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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.09.2009 Turchia e Armenia pronte a normalizzare i rapporti
Cronaca di Antonio Ferrari

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 settembre 2009
Pagina: 19
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «Turchia e Armenia pronte a normalizzare i rapporti»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/09/2009, a pag. 19, l'articolo di Antonio Ferrari dal titolo " Turchia e Armenia pronte a normalizzare i rapporti ".

 L’Armenia contesta alla Turchia di non vo­ler riconoscere il genocidio dei suoi connazionali

La pazienza, la costanza e la determinazione a volte vinco­no e producono notizie di cui andar fieri. Turchia e Armenia, dopo decenni di gelo, hanno deciso — con la mediazione el­vetica — di normalizzare i loro rapporti, finora inesistenti. In­tendono scambiarsi gli amba­sciatori, scongiurare nuovi conflitti e correggere assieme le incomprensioni del passato. Quasi sempre l’ottimismo non rientra nel quadro grigio e confuso della politica e degli interessi, ma la manifestazio­ne di buona volontà offerta dai due Paesi disegna prospettive importanti: inimmaginabili fi­no a poco tempo fa. Addirittu­ra sembravano un sogno quan­do l’anno scorso, sfidando ata­vici rancori, il presidente della Repubblica turca Abdullah Gul decise, incurante dei fischi, di sedersi accanto al suo omolo­go armeno Serge Sarkisian per assistere alla partita di calcio tra le due nazionali che cerca­no un posto al Campionato del mondo. Quando si tratta di fa­re la pace occorre superare ostacoli improvvisi, e magari utilizzare colpi di maglio verba­li. Come ha fatto Sarkisian, ri­schiando di vanificare un anno di sforzi diplomatici con l’an­nuncio che, in assenza di un negoziato vero, non sarebbe andato in Turchia per la partita di ritorno, il 14 ottobre prossi­mo. Ieri i ministri degli Esteri dei due Paesi si sono finalmen­te accordati: sostenendo che entro sei settimane, una bozza per la normalizzazione delle re­lazioni sarà sottoposta ai ri­spettivi parlamenti. L’Armenia contesta alla Turchia di non vo­ler riconoscere il genocidio dei suoi connazionali, tra il 1915 e il 1917; la Turchia, che fu il pri­mo Paese a riconoscere l’Arme­nia dopo il crollo dell’Urss, chiuse le sue frontiere nel 1993 quando le forze armene si mobilitarono nell’enclave cristiana del Nagorno-Kara­bakh, quindi nel territorio del­l’alleato Azerbaijan.
Contenzioso pesantissimo. Ma la volontà può superare qualsiasi ostacolo. E ora Anka­ra e Erevan si preparano a defi­nire i dettagli su quattro impe­gni: normalizzazione delle rela­zioni, con apertura delle sedi diplomatiche; creazione di commissioni che dovranno analizzare ogni controversia; ri­discussione dell’accordo di Kars (1921) sui confini tra Tur­chia e Armenia; apertura delle frontiere e avvio di scambi commerciali.
Inutile ricordare che una spinta decisiva è stata data in aprile dal presidente degli Sta­ti Uniti Obama, che ha incon­trato i due ministri degli Este­ri. Ma non si può sottacere co­me
il progetto di accordo con­tenga importanti capitoli eco­nomici e strategici. Neutralizza­re l’ostilità dell’Armenia favori­sce i disegni della Turchia, sempre più intenzionata a di­ventare l’irrinunciabile canale di transito di tutte le risorse energetiche dell’area verso l’Europa. Certo, l’Azerbaijan, ricco di gas e petrolio, può ave­re qualche ragione di risenti­mento con Ankara (il Nagor­no- Karabakh è una ferita aper­ta), di cui però non può fare a meno. Ancora una volta, quin­di, quanto è accaduto confer­ma la linea vincente del pre­mier turco Erdogan. Se norma­lizzazione vi sarà davvero, è an­che e soprattutto merito suo.

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