Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 04/08/2009, a pag. 40, l'articolo di Toni Jop dal titolo " Quei piccoli nazi in Sud Tirolo pasciuti nell’assenza di memoria ".
Sud Tirolo
Qualcosa è sfuggito di mano al robusto sistema sudtirolese: la memoria. Tra valli serene, montagne pulite, città e villaggi impeccabili, turisti silenziosi e mazzate di legge a chi beve al volante, che ci fanno quei ragazzetti vestiti come piccoli nazisti? È storia attuale e conviene ricordare che la scoperta di questo sottoscala angoscioso del presente è dovuta proprio alla Volkspartei, al vecchio partito unico di raccolta di tutti i sudtirolesi di lingua tedesca. Sono stati loro, da sempre al governo della Provincia più autonoma d’Europa a collezionare e denunciare le prove che a Naturno, piccolo centro molto bello, decine e decine di quattordicenni avevano ricostituito la HitlerJugend.
Qui in Sud Tirolo negli anni recenti si è assistito alla crescita sorprendente dei partiti di estrema destra, in particolare dei Freiheitlichen, tra i quali di tanto in tanto serpeggia un filo di trattenuto antisemitismo. Ma da qui alle divise naziste, addosso a dei ragazzini poi, ne corre. Tuttavia, non puoi aspettarti che questo in un luogo della terra che non ha avuto il modo di fare i conti col proprio passato.
Lo sostengono non solo i pochissimi ebrei tirolesi, residuo di una comunità prima della guerra numerosa e fiorente, ma anche un buon numero di politici, di lingua italiana e della stessa Volkspartei. In Germania la presa di coscienza è avvenuta, è stata profonda, autentica e, come osservava recentemente Cohn Bendit, ha portato a fare oggi della Germania uno dei baluardi della democrazia mondiale. Ma in Austria questo non è avvenuto, nonostante le sue responsabilità nelle atrocità del nazismo siano non secondarie rispetto a quelle tedesche. La digestione della storia non c’è stata nemmeno in Sud Tirolo che ha dato al nazismo più SS che soldati della Wehrmacht e, ai lager hitleriani, tutti gli ebrei che aveva a disposizione. Ne son tornati una decina.
Qualcuno ha chiesto scusa? Qualcuno ha provato ad attivare meccanismi di risarcimento? Qualcuno ha notato riflessioni autocritiche? In attesa di risposte, proprio in questi giorni si è riunito per la prima volta, per volontà della Provincia e sulla scia della rinata Hitlerjugend, il «Tavolo sull’estremismo giovanile». È qualcosa, nonostante il pudore con cui si evita di chiamare col proprio nome l’emergenza filo-nazista.
Se non si vuole cadere dalle nuvole mentre si spalanca la bocca di fronte a dei ragazzetti da niente vestiti come piccoli hitleriani, conviene ricordare e sapere. Per esempio, che solo recentemente gli alti dirigenti della Svp hanno risposto agli inviti a partecipare alle commemorazioni della Shoah. Questo significa che per oltre quarant’anni le hanno disertate. È pazzesco o no? Significa che per altrettanto tempo i vertici del partito hanno deciso di affrontare il peso di una enorme scorrettezza politica pur di testimoniare la loro distanza rispetto alla questione ebraica in quella terra.
È un dato sconcertante, ma troppo poche voci, anche se autorevoli, hanno rilevato nel corso dei decenni che questa scelta affermava con arroganza una volontà politica che avrebbe dovuto far sobbalzare la democratica Europa. Nessuno sapeva? Così come pochi sapevano che in questa terra aveva trovato rifugio, e a lungo, uno dei più vergognosi infami della storia dell’umanità, il dottor Mengele, torturatore di donne e bambini nei campi, ricercato dalle polizie di tutto il mondo. Ma per garantire la copertura a un peso massimo di questo genere, è davvero sufficiente una piccola rete tecnica o piuttosto è indispensabile un «velo» socialmente rilevante?
In questa terra non si parla volentieri di nazismo. Ma c’è indulgenza. L’anno scorso, un libro edito in Germania ha accusato il direttore del Museion, Nicolussi Leck, di aver attivamente collaborato alla rete che ha aiutato la fuga dei gerarchi nazisti dalla Germania ben dopo la fine della guerra. Colpo di scena: il signor Leck - deceduto pochi mesi dopo lo scoop, in età avanzata - era praticamente un «penitenziale»: aveva dichiarato che la vita sarebbe stata una espiazione continua per il male che aveva fatto duerante la guerra. Durante, non dopo. Si era nascosto in Sudamerica, da lì lo avevano ripescato alcune frange destre della Svp e riportato in patria. Stava, come diceva, elegantemente «espiando» alla testa di una delle più prestigiose istituzioni culturali tirolesi quando è arrivata la notizia che aveva fatto il furbo con le sue responsabilità nel più grande crimine contro l’umanità mai commesso al mondo. Nessuno è perfetto. Nemmeno chi ha curato i pannelli storico-informativi sulle comunità religiose del Meranese che distraggono i passeggeri in transito alla stazioncina di Maia Bassa. Hanno pensato di descrivere quanto sono stati bravi gli ebrei nel fare questo e quello ma non c’è una sola parola sul fatto che quella comunità - diversamente da tutte le altre - non esiste più perché è stata bruciata nei campi.
Sotto questa luce, i lupetti hitleriani di Naturno sono davvero meno sorprendenti. Avevamo chiesto un’intervista su questi temi al presidente della Provincia, il dottor Luis Durnwalder. Abbiamo insistito per mesi ma si è sempre rifiutato di rispondere. Perché, spiega, non se la sente di pronunciarsi su persone e situazioni di cui non è diretto testimone. Discrezione?
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