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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
24.07.2009 Osama, ti si è ristretta la famiglia
l'articolo di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 24 luglio 2009
Pagina: 10
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Ucciso il giovane Bin Laden»

Guido Olimpio racconta sul CORRIERE della SERA di oggi, 24/07/2009, a pag.10, con il titolo " Ucciso il giovane Bin Laden " l'eliminazione del figlio del più famoso Osama. Eccolo:

 Saad Bin Laden, da vivo

Quando, nel settembre 2008, Saad Bin Laden ha lasciato l’ac­cogliente rifugio iraniano per raggiungere l’area tribale pachi­stana ha fatto un errore fatale. Forse lo hanno seguito speran­do che li portasse al padre, il fantomatico Osama. Un piano che ha portato invece alla sua eliminazione con un paio di missili Hellfire sparati da un drone americano. Non è nota la data né il luogo: «All’80-85 per cento è stato ucciso», è l’indi­screzione americana. Più pru­denti i pachistani che dicono di non avere informazioni preci­se.
Il destino di Saad rischia di essere simile a quel del ben più famoso genitore. Nato 29 anni fa in Arabia Saudita, ha seguito Osama nell’esilio sudanese (1991-96), spostandosi poi in Afghanistan. Dopo la caduta di Kabul, il giovane Bin Laden ha trovato rifugio con altri due fra­telli e una dozzina di capi qaedi­sti in Iran. Gli ayatollah li han­no messi sotto sorveglianza in residenze dei pasdaran ma han­no permesso loro di impartire ordini. Saad e l’egiziano Saif El Adel — secondo informazioni di intelligence — hanno avuto un ruolo nella strage alla sina­goga di Djerba (aprile 2002, 19 morti) e in altri attentati, in Ma­rocco e nella stessa Arabia Sau­dita.
Complice il lungo soggior­no in Iran, Saad si è trasforma­to nel canale di comunicazione privilegiato tra Al Qaeda e l’Ar­mata Qods, l’apparato dei pa­sdaran coinvolto in azioni terro­ristiche. Teheran e i qaedisti non si sono mai amati, ma in al­cune occasioni hanno agito con­giuntamente in funzione an­ti- americana. Ed è in questo quadro che Saad avrebbe com­piuto una missione — nel 2006 — tra Siria e Libano per stabili­re un patto con l’Hezbollah.
Nel settembre 2008, Saad ha lasciato l’Iran ed ha raggiunto l’area tribale in Pakistan. Uno spostamento accompagnato da varie ipotesi: «Ha voluto unirsi al padre»; «Ha incontrato l’egi­ziano Al Zawahiri». Voci accol­te con scetticismo dagli speciali­sti per i quali il trentenne Bin Laden ha ricoperto solo ruoli se­condari.
Uscendo dalla sua tana, Saad ha accettato il rischio di essere scoperto. Nella regione di confi­ne afghano-pachistana opera­no i droni della Cia. Robot con
licenza di uccidere che hanno già liquidato 22 bersagli di «al­to valore» e decine di militanti. Spesso aiutati da spie nei villag­gi: la Cia ha fornito loro delle «cimici» — costano una venti­na di euro — che lasciano una traccia per i missili. Al Qaeda ne è talmente preoccupata che ha redatto un libro per mettere in guardia i suoi uomini. Saad è diventato uno dei «trofei» dei Predator americani? I qaedisti non hanno paura di annunciare il «martirio» dei loro leader e dunque è strano che non l’ab­biano fatto. Magari non ne so­no certi e preferiscono lasciare nell’incertezza anche il nemico.

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