfahan e Arak lanciando decine di missili balistici Jericho 3. Forse non a caso la televisione israeliana ieri ha trasmesso un lungo servizio sui suoi tre sottomarini Dolphin, che pure potrebbero essere impiegati in un attacco all'Iran. La possibile reazione dell'Iran non viene sottovalutata. I suoi razzi Sanjel possono colpire tutto il territorio israeliano. Gli Hezbollah libanesi (che nel 2006 lanciarono quattromila razzi sulla Galilea) hanno oggi almeno 40 mila nuovi razzi. Il Sud di Israele è peraltro esposto alla minaccia dei razzi di Hamas, da Gaza. Il comportamento della Siria sarebbe in quei frangenti di importanza critica.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " E' tempo di agire, Teheran vuole una Shoah nucleare "

 Yuval Steinitz

L’Iran rappresenta ormai una minaccia globale. L’Occidente non deve aspettarsi che sia il “Piccolo Israele” a intraprendere un’azione preventiva per salvare il mondo dalle armi nucleari iraniane: sta almondolibero, guidato dagli Stati Uniti, impedire all’Iran di avere la bomba».
A parlare è Yuval Steinitz, ministro delle Finanze israeliano, uno dei fedelissimi del premier Benjamin Netanyahu. Prima di ricoprire l’incarico di governo, Steinitz è stato presidente della più importanteCommissione della Knesset (il Parlamento israeliano); la Commissione esteri e difesa.
Tra pochi giorni si riunirà il Gruppo 5+1 sull’Iran: «Questa - rileva Steinitz - potrebbe essere l’ultima occasione per fare qualcosa di serio e significativo per fermare gli iraniani. È tempo di agire. Il popolo d’Israele ha la sensazione di essere lasciato solo di fronte ad un regime di fanatici che mira ad una Shoah nucleare».
Signor ministro, l’Iran ha testato nuovi missili a lunga gittata capaci di colpire Israele.
«La gravità di questi esprimenti sta nel mettere in chiaro il nesso indissolubile, nella strategia militare iraniana, tradue progetti: quello missilistico e quello nucleare. Capacità missilistiche quali quelle di cui dispone l’Iran non si realizzano per farne uso con armi convenzionali. Non c’è alcuna logica nell’investire miliardi in programmi militari di quel tipo se l’obiettivo finale di quei missilinon è il portare testate nucleari. Le limitate dimensioni delle testate di quei missili, pensate per favorire la lunga gittata dei vettori,non lasciano spazio a dubbi: l’obiettivo è poter lanciare testate nucleari ».
C’è chi sostiene le ragioni del dialogo con Teheran.
«Dialogare direttamente o indirettamente è una questione poco significativa. L’unica cosa importante è quella di esercitare pressione sul regime militar-teocratico iraniano. Ormaidovrebbe essere chiaro a tutti che i governanti iraniani approfittano della disponibilità a negoziare per guadagnare tempo. Il tempo per realizzare la bomba».
Lei parla di pressioni su Teheran. A cosa pensa in particolare?
«A misure finanziarie finalizzate a paralizzare il sistema bancario iraniano, o attivandounembargo sulle importazioni del petrolio iraniano. Ciò che conta è la volontà politica di agire. E agire rapidamente. Perché il tempo sta per scadere».
Alle Nazioni Unite e al vertice del G20, il presidente Usa Barack Obama, ha avuto parole molto dure nei confronti del regime iraniano.
«Il presidente Obama ha affermato che di fronte alla sfida nucleare rilanciata dall’Iran ogni opzione è sul tavolo. Anche quella militare. Israele è con lui».
C’è chi teme un’azione militare preventiva d’Israele.
«Quei missili testati dall’Iran non minacciano solo Israele. La bomba iraniana terrorizza i Paesi arabi, dall’Egitto alla Giordania, dall’Arabia Saudita agli Emirati del Golfo... Il riarmo iraniano rappresenta una minaccia globale a cui il mondo libero deve una risposta. Israele di certo farà la sua parte. Siamo pronti ad ogni evenienza».
Chi è per Israele Mahmud Ahmadinejad?
«Faccio mie le parole del nostro primoministro all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: Ahmadinejad è un negazionista che vuole perpetrare un nuovo Olocausto di ebrei.Ma Israele non permetterà ai negazionisti di perpetrare un nuovo Olocausto. Siamo di fronte ad un regime che pur di mantenersi in vitanon esita a sparare contro i propri cittadini che hanno denunciato i brogli elettorali e che rivendicano libertà e giustizia. Ahmadinejad e i suoi seguaci sembrano conoscere solo il linguaggio della forza. Lo ripeto: il mondo libero deve unirsi per fronteggiare questa minaccia. Inasprendo le sanzioni. Le condanne a parole non servono. Il tempo delle chiacchiere è scaduto».

La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " Arresti, violenze e torture in carcere a Teheran la resistenza torna in piazza  "

Il rinvio dell´inizio dell´anno accademico, deciso dalle autorità iraniane per il timore di nuove proteste, non è servito. Ieri, non appena ricominciate le lezioni, gli studenti dell´università di Teheran hanno manifestato contro Kamran Daneshju, promosso da Ahmadinejad ministro dell´Università dopo che era stato il capo dell´ufficio del ministero dell´Interno responsabile per il conteggio dei voti. Alcune centinaia di studenti, con al polso nastrini verdi, hanno chiesto la liberazione delle persone arrestate e scandito slogan contro Ahmadinejad, hanno riferito le agenzie iraniane.
A quasi quattro mesi dalle elezioni del 12 giugno, il regime iraniano appare incapace di fiaccare l´opposizione e impedire le continue rivelazioni degli abusi sui giovani in carcere che indignano profondamente l´opinione pubblica, anche negli ambienti tradizionali e religiosi. Una madre, moglie di un pasdar, ha denunciato la morte in carcere della figlia che era stata prelevata mentre era sola in casa solo perché aveva gridato sul tetto delle propria casa Allah u Akbar, lo slogan della rivoluzione islamica fatto proprio dal movimento verde. Un´altra donna medico ha denunciato che al figlio sono state strappate le unghie. Le autorità non hanno potuto smentire l´uccisione in carcere di Mohsen Ruholamini, figlio di un politico conservatore: il fratello di Mohsen, medico, vedendo il cadavere all´obitorio aveva capito che Mohsen era stato appeso a un uncino a capo in giù e poi battuto con una barra di ferro fino a rompergli il collo.
L´opposizione continuerà, assicurano gli iraniani all´interno e all´estero. L´immensa manifestazione nel giorno di Qods è stata «un punto di non ritorno», dicono. Tre mesi fa la gente non sapeva che il regime avrebbe risposto con tanta violenza ma ora conosce i pericoli cui va incontro ed è scesa in piazza lo stesso, ha detto a Parigi il regista Makhmalbaf. La resistenza si sta organizzando in tanti piccoli comitati clandestini, la disobbedienza civile ha preso tante forme: su migliaia di biglietti di rials in circolazione è stata dipinta una V verde; la squadra di calcio di Isfahan è stata obbligata a cambiare il colore della maglia (verde appunto) perché lo stadio si riempiva a ogni partita di verde e la tv non poteva riprendere le partite. Se la resistenza continua, le fratture già visibili all´interno del regime non potranno che approfondirsi, dicono. La diaspora iraniana, finora divisa, ha trovato nel movimento verde l´unità: gli avversari della Repubblica islamica e coloro che vogliono mantenerla in vita pur riformandola lavorano per la prima volta uniti. L´hojatoleslam Mohsen Kadivar, per esempio, invita tutti gli iraniani all´estero a finanziare una radio e una tv per dare una piattaforma nazionale al movimento rifiutando soldi stranieri, «anche se si tratta di vendere i gioielli, come le donne iraniane fecero durante la rivoluzione costituzionale del 1906». «Se non arrestano Moussavi è perché la direzione del movimento passerebbe all´estero e inevitabilmente sarebbe meno moderata, anche se tutti sono d´accordo sul mantenere fermi i princìpi della democrazia: niente rivoluzioni e niente vendette», si sente dire. Alcuni parlano della possibilità di un futuro compromesso all´interno del regime, per il quale Rafsanjani giocherebbe un ruolo importante, e che potrebbe portare alle dimissioni di Ahmadinejad e alla sua sostituzione con un conservatore più aperto come Qalibaf, l´attuale sindaco di Teheran. L´occidente, implorano, dovrebbe intanto cercare di fare il meno danni possibile: non legittimando Ahmadinejad nella speranza di negoziati sul nucleare che non porteranno da nessuna parte, e non imponendo sanzioni che, come afferma Moussavi sul suo sito Internet, «aumenterebbe solo le sofferenze di una nazione che già soffre della miseria provocata dal suo governo».

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