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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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La Stampa-Il Giornale-Libero- La Repubblica Rassegna Stampa
27.09.2009 Iran, la bomba e Obama
le cronache con Maurizio Molinari,Luciano Gulli,Alessandro Carlini,Francesca Paci,Larry King

Testata:La Stampa-Il Giornale-Libero- La Repubblica
Autore: Maurizio Molinari,Luciano Gulli,Alessandro Carlini,Francesca Paci,Larry King
Titolo: «Obama,Ahmadinejad e la bomba. Titoli vari»

Riprendiamo alcune cronache sulla bomba iraniana dopo la scoperta del sito segreto di Qom, oggi, 27/09/2009. Da La STAMPA, IL GIORNALE, LIBERO, REPUBBLICA, con i nostri commenti.

LA STAMPA-Maurizio Molinari: " Obama tende la mano, Teheran si fermi ora"

 A quando ? 

Buono l'effetto titolo, certamente non voluto, ma ci piace quel "Obama tende la mano", che può avere anche il significato che intendiamo noi, ovvero col cappello in mano. Accurato come sempre il pezzo di Maurizio Molinari.

L’Iran accetta le ispezioni dell’Onu nell’impianto di Qom e Barack Obama gli offre un dialogo «serio e di sostanza». All’indomani delle rivelazioni anglo-franco-americane sulla centrale nucleare segreta costruita dall’Iran nella città santa sciita, Teheran e Washington si scambiano segnali di apertura che inaugurano la partita diplomatica che ha in palio l’esito dell’incontro del primo ottobre, quando riprenderanno a Ginevra i negoziati sul nucleare.
Il passo avanti della Repubblica islamica arriva da Ali Akbar Salehi, vicepresidente e capo del programma nucleare, che fa sapere: «Non abbiamo alcun problema con le ispezioni del sito di Qom, ne parleremo con l’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) e appena sarà fissata la data lo faremo sapere». Salehi nega che l’impianto per l’arricchimento dell’uranio in costruzione a Qom sia illegale: «Sulla base del trattato contro la proliferazione dobbiamo informare l’Aiea entro 180 giorni dal momento in cui vi posizioniamo materiale nucleare, e siamo ben dentro questi termini, l’intera controversia è sorprendente».
Anche il presidente Mahmud Ahmadinejad, intervistato da Larry King sulla tv Cnn, si dice «allibito dalla scelta di Obama di prendere un’iniziativa che smentisce il discorso di apertura al mondo fatto da lui stesso alle Nazioni Unite». Più aspro invece il commento del leader supremo iraniano Ali Khamenei, che affida a un portavoce parole di fuoco: «Il nuovo impianto, ad Allah piacendo, sarà presto operativo e accecherà i nostri nemici».
La differenza di risposte in arrivo da Teheran ripropone quella differenza fra colombe e falchi con cui l’Iran affronta da tempo il negoziato sul nucleare, e Barack Obama sceglie di far sapere a entrambi che la mano dell’America è tesa. «Stiamo offrendo a Teheran un dialogo serio, di sostanza - afferma il presidente nel discorso settimanale trasmesso dalla radio e messo online su YouTube - tocca quindi ai leader iraniani scegliere se far fronte alle loro responsabilità internazionali oppure andare verso un crescente isolamento e maggiori pressioni». In particolare Obama chiede una «cooperazione totale con l’Aiea al fine di dimostrare le intenzioni pacifiche».
In concreto questo significa far sapere a Teheran che aprire le porte di Qom agli ispettori è solo il primo passo, ciò che Washington chiede è che l’Iran «faccia piena luce» su tutte le attività nucleari, e in maniera talmente esplicita da allontanare i forti dubbi sulla natura militare del programma. Obama cita esplicitamente la convergenza con la Russia su questo tema: «Il mondo è unito come non mai, siamo spalla a spalla con gli alleati europei e con il presidente Dmitri Medvedev concordiamo sul fatto che l’Iran deve cambiare approccio o affrontare delle conseguenze». È il preannuncio di quanto i diplomatici di Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania e Russia diranno agli iraniani il primo ottobre sul fatto che «il tempo dei rinvii è finito e l’Iran deve compiere azioni concrete». All’offensiva diplomatica di Obama manca ancora il tassello cinese - per via del ritardo con cui Hu Jintao è stato informato sull’impianto di Qom - ma la Casa Bianca si aspetta novità importanti da Pechino. «Aspettate qualche giorno e avremo la posizione cinese» assicura Robert Gibbs, portavoce di Obama, tradendo una visibile sicurezza.
Se l’Amministrazione Usa sente di poter mettere nell’angolo Ahmadinejad, è in forza della coesione internazionale e delle prove raccolte sulla «pistola fumante» di Qom, mentre Teheran gioca una partita diversa, puntando tutto sul rispetto formale delle norme dell’Aiea per difendere la legittimità del proprio programma.

 

IL GIORNALE-Luciano Gulli: " L'Iran rilancia, il nuovo sito atomici accecherà gli occhi dei nostri nemici "

Una cronaca più cruda quella di Gulli, che rende bene l'idea di chi l'Occidente si trova davanti.

 

Tutto un va e vieni di cacciabombardieri nei cieli benedetti da Maometto, e un robusto lancio di missili, a corollario di una poderosa esercitazione denominata in codice Grande Profeta 4». Il tutto per «migliorare le capacità difensive del Paese», s’intende. Grandi manovre, da stamani, per le forze aeree iraniane dei Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione, che di fronte alle minacce degli Stati Uniti, e in piena crisi suscitata, anzi ri-suscitata dalla scoperta di un secondo sito «segreto» per l’arricchimento dell’uranio nei pressi della città santa di Qom, reagiscono gonfiando il petto e alzando il tono della violenta polemica antioccidentale.
L’ufficio per le pubbliche relazioni dei Pasdaran sottolinea, con un barlume di prudenza residua imposta probabilmente da settori meno oltranzisti dei «guardiani», il carattere «annuale» delle esercitazioni militari in programma. Ma è solo un barlume. Una mossa tattica per seminare dubbi nel non compatto fronte avversario. Annullare, o posporre le grandi manovre in programma erano l'unico modo per tendere davvero una mano - come il presidente Ahmadinejad sostiene di voler fare - agli Stati Uniti e recuperare un minimo di credibilità. Ma non è questo il caso. A spazzare il campo da eventuali dubbi ci pensa la Guida suprema della rivoluzione, l’ayatollah Ali Khamenei, che per bocca del suo portavoce fa sapere che il nuovo sito per l’arricchimento dell’uranio diventerà «presto operativo, a Dio piacendo, e accecherà gli occhi dei nemici».
Esercitazioni retoriche, si direbbe; perché nel quotidiano gioco della mano che si nasconde dopo aver lanciato il sasso ecco spuntare la faccia emolliente di Ali Akbar Salehi, capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica. Salehi si dice pronto da subito a fissare con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, l’Aiea, una data per le ispezioni. E denuncia come «un complotto preordinato» il coro di condanne per il nuovo impianto iraniano. «Abbiamo reso nota l’esistenza di questo sito nei tempi previsti dall’Aiea, e perciò siamo sorpresi di tutto questo baccano», ha sottolineato Salehi.
«Senza fondamento», per lo stesso presidente Ahmadinejad, sono le parole di Barack Obama, che ha accusato l’Iran di perseguire segretamente lo sviluppo di un programma nucleare al di fuori delle regole internazionali. Intervistato al Larry King show della Cnn, Ahmadinejad - riferendosi a quanto affermato da Obama a Pittsburgh sul nucleare iraniano - ha dato del voltagabbana al presidente degli Stati Uniti. «Non ci aspettavamo che Obama a meno di 48 ore violasse di fatto l’impegno assunto nel suo discorso all’Onu, più semplicemente, non ci aspettavamo che dicesse cose... prive di fondamento». Obama a Pittsburgh aveva fermamente criticato la scelta dell’Iran di dotarsi di una seconda centrale nucleare, e aveva sottolineato che «ora sono preoccupate anche Nazioni che solo fino a sei mesi fa o un anno fa sarebbero addirittura state restie a discutere di eventuali sanzioni». Secondo Ahmadinejad, invece, l’Iran è in regola con quanto previsto dalle norme dettate dall’agenzia atomica Aiea anche se, aggiunge, la notizia del nuovo sito è stata «un duro colpo per l’arroganza dell’Occidente».
«Specialisti in sotterfugi», li definisce Obama, che non ha intenzione di farsi prendere sottogamba dai gestori del suk iraniano. «Teheran deve ora dimostrare le sue intenzioni pacifiche», dice il presidente nel corso del suo messaggio settimanale alla Nazione. E aggiunge: «Le prove della costruzione del nuovo impianto sono un’ulteriore azione di disturbo della politica di sotterfugi dell’Iran che mette a repentaglio la non proliferazione globale».In serata è intervenuto anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che al telefono con il presidente della Camera dei rappresentanti statunitense Nancy Pelosi - secondo quanto riferito dal sito web di Haaretz - ha detto: «È giunto il momento di agire per fermare il programma nucleare iraniano. Se non ora, quando?». Un messaggio che prelude a due ipotesi: un inasprimento delle sanzioni al Consiglio di Sicurezza dell’Onu o un eventuale intervento militare.

LIBERO-Alessandro Carlini:" L'Iran tira la corda, via ai test missilistici" 

c'è un NO di troppo, manca un YES 

 

Anche Carlini sottolinea i cambi di tono, dando rilievo all'accecamento dei nemici, un modo iraniano per dire forse riprendiamo i controlli dell'Aiea, che sono sempre serviti alla bisogna. 

Questa volta Ahmadinejad rischia grosso. Non solo si vanta di aver creato scompiglio tra la comunità internazionale per aver annunciato un nuovo sito nucleare segreto, ma dice anche di essere pronto al lancio di missili, un’esercitazione militare in programma per oggi. Non sembra che il presidente iraniano voglia la pace.

Barack Obama si è ritrovato nelle mani il ramoscello d’ulivo che ha provato più volte a porgere al regime iraniano. I tentativi di convincere Teheran a non giocare sporco col suo programma atomico continuano a fallire. «È cambiato lo scenario», annuncia la stampa americana, che in poche ore si è ritrovata con un presidente riluttante ma determinato anche a indossare l’elmetto. Obama non esclude nessuna soluzione, compresa quella militare, per evitare che l’Iran arrivi all’atomica. La formula usata è quella solita: «Non escludiamo nessuna opzione quando è in gioco la nostra sicurezza nazionale ma preferiamo una soluzione diplomatica». Ieri, nel suo discorso del sabato, è apparso teso, rispetto allo storico intervento pacifista che ha fatto nei giorni scorsi all’Onu. Ha ribadito che l’Iran deve dimostrare che le sue sono «intenzioni pacifiche» e ha sottolineato che il nuovo impianto di Qom per l’arricchimento dell'uranio rappresenta «una seria sfida al regime internazionale di non proliferazione». «Per questo - ha aggiunto il presidente - guardiamo con rinnovata urgenza ai negoziati internazionali con l’Iran previsti per il primo ottobre».

Mentre l’Occidente pensa alla diplomazia, e al cosiddetto incontro “5+1” a Ginevra, fra Iran e Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania, a Teheran continua il tipico balletto dei regimi, quel mix di aperture e minacce, che non lascia presagire nulla di buono. Il capo dell’Organizzazione atomica iraniana, Ali Akbar Salehi, ha detto che vi sarà un'ispezione del nuovo impianto “al momento giusto”. E Ahmadinejad continua a dire che lì non viene prodotta tecnologia atomica per creare delle testate in grado di polverizzare i Paesi vicini, a partire da Israele. Ma la macchina della propaganda di Teheran, intanto, come le centrifughe dei suoi impianti nucleari, lavora a pieno regime. «Il sito diventerà presto operativo - ha detto Mohammad Mohammadi-Golpayegani, capo dell’ufficio della Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei - e accecherà gli occhi dei nemici». A premere i pulsanti saranno ancora una volta i Pasdaran, il corpo d’elite del regime, i più indottrinati, sono loro che controllano i programmi militari più avanzati e delicati del Paese, compreso quello missilistico. E il “bersaglio” dell’Iran, Israele, chiede che venga subito fermata la corsa all’atomica di un regime che vorrebbe la distruzione dello Stato ebraico.

Obama sente la pressione di Tel Aviv e del loro «siamo pronti a farlo da soli», e al contempo deve tenere insieme una “coalizione” creata in pochi giorni. La Russia lo seguirebbe su nuove sanzioni, ma non oltre, mentre la Cina tenta ancora di mediare, prima di tutto per salvare i suoi cospicui interessi commerciali con il regime di Teheran. Anche Londra frena, con il ministro degli Esteri David Miliband che giudica «da pazzi» un’azione militare.

LA STAMPA- Francesca Paci: " Adesso nessuno crederà più ad Ahmadinejad"

Lo crede fermamente Ali Ansari, che però non conosce le virtù della diplomazia, quanto cieca e suicisa può essere, pur vivendo nel paese di Chamberlain.

Non sono Obama con Ahmadinejad

 

Teheran ha più di un impianto per l’arricchimento dell’uranio ma secondo Ali Ansari, uno dei massimi esperti d’Iran, non gli servirà a molto. «Premere sull’acceleratore è stato un passo falso» sostiene il fondatore dell’Institute for Iranian Studies e consulente del think tank Chatham House. L’estrema sfida alle Nazioni Unite, spiega Ansari mentre ragiona sulle notizie delle ultime 48 ore, denuncia il vicolo cieco in cui si è infilato il regime degli ayatollah.
Finora gli analisti concordavano sul fatto che Teheran rifiutasse di collaborare con l’Aiea per guadagnare tempo. Ora, a sorpresa, comunica l’esistenza dell’impianto di Qom. Qual è la logica?
«Ahmadinejad è in difficoltà, sa che il suo governo è debole e agisce in modo irrazionale. Rivelare che i lavori per l’arricchimento dell’uranio vanno avanti nonostante il veto dell’Onu è una risposta interna alle proteste contro il risultato delle elezioni di giugno. E probabilmente, con l’intelligence occidentale alle calcagna, il regime non aveva altra scelta. Ma ha sbagliato. Chi si fiderà ancora dei diplomatici iraniani che s’impegnassero a negoziare? Dal voto in poi il governo ha collezionato un errore dietro l’altro, è nel caos».
Intanto ha messo il mondo di fronte al fatto compiuto.
«Nel contesto della risoluzione 1737 l’esistenza dell’impianto di Qom è una bruttissima notizia. Per due anni abbiamo temuto che l’Iran potesse ignorare le minacce e andare avanti di testa propria, ora sappiamo che l’ha fatto. E se ci fossero altri impianti? Ieri giuravano d’averne uno, oggi dicono due, come credere alle prossime affermazioni? Il problema però, ce l’ha anche Teheran: da chi otterrà ascolto domani?».
L’intelligence americana ritiene che, a giudicare dalle sue dimensioni, l’impianto possa essere utilizzato a fini nucleari entro un anno, massimo due. Cosa ne pensa?
«Un anno è un’ipotesi verosimile. Ma mostrare i pugni non servirà: Ahmadinejad è uno sciocco. Dove vuole arrivare? Che strategia ha? Come provano le prime reazioni dei leader del mondo, l’effetto immediato è stato un aumento della sfiducia nei suoi confronti».
Si rafforzerà la posizione della destra israeliana che preme per bombardare preventivamente l’Iran?
«Non credo sia tempo di bombe. Se fossi Israele aspetterei. Questo è il momento delle sanzioni dure, come chiedono Francia e Gran Bretagna. L’Iran sta implodendo, la miccia è all’interno del Paese, il governo è stretto in un angolo».
Obama ha chiesto che gli ispettori abbiano accesso al nuovo impianto. Cosa accadrà dopo l’incontro di giovedì a Ginevra?
«L’Iran acconsentirà sulla carta a nuove ispezioni, prenderà tempo, tra un mese ricomincerà a lavorare al programma nucleare».
Il presidente russo Medvedev preme perché Teheran fornisca «prove convincenti» sulle intenzioni pacifiche del suo programma nucleare. A che gioco sta giocando la Russia?
«Mosca è l’attore chiave di questa partita, protegge l’Iran ed è possibile che abbia un ruolo di primo piano nella disinformazione che confonde le acque. Solo che la Russia gioca per se stessa. Se dovesse intravedere una convenienza diretta potrebbe cambiare tavolo. Come la Cina. E’ importante capire quanto Pechino sapesse del secondo impianto di Qom».
Come si stia muovendo Obama?
«E’ molto più astuto del predecessore Bush. All’inizio ha teso la mano a Teheran a rischio di attirarsi le critiche dei falchi. Invece, evidentemente, stava aspettando il risultato dell’indagine dell’intelligence. Ora che l’Iran ha palesemente violato la risoluzione Onu, potrebbe contare su un consenso diffuso anche se adottasse la linea dura».
E la Gran Bretagna? Il premio Nobel iraniano Shirin Ebadi ha accusato Londra di essere troppo timida con gli ayatollah.
«Il problema non è Londra, l’Europa agisce in ordine sparso. Anche l’Italia, per esempio, potrebbe essere più incisiva se non pensasse solo alla propria politica energetica. Gli iraniani sono frustrati, nonostante Ahmadinejad commetta errori su errori resta in sella grazie alla macchina della propaganda, come ai tempi dell’Urss. Ma attenzione, il governo di Teheran è nel caos».

LA REPUBBLICA- Larry King: " La rabbia di Ahmadinejad, chi ci attacca se ne pentirà"

Larry king con Ahmadinejad

E così Larry King, il re di nome e di fatto dei Talk Show americani, ha ricevuto Mahmoud Ahmadinejad nel suo salotto televisivo. Queata è la trascrizione di quanto si sono detti. Ci chiediamo però il perchè di tanta cortesia da parte di Larry King, il quale, tra l'altro, è pure ebreo. Ah, dimenticavamo l'indice di ascolto, il vero Re che stabilisce ciò che vediamo in Tv.

Il presidente Nicolas Sarkozy accusa l´Iran di condurre la comunità internazionale su una strada pericolosa; il primo ministro britannico Gordon Brown dice che a causa della serie di atteggiamenti mistificatori dell´Iran che si succedono da molti anni ormai alla comunità internazionale non resta altra scelta se non quella di tracciare un limite. Qual è la sua reazione?
«Ebbene, le dichiarazioni del presidente Sarkozy e del premier Brown non godono di una profonda credibilità e dal nostro punto di vista ciò che essi dicono non riveste una grande importanza. Se hanno il coraggio, dovrebbero risolvere i problemi che si trovano di fronte in Francia e in Gran Bretagna. Chi sono loro per decidere per altri nel mondo? Sta forse scritto nei regolamenti della Aiea che Francia e Gran Bretagna possono fare dichiarazioni di questo tipo di loro iniziativa? Noi siamo uno Stato membro di questa Agenzia e non siamo una sottocategoria rispetto alla Gran Bretagna o alla Francia. Si ha l´impressione che vivano ancora nell´epoca coloniale. Quel periodo appartiene al passato».
Non le crea problemi il fatto che dicano queste cose?
«No, per niente, per noi non conta. Conta invece ciò che dice il presidente Obama»
Vuol dire che...?
«Non ci aspettavamo che il presidente Obama in meno di 48 ore violasse, nella sostanza dei fatti, l´impegno di cui ha parlato davanti alle Nazioni Unite. Lì il presidente Obama ha dichiarato di voler mettere in atto un cambiamento, di voler introdurre dei cambiamenti e noi questo lo auspichiamo. Sono convinto che il popolo americano abbia la speranza che questi cambiamenti si avvereranno, così come l´hanno molte altre Nazioni nel mondo. La nostra impressione è che dare al presidente americano una informazione che non è corretta non contribuisca a migliorare la reputazione degli Stati Uniti nel mondo; e credo che lui si sia assunto come missione quella di ripristinare l´immagine degli Stati Uniti nel mondo in qualche modo, quindi questa sua dichiarazione è stato un passo molto debole e illogico».
La preoccupa il fatto che di fronte a queste azioni Israele possa decidere di agire contro di voi?
«No. No. Assolutamente»
Non pensa che potrebbero decidere di colpirvi? Non ha paura che possano colpirvi, colpire questo nuovo sito nucleare?
«No. Lei conosce l´Iran? Lei ha mai visitato l´Iran?».
Non ci sono mai stato.
«L´Iran è un Paese enorme. È un Paese vasto. Ha alle spalle una civiltà antica di settemila anni, una civiltà e una storia molto importanti. Ha un grande popolo. Al confronto, il regime sionista è troppo piccolo e poco potente, per mettere in atto un´aggressione reale contro l´Iran. Non hanno la capacità di muovere un´aggressione contro l´Iran.
Potrebbero, potrebbero. Potrebbero farlo. Potrebbero… Lei non la vede come una minaccia seria…
«Non faranno questo errore. Perché la risposta che riceverebbero da noi sarebbe una di cui si pentirebbero».

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