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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
26.08.2009 Obama apre l’inchiesta contro la Cia ma certifica legittimità e legalità della guerra al terrorismo di Bush
Analisi di Maurizio Molinari, Christian Rocca

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Maurizio Molinari - Christian Rocca
Titolo: «Cheney all'attacco: ' Obama mette in pericolo gli Usa' - Obama apre l’inchiesta contro la Cia ma certifica legittimità e legalità della guerra al terrorismo di Bush»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/08/2009, a pag. 8, due articoli di Maurizio Molinari titolati " Cheney all'attacco: ' Obama mette in pericolo gli Usa' " e " Il procuratore di ferro che ispirò un film di Martin Scorsese " e la sua intervista a Robert Baer, ex capo stazione in Medio Oriente con ventun anni di Cia alle spalle, dal titolo " E' l'Abu Grahib dei servizi segreti ". Dal FOGLIO, in prima pagina, l'analisi di Christian Rocca dal titolo "  Obama apre l’inchiesta contro la Cia ma certifica legittimità e legalità della guerra al terrorismo di Bush". Ecco gli articoli:

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Cheney all'attacco: ' Obama mette in pericolo gli Usa' "

 Maurizio Molinari

Dick Cheney si scaglia contro l’Amministrazione Obama per la decisione di iniziare un’inchiesta sugli interrogatori condotti dalla Cia su detenuti sospetti di terrorismo. L’ex vicepresidente ha affidato a un comunicato scritto la replica al ministro della Giustizia, Eric Holder, «Le informazioni di intelligence ottenute grazie agli interrogatori condotti con tecniche dure hanno salvato delle vite» afferma Cheney, riferendosi agli agenti della Cia come a «persone che meritano la nostra gratitudine e non di essere gli obiettivi di indagini politiche».
L’ex vice di Bush lo scorso aprile aveva già criticato la scelta dell’Amministrazione di declassificare i memorandum che alzavano il velo sugli «interrogatori rafforzati» e ora attacca frontalmente l’inquilino della Casa Bianca. «La decisione del presidente Barack Obama di consentire al Dipartimento della Giustizia di indagare e forse incriminare agenti della Cia e la sua decisione di togliere la responsabilità degli interrogatori alla Cia per assegnarla alla Casa Bianca servono solo a ricordare, se ve ne fosse bisogno, perché un così alto numero di americani nutre dei dubbi sulla capacità di questa Amministrazione di essere responsabile della sicurezza della nazione». La tesi dunque è che, mettendo sotto accusa il personale di Langley, la Casa Bianca indebolisce un’architrave della sicurezza nazionale, esponendo gli Stati Uniti alla minaccia di nuovi attacchi. Ecco perché Cheney termina ribadendo che «le attività svolte dalla Cia per realizzare le politiche dell’Amministrazione Bush hanno portato a sconfiggere tutti i tentativi di Al Qaeda di lanciare ulteriori attacchi per infliggere vittime in massa agli Stati Uniti d’America».
In sintonia interviene Joe Lieberman, il senatore indipendente del Connecticut che fu a fianco del repubblicano John McCain nella campagna presidenziale del 2008: «Non dobbiamo mai dimenticare che dall’11 settembre 2001 l’America non ha subito nuovi attacchi e che se questo è avvenuto è anche per il merito del lavoro degli agenti della Cia».
La Casa Bianca non risponde a Cheney, mentre Holder va avanti, declassificando gran parte delle 109 pagine di un rapporto interno sugli abusi imputati agli agenti della Cia. Il documento, redatto nel 2004 dall’ispettore generale della Cia, è stato oggetto di una causa vinta dall’Unione delle libertà civili americane (Aclu) e aggiunge dettagli sulle «tecniche di interrogatorio rafforzato» adoperate nelle «prigioni all’estero della Cia»: minacce di molestie sessuali verso i famigliari dei detenuti, esecuzioni simulate, gesti intimidatori con pistole cariche, il waterboarding. Per Holder si tratta di «tecniche disumane» proibite dalla legge americana e dunque perseguibili.
Ma non finisce qui. Secondo la Abc, 36 delle 109 pagine del rapporto sono state censurate per motivi di sicurezza nazionale, e tra i fatti omessi ci sarebbe anche la morte di tre detenuti mentre erano in custodia degli americani. Due uomini sono morti in Iraq e uno in Afghanistan. Di altri ancora non si è saputo più nulla.

Il FOGLIO - "  Obama apre l’inchiesta contro la Cia ma certifica legittimità e legalità della guerra al terrorismo di Bush"

 Christian Rocca

Aleggere i giornali sembra che Barack Obama abbia deciso di perseguire penalmente i responsabili della lotta al terrorismo della precedente Amministrazione e di cambiare radicalmente rotta rispetto al recente passato. Non è così. Bush e Cheney, o le loro politiche, non finiranno alla sbarra. La scelta del ministro della Giustizia, Eric Holder, di nominare un procuratore per indagare su dieci abusi commessi nei primi anni della guerra al terrorismo da agenti della Cia, in realtà legittima l’architettura giuridica costruita da George W. Bush all’indomani dell’11 settembre e certifica che le “tecniche avanzate di interrogatorio” elaborate dai legali di Bush, per quanto non condivise da Obama, fossero perfettamente legali. Va ricordato, inoltre, che la Casa Bianca ha contemporaneamente ribadito che non mollerà le “extraordinary rendition”, ovvero la pratica di catturare terroristi all’estero e trasferirli in paesi terzi dove le norme sugli interrogatori sono meno rigide. L’America di Obama continuerà a negare l’habeas corpus, qualsiasi diritto processuale, alla gran parte dei detenuti di Guantanamo, un carcere peraltro ancora ben lontano dall’essere chiuso e semmai pronto a essere sostituito con analoghe strutture ad alta sicurezza dislocate in territorio americano. Gli altri prigionieri, invece, saranno trasferiti in paesi stranieri, come aveva cominciato a fare Bush, oppure giudicati in apposite corti militari speciali molto simili a quelle approvate dal Congresso negli anni passati. Poi c’è il caso di Bagram, in Afghanistan, la prigione più dura del complesso militare americano, un “buco nero” a un passo dai campi di battaglia dove sono stati commessi i veri abusi e alcuni detenuti sono entrati vivi e usciti morti, eppure ignorato (e confermato) da Obama. Infine c’è l’uso massiccio dei droni, gli aerei senza pilota che da quando Obama è entrato alla Casa Bianca hanno sganciato 34 missili sul Pakistan provocando centinaia di vittime, anche civili. C’è chi comincia a chiedersi se sia moralmente più accettabile catturare i capi talebani e interrogarli anche in modo duro, come si faceva prima, oppure ucciderli dall’alto con un missile sganciato da un aereo telecomandato da una base in New Mexico, come si fa adesso. Ma è l’inchiesta annunciata ieri da Holder a tenere banco, assieme alla rivolta della Cia contro la decisione dell’Amministrazione. L’indagine, affidata da Holder al procuratore federale John Durham, è soltanto “preliminare”. Il compito, cioè, non sarà di stabilire se sono stati commessi reati nella conduzione degli interrogatori, ma se sia davvero il caso di aprire un’inchiesta penale nei confronti dei responsabili dei dieci abusi, un’ipotesi già archiviata ai tempi di Bush e ignorata dal Congresso in modo bipartisan. Il secondo punto, trascurato dai giornali, è quello che ha fatto infuriare le associazioni dei diritti civili, gli intellettuali antibushiani e anche qualche deputato e senatore del Partito democratico: l’inchiesta annunciata lunedì, infatti, non riguarda le linee guida autorizzate dal dipartimento di stato di Bush, cioè non mette in dubbio la legittimità delle “tecniche avanzate di interrogatorio”, tra cui il famigerato annegamento simulato (waterboarding), ma dovrà concentrarsi soltanto su questi dieci singoli abusi “che non hanno tenuto conto o sono andati oltre le disposizioni dettate dagli uomini di Bush. Obama ha tenuto un profilo basso, ma è stato chiarissimo: “Coloro che hanno agito in buona fede e all’interno delle linee guida (di Bush, ndr) non dovranno essere perseguiti”. Per il resto ha mantenuto un profilo bassissimo e ha spiegato che si tratta di un’iniziativa del suo ministro. L’apertura dell’inchiesta preliminare nasce dalle raccomandazioni di un comitato etico della Giustizia a proposito di un rapporto interno del dipartimento del 2004, ma reso pubblico l’altroieri in seguito a una richiesta di un’associazione dei diritti civili. Gli abusi in questione sono minacce con pistola e trapano elettrico puntati alla tempia, ma nel primo caso il responsabile è stato già punito. Ancora: minacce di uccidere i figli o di stuprare la madre di Khalid Sheikh Mohammed, l’ideatore dell’11 settembre, nel caso di un’altra strage in America; finte esecuzioni nella stanza accanto; pressione manuale sulla carotide fin quasi allo svenimento del detenuto; getto di fumo del sigaro in faccia; strofinio del corpo con spazzole dure; posizioni stressanti; uso smodato, in violazione delle norme di Bush, del waterboarding; e un caso in cui l’agente della Cia si è messo in piedi sulle catene legate alle caviglie del prigioniero. Il rapporto aggiunge che da questi interrogatori sono state ottenute informazioni fondamentali per identificare altri terroristi e fermare altre stragi. Non solo: il rapporto spiega che i detenuti hanno cominciato a fornire le informazioni più importanti soltanto dopo essere stati sottoposti a interrogatori brutali, non prima. Il nuovo direttore della Cia Leon Panetta – nominato da Obama per guidare l’intelligence, ma pare già pronto a dimettersi più per la decisione di Holder di avviare l’inchiesta che per la scelta della Casa Bianca di affidare all’Fbi gli interrogatori dei superterroristi – ha difeso l’Agenzia, ricordato che le accuse sugli abusi erano state già archiviate dai legali di carriera, non politici, della precedente Amministrazione e pure dalle commissioni del Congresso e, soprattutto, ha confermato che “una cosa è chiara: da questi detenuti la Cia ha ottenuto informazioni che prima non aveva”. Magari non era questo il modo di ottenerle, ma in quelle vorticose settimane post 11 settembre il risultato è stato raggiunto. Panetta, infine, ha tolto il segreto a quei due rapporti che da mesi chiedeva l’ex vicepresidente Dick Cheney. Le tecniche avanzate di interrogatorio, si legge in uno dei due, “sono un pilastro cruciale dell’azione antiterrorismo degli Stati Uniti, perché hanno aiutato a sventare numerosi piani d’attacco”.

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Il procuratore di ferro che ispirò un film di Martin Scorsese "

 John Durham

Nemico giurato di agenti e politici corrotti dalla criminalità organizzata, titolare dell’inchiesta ancora in corso sui 72 nastri di abusi della Cia andati misteriosamente distrutti ed elettore repubblicano in uno Stato democratico come il Connecticut, John Durham è il procuratore federale al quale spetta indagare sui reati commessi dagli agenti di Langley interrogando sospetti terroristi.
Per il grande pubblico la scelta di Durham evoca il film «The Departed», che il regista Martin Scorsese basò su una storia di infiltrazione della mafia italoamericana nei ranghi della polizia di Boston e dell’Fbi, rifacendosi a un’indagine che fu proprio il procuratore del Connecticut a condurre nel 1999, su mandato dell’allora ministro della Giustizia Janet Reno ai tempi di Clinton. La lotta alla corruzione all’interno delle forze dell’ordine lo ha visto più volte protagoniste delle cronache, come nel 2002 con un’inchiesta ancora più clamorosa: fece condannare a dieci anni l’agente dell’Fbi John Connolly per aver protetto due informatori riusciti a corrompere i poliziotti che stavano indagando su un imponente giro di racket nel New England. Anche l’ex governatore del Connecticut, John Rowland, si trovò a fare i conti con la determinazione di Durham, quando raccolse le prove che era stato corrotto con fiumi di dollari - assieme ad altri noti politici locali - dalla ramificazione di Cosa Nostra.
L’esperienza maturata nella lotta ai funzionari pubblici che violano la legge ritenendosi intoccabile ha spinto il ministro della Giustizia Eric Holder a vedere in lui il procuratore più adatto per indagare sugli interrogatori condotti dalla Cia a Guantanamo, in Iraq, in Afghanistan e nelle località delle prigioni segrete. Anche perché non si tratta di un liberal di sinistra ma di un moderato conservatore, che non può essere considerato portatore di pregiudizi nei confronti dell’intelligence. Nel profilo conservatore di Durham c’è il premio alla carriera che gli fece avere John Ashcroft, primo ministro della Giustizia dell’Amministrazione Bush, come anche la decisione del successore Michael Mikasey di affidargli nel 2008 l’indagine sulla distruzione delle 72 cassette con le immagini degli interrogatori più duri condotti dagli agenti di Langley.
Chi lo conosce da vicino, come l’ex procuratore generale del Connecticut Kevin O’Connor, lo considera un «uomo di fermi principi, giusto e capace di lavorare duro a ritmi davvero incredibili», la cui maggiore qualità è «di non guardare in faccia nessuno, conducendo inchieste scomode ai media come chiudendole anche se questo gli comporta critiche molto severe». Hugh Keefe è invece uno degli avvocati difensori del Connecticut che spesso si sono trovati a duellare in tribunale con le tesi sostenute da Durham. A suo dire «è in grado di distinguere molto bene le persone buone da quelle cattive» e anche di «comprendere quando sono i buoni a essersi comportati molto male». Al momento il suo unico avversario dichiarato è Joe Lieberman, senatore indipendente del Connecticut, che gli rimprovera di aver accettato «un’inchiesta che avrà effetti negativi su uomini e donne nell’intelligence che lottano contro i terroristi».

La STAMPA - Maurizio Molinari : " E' l'Abu Grahib dei servizi segreti "

 Robert Baer

La Cia deve sottomettersi alla legge come hanno fatto le forze armate dopo Abu Ghraib». E’ questa la chiave di lettura del braccio di ferro fra governo e intelligence che viene da Robert Baer: l’ex capo stazione in Medio Oriente con ventun anni di Cia alle spalle, le cui esperienze hanno ispirato il film «Syriana» interpretato da George Clooney e premiato con l’Oscar.
Perché fa il paragone con gli abusi avvenuti a Abu Ghraib?
«Ad Abu Ghraib i militari americani commisero abusi sui detenuti e vennero processati per questo. L’esercito riconobbe le violazioni dei codici, delle leggi, e adottò dei provvedimenti. Ora è la Cia ad aver commesso abusi e torture nei confronti di detenuti e ne deve rispondere allo stesso modo. Gli agenti responsabili devono essere processati come è stato per Lynddie England, la soldatessa delle foto di Abu Ghraib».
Perché allora Leon Panetta, direttore della Cia, si oppone?
«Tenta di salvare ciò che resta della Cia, ma sbaglia. Se accettiamo l’idea che siamo in guerra con il terrorismo dall’indomani dell’11 settembre 2001 e che dunque la Cia svolge compiti militari contro Al Qaeda, allora i suoi agenti devono rispondere alla legge proprio come avviene per i soldati delle forze armate impegnati in combttimento. Soprattutto se ci troviamo di fronte a palesi atti criminali».
A che cosa si riferisce?
«Alla morte violenta di Manadel al-Jamadi, il prigioniero iracheno messo dentro un sacco di plastica e picchiato fino a ucciderlo ad Abu Ghraib nel 2003 durante gli interrogatori condotti dall’intelligence americana. Poi vi sono le false esecuzioni: anche in questo caso si tratta di atti proibiti dai codici militari in vigore, che sono stati invece compiuti da agenti della Cia che si consideravano al di sopra della legge. Nessun cittadino può ritenersi tale».
Come prevede che finirà l’inchiesta sugli interrogatori Cia affidata al procuratore John Durham?
«penso che si risolverà con un nulla di fatto. Durham è un repubblicano, è stato addirittura premiato dall’Amministrazione di George W. Bush. Lo hanno scelto come atto dovuto, dopo la decisione di un tribunale di declassificare i documenti sugli interrogatori su richiesta dell’Unione delle libertà civili. Indagherà, ma gli esiti saranno scarsi. Per spingere la Cia a fare i conti con la legge servono altri rimedi».
A che che cosa pensa?
«A una commissione di inchiesta del Congresso. come furono quelle guidate da Church e Pike dopo il Vietnam e il Watergate. Portarono a riscrivere le regole dell’intelligence americana dopo gli eccessi degli Anni 50 e 60. Oggi serve qualcosa di simile per portare alla luce quanto è avvenuto negli ultimi anni. Per quanto riguarda invece delitti come l’assassinio di al-Jamadi, la Cia deve darsi dei propri Grand Giurì, sul modello delle corti marziali militari, al fine di giudicare i propri uomini impegnati in zone di guerra».
Perché l’ex vicepresidente Dick Cheney accusa il governo Obama di mettere a rischio la sicurezza nazionale a causa delle indagini sulla Cia?
«Cheney sta tentando di difendere ciò che ha fatto alla Casa Bianca per otto anni. Dietro gli ordini dati alla Cia di andare oltre le regole sugli interrogatori previste dal manuale delle forze armate ci sono le disposizioni che lui contribuì in maniera determinante a dare. Se dovesse esservi una nuova commissione Church-Pike sarebbe lui il primo a dover rispondere. Il Congresso prese l’iniziativa per riportare l’intelligence nella legalità anche dopo lo scandalo Iran-Contras durante l’Amministrazione Reagan. E’ ora di rifarlo». \
Dopo la guerra del Vietnam e il Watergate, il Congresso decise di indagare sull’operato della Cia. Fra il 1975 e il 1976 le commissioni, presiedute dal senatore democratico Frank Church e dal deputato James Pike svelarono gli assassinii, compiuti o tentati, di Lumumba, Trujillo, Diem e Fidel Castro. Sulla base delle rivelazioni il presidente Gerald Ford ordinò all’Agenzia americana per lo spionaggio all’estero di non uccidere più leader stranieri. Per effetto del lavoro delle commissioni il Congresso varò le leggi «Fisa» e «Fisc» per la sorveglianza dell’operato dell’intelligence. Le commissioni Church-Pike lasciarono poi il posto alla commissione Intelligence.

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