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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.08.2009 Restituire l’onore a soldati e ufficiali che si sono ribellati alla guerra di Hitler e che per questo sono stati fuci­lati
Il Parlamento di Berlino voterà la setti­mana prossima una legge

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 agosto 2009
Pagina: 17
Autore: Mara Gergolet
Titolo: «Germania anno zero: restituito l’onore ai 'traditori' di Hitler»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/08/2009, a pag. 17, l'articolo di Mara Gergolet dal titolo " Germania anno zero: restituito l’onore ai 'traditori' di Hitler ".

 Ludwig Baumann, presidente dell’associa­zione delle «Vittime della giustizia milita­re nazista»

BERLINO — Cancellare tutte le sen­tenze dei tribunali militari di Hitler. Ria­bilitare i «traditori di guerra». Restitui­re, almeno dopo la morte, l’onore a quei soldati o ufficiali che si sono ribellati, o hanno anche solo dubitato, della guerra di Hitler, e che per questo sono stati fuci­lati.
Il Parlamento di Berlino voterà setti­mana prossima una legge che finalmen­te riabilita — dopo 60 anni — le vittime militari del terrore nazista. Saranno an­nullate, simbolicamente, 100 mila sen­tenze di condanna ai lavori forzati e 20mila condanne a morte. L’atto finale di una battaglia, iniziata negli anni ’90. Perché prima, nella repubblica federale, i disertori e i «traditori» erano ritenuti, non solo di fronte alla legge (dove anco­ra per pochi giorni lo sono) ma anche al­l’opinione pubblica, dei criminali.
«Per me — dice Ludwig Baumann — è un sogno che si realizza». Parla piano, ha 87 anni, ed è il presidente dell’associa­zione delle «Vittime della giustizia milita­re nazista». È la sua vittoria. Era un ragaz­zo ventenne quando a Bordeaux decise di disertare con l’amico Kurt Olden­bruck. Destinazione America, attraverso l’Africa del Nord. «Volevo vivere, non vo­levo uccidere». Aveva la rivoltella carica, ma non sparò, quando lo presero al confi­ne. Quaranta minuti di processo, la con­danna alla fucilazione. La pena fu poi tra­mutata in 12 anni di lavori forzati al la­ger di Turgau, quindi l’arruolamento nel battaglione «per il fronte dell’Est», un bi­glietto di prima fila, sola andata, per Sta­lingrado. L’amico Kurt morì nell’assedio, lui miracolosamente tornò a casa.
Un ritorno che, per disertori come lui e per i «traditori di guerra» sopravvissu­ti, fu una seconda persecuzione. «Erava­mo, penalmente, dei pregiudicati, per cui tanti lavori ci erano preclusi». Un de­stino di povertà e la gente che ti insulta «Kameradenschwein» (camerata di m.) perché ti sei salvato.
Il fisico distrutto dal­le catene, le malattie prese nel lager, il blackout delle emozioni. Bau­mann,
racconta, cominciò a bere e ebbe la forza di smettere solo quando la mo­glie morì, lasciandolo con una figlia di 6 anni. «Eravamo dei reietti».
L’aria cambia appena negli anni No­vanta. I sondaggi mostrano che il 90 per cento dei tedeschi era pronto a «perdo­nare » i disertori, il governo Schröder si impegna, poi la guerra del Kosovo nel ’99 — la prima alla quale Berlino prende parte dal 1945 — blocca tutto. «Perché fu così difficile? Perché assolvere noi si­gnificava condannare tutti gli altri solda­ti che erano rimasti a combattere con Hi­tler
». Nel 2002, finalmente, una legge riabi­lita i disertori. Ma non i traditori di guer­ra.
Chi erano, veramente, questi ultimi? Dopo la dichiarazione di «guerra totale di Hitler» che non distingueva tra mezzi militari e civili, bastava poco per «tradi­re » il Paese (il cosiddetto reato di
Krieg­sverrat ): procurarsi un foglio di viaggio, confessare durante una licenza a una donna o in un’osteria che le cose sul fronte andavano male, aiutare un ebreo. Baumann ricorda il caso di un ufficiale di cui diven­ne amico nel lager di Turgau, Johann Lukaschitz: fu fucilato con i suoi 76 uomini, perché non rivelò che teneva­no riunioni in stile sovietico.
Eppure, ancora nel 2007, nei loro con­fronti c’è molto sospetto. «Anche secon­do i canoni attuali si sono comportati in modo riprovevole — disse un importan­te politico della Csu, Norbert Geis —. Hanno danneggiato i propri compagni con comportamenti illegali». Profanatori del vincolo solidale tra ca­merati, opportunisti che pensavano solo a salvare la propria pelle: molti, nel campo conservatore, la pensano così. E «la messa in pericolo dei commilito­ni » è la motivazione con cui, ancora nel 2008, il mi­nistro della Giustizia, Bri­gitte Zypries (Spd), rifiu­ta la loro riabilitazione. Una convinzione falsa, per gran parte degli storici. «Non c’è nep­pure un caso documentato — dice l’auto­revole storico militare, Manfred Messer­schmidt — in cui sia stata veramente messa in pericolo la vita di altri soldati». Invece, dice, si può fare il nome di più di un soldato fucilato perché sul diario ave­va
scritto che la guerra era persa.

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