Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 15/05/2009, in prima pagina, la notizia dal titolo " Il viaggio del Papa è un disastro di pubbliche relazioni " e gli articoli titolati " Muro e muri" e " Netanyahu chiede a B-XVI di alzare la sua voce contro l'Iran ". Dal GIORNALE, a pag. 19, il commento di R. A. Segre dal titolo "Io, ebreo, vi dico: è un gran papa ". Dalla REPUBBLICA, a pag. 15, la cronaca di Marco Politi dal titolo " Stato palestinese, Netanyahu gela il Papa " e l'intervista di Fabio Scuto a Ahmad Yussef, consigliere politico di Ismail Haniyeh, dal titolo " Hamas: 'Se fosse venuto a Gaza l´avremmo accolto a braccia aperte'" preceduti dal nostro commento. Ecco gli articoli:
Il FOGLIO - " Il viaggio del Papa è un disastro di pubbliche relazioni”
Il viaggio del Papa è “un disastro di pubbliche relazioni”, ha scritto l’Economist. Il settimanale britannico contesta a Benedetto XVI, nel discorso allo Yad Vashem, l’omissione del numero delle vittime della Shoah (di cui “non attribuisce la colpa”) e il riferirsi agli ebrei “uccisi” anziché “assassinati”. Per l’Economist queste sono soltanto le ultime di una serie di “gaffe” iniziata con la riabilitazione dei Lefebvriani.
Il GIORNALE - R. A. Segre : " Io, ebreo, vi dico: è un gran papa "
Molto discutibile l'analisi di Dan Segre, soprattutto quando sostiene che in Israele sarebbero molti ad augurarsi la fine della barriera difensiva. Forse Segre ci sta troppo poco, sennò si renderebbe conto che quella opinione è totalmente minoritaria. Ma, come si dice, de gustibus....
Se come tutti si augurano, il pellegrinaggio del Papa si concluderà senza incidenti, gli israeliani tireranno un grosso sospiro di sollievo a tutti i livelli: politico, militare , teologico e protocollare. Di per sé questo pellegrinaggio ha rappresentato per Gerusalemme un grande successo ma solo col tempo sarà possibile misurare il suo reale impatto. Tre elementi emergono già con evidenza.
La personalità di Benedetto XVI. All’inizio impacciata, apparentemente incerta, offuscata da quella esplosiva, estroversa , popolare del suo predecessore, oppressa da una origine tedesca in un paese che con la Germania ha un conto tragico sempre aperto, è riuscita a ritagliarsi un’immagine locale e internazionale che nessun altro luogo avrebbe potuto offrirgli. È l'immagine di un servo del divino, di un anti star, che per citare un passaggio della preghiera giornaliera ebraica, chiede di «essere verso tutti polvere». In merito della quale i commentatori aggiungono: «Non è scritto da nessuna parte che questa polvere sia calpestabile».
Il Papa non si è lasciato "calpestare" né da quegli ebrei che ritenevano dovesse chiedere perdono per la divisa nazista vestita in gioventù né dalla petulanza politica islamica palestinese che gli chiedeva di denunciare Israele. L'immagine che il papa lascia in Israele è quella di un uomo di fede accolto con sospettoso onore e salutato con rispetto e comprensione.
Ciò che ha detto in favore della sovranità palestinese e contro i muri di separazione (prima fra i cuori poi fra i territori) è condiviso qui da molti. La sua condanna dell'antisemitismo, la sua volontà di non convertire nessuno, il rigetto di ogni manipolazione della religione allo scopo di giustificare la violenza, l'odio e le divisioni, è stata apprezzata come la sua preoccupazione per il futuro dei cristiani non solo in Israele, in continua diminuzione anche se con piena libertà di culto, ma nel resto del mondo, incluso quello islamico dove le persecuzioni dei cristiani sono all'ordine del giorno.
Contrariamente al pellegrinaggio di papa Wojtyla, la personalità di Benedictus XVI è stata al centro ma non ha dominato la scena politica e mediatica. Ha piuttosto avuto un forte effetto educativo su un Paese - e al di là delle sue frontiere - in cui l'ignoranza e il pregiudizio nei confronti della cristianità hanno radici antiche. La Chiesa di Roma è apparsa in tutta la sua grandezza rituale e spirituale anche nei confronti delle altre chiese. Ha messo in evidenza l'intreccio linguistico, storico, liturgico fra il giudaismo e la cristianità, facendo emergere il problema dell'apoliticità, tanto nel cristianesimo quanto nell'ebraismo, dell'ebreo Gesù. Ha auspicato per i cristiani nel Medio Oriente un ruolo di punta come veicolo di pace, non di ostilità. Infine questa visita papale ha permesso agli israeliani troppo presi dai loro problemi di sicurezza di misurare l'immenso patrimonio umano, culturale, religioso, del loro Paese e la responsabilità di difenderlo e condividerlo con gli altri. Un Paese che con tutti i suoi problemi e difetti si è trasformato in uno dei pochi laboratori di ricerca di soluzioni di due problemi mondiali - il ritorno della religione nella politica e la collaborazione della tradizione con la modernità - in un quadro democratico di libertà.
Il FOGLIO - " Muro e muri "
Milano. “La posizione della Santa Sede è sempre stata questa”. Padre Federico Lombardi era corso subito ai ripari, mercoledì a Betlemme, ribadendo la continuità di linea della diplomazia vaticana sul conflitto israelo-palestinese. Da un punto di vista formale è vero. Nel dicembre 2001 si svolse in Vaticano una sorta di riunione di vertice della gerarchia (c’erano Angelo Sodano e il ministro degli Esteri Jean-Louis Tauran) sulla situazione della Terra Santa in cui furono ribadite alcune condizioni di “diritto ed equità” ritenute indispensabili. Tra esse, accanto alla “sicurezza dello stato di Israele” e alla “nascita di uno stato palestinese”, c’era anche la “soluzione equa per i rifugiati palestinesi”. Posizione che del resto risale addirittura all’enciclica “Redemptoris nostri” del 1949, in cui Pio XII scriveva che “la situazione di questi profughi è così incerta e precaria, che non potrebbe protrarsi più a lungo”. Va poi ricordato che Giovanni Paolo II visitò, a sua volta, un campo profughi palestinese, quello di Dheisheh. Ma a chi abbia dimestichezza con questa complessa storia diplomatica non è sfuggito che il tono del suo discorso del 2000 fu differente, assai meno politico: “Spero e prego che la mia visita rechi un po’ di consolazione nella vostra difficile situazione”, si limitò in pratica a dire, esprimendo il desiderio che “a Dio piacendo, essa contribuirà ad attirare attenzione sulla vostra continua sofferenza”. Benedetto XVI ha invece espresso “solidarietà a tutti i palestinesi senza casa, che bramano di poter tornare ai luoghi natii, o di vivere permanentemente in una patria propria”. Oggettivamente diverso, come anche il giudizio sul “Muro” a Betlemme. Per quanto quell’accenno finale alla necessità di “rimuovere i muri che noi costruiamo attorno ai nostri cuori” abbia suscitato l’impressione di una voluta attenuazione. Ma scendendo sul terreno politico, secondo Giorgio Israel, il Papa “ha messo in luce un disequilibrio sconcertante” che “rischia di distruggere in un sol colpo tutti gli effetti positivi della prima fase del viaggio”. Mentre Fiamma Nirenstein ha liquidato la formula dei due stati come “diventata tipica fra chi vuole mettersi l’anima in pace”. E l’Economist, pur limitandosi alla visita allo Yed Vashem, presenta un pezzo al vetriolo sulle “gaffe diplomatiche” del Papa
Il FOGLIO - " Netanyahu chiede a B-XVI di alzare la sua voce contro l'Iran "
Nazareth. Nel convento squadrato dei frati francescani di Nazareth, sopra le file interrotte di cipressi e palmizi, ieri pomeriggio Benedetto XVI ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il primo ministro ha chiesto al Papa di “alzare la sua voce morale contro la minaccia iraniana”. L’Iran – ha detto Netanyahu – sta minando la pace in medio oriente e nel mondo. “Noi vogliamo la pace con i palestinesi, ma soltanto quel tipo di pace che porta la sicurezza. Non vogliamo dominare un altro popolo, ma nemmeno vogliamo che uno stato terrorista appoggiato dall’Iran ci cresca accanto, per mettere a repentaglio la sicurezza di Israele”. Il Papa, che ha insistito sul suo appoggio alla battaglia contro l’antisemitismo in tutto il mondo, ha replicato che l’estremismo deve essere combattuto e gli elementi moderati devono essere aiutati. Non è possibile sapere se Benedetto XVI ha ripetuto il suo appello a una soluzione a due stati. Se così fosse, per Netanyahu sarebbe stata la seconda volta in poche ore. Il premier in mattinata era volato sul mar Rosso, ad Aqaba, per un incontro lampo con re Abdullah di Giordania, che nell’ultima settimana è diventato il sostenitore più insistente di un piano di pace a brevissimo termine con i paesi arabi, “altrimenti sarà guerra”. Abdullah domenica scorsa era volato a Damasco per incontrare un potente dell’altro fronte, il presidente siriano Bashir al Assad e domenica – vigilia dell’incontro americano tra Netanyahu e Obama – vedrà il presidente Peres, la cui influenza sul governo è in forte ascesa. Ieri è trapelato un messaggio che Obama ha fatto arrivare a Gerusalemme in preparazione dell’incontro: “Non attaccate l’Iran a sorpresa”. Dopo 15 minuti a porte chiuse, nella saletta Casanova sono entrate la delegazione vaticana formata dal cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone e tre monsignori e quella israeliana di sei consiglieri, per parlare del succo diplomatico di questa visita papale: lo statuto fiscale e patrimoniale della chiesa cattolica in Terra Santa e il problema dei visti israeliani ai religiosi.
La REPUBBLICA - Marco Politi : " Stato palestinese, Netanyahu gela il Papa "
Politi scrive : " Netanyahu ha ribattuto con una sua frase classica: «Non vogliamo dominare un altro popolo, ma non vogliamo nemmeno che sorga accanto a noi uno Stato terrorista, appoggiato dall´Iran, che mette in pericolo la sicurezza di Israele». Eppure poche ore prima, incontrando ad Amman il re di Giordania, Netanyahu si era già sentito dire da Abdullah II che l´esplicito impegno di Israele per i «due Stati» rappresenta un pre-requisito indispensabile per la pace in Medio Oriente.". Come risulta ben comprensibile dalle parole di Netanyahu, Israele e il suo premier non sono contrari alla nascita di uno Stato palestinese. Sono contrari alla nascita di uno Stato controllato da Hamas e dall'Iran che mette in pericolo la vita degli israeliani. Questa è la tattica manipolatoria di REPUBBLICA: riportare correttamente le dichiarazioni di una persona reinterpretandole in chiave negativa e strumentalizzandole. In ogni caso Benyamin Netanyahu, nel suo discorso all'AIPAC ( pubblicato in inglese nella rassegna stampa di IC) ha dichiarato esplicitamente su quali punti si articolerà il suo impegno per la formazione dello Stato palestinese. Leggendo l'articolo di Marco Politi, però, risulta evidente che il giornalista non ha mai ascoltato il discorso di Netanyahu nè ne ha letto il testo. Ecco l'articolo:
NAZARETH - La lingua di Abramo e di Mosè è risuonata per la prima volta in una messa papale per portare l´omelia ai fedeli. Non poteva che succedere a Nazareth, il luogo dell´Annunciazione. Papa Ratzinger ha predicato in inglese, invitando musulmani e cristiani a «respingere il potere distruttivo dell´odio e del pregiudizio» e a lavorare per la riconciliazione e la solidarietà. Poi una sintesi del discorso papale è stato tradotta per i trentamila fedeli in arabo e - personalmente dal Custode di Terrasanta padre Pizzaballa - in ebraico.
L´arabo è la lingua corrente liturgica dei palestinesi cristiani, ma gli ebrei cattolici non sono più di cinquecento in tutto Israele. Il gesto di Benedetto XVI nasce dalla volontà di mostrare l´universalità della fede cristiana e, qui in Terrasanta, di sottolineare che la Chiesa non è legata a nessuna etnia e non parteggia per una parte. Ai vespri il pontefice si è rivolto espressamente ai giudeo-cristiani, indicandoli come espressione delle comuni radici con l´ebraismo.
Nazareth è stata in anni recenti ha assistito ad una prova di forza dei fondamentalisti islamici, che volevano una grande moschea proprio di fronte alla basilica dell´Annunciazione. Il governo israeliano ha bloccato il progetto, ma gli strascichi sono rimasti. Perciò il pontefice nella sua omelia ha citato le tensioni esplose fra cristiani e musulmani, e ha invitato i credenti di entrambe le fedi a «riparare il danno» e a impegnarsi nella coesistenza pacifica.
Dopo il tour di Benedetto XVI in terra palestinese e la sua appassionata denuncia del Muro, gli occhi di tutti erano però puntati sui colloqui tra il pontefice e il premier Netanyahu, che si sono svolti nel convento francescano. Chi si aspettava un colloquio scontroso non conosce lo charme che Netanyahu sa sfoggiare. Ratzinger, che dopo la pausa pomeridiana è arrivato un po´ in ritardo, si è scusato con il premier. Ma Netanyahu ha ribattuto amabilmente: «Per lei, Santità, avrei aspettato anche più a lungo». Poi i due, per quindici minuti a quattr´occhi, hanno duellato con garbo e sotto il sorriso il premier ha rivelato la sua scorza dura. Netanyahu ha invitato il Papa a condannare l´antisemitismo di Ahmadinejad, spiegando che contrastare la minaccia di un Iran nucleare favorisce la pace. Benedetto XVI ha replicato sottolineando l´impegno continuo della Santa Sede contro l´antisemitismo.
Il breve dialogo è stato fra sordi. Al Papa che chiedeva di far avanzare il processo di pace, favorendo i moderati palestinesi e isolando gli estremisti, Netanyahu ha ribattuto con una sua frase classica: «Non vogliamo dominare un altro popolo, ma non vogliamo nemmeno che sorga accanto a noi uno Stato terrorista, appoggiato dall´Iran, che mette in pericolo la sicurezza di Israele». Eppure poche ore prima, incontrando ad Amman il re di Giordania, Netanyahu si era già sentito dire da Abdullah II che l´esplicito impegno di Israele per i «due Stati» rappresenta un pre-requisito indispensabile per la pace in Medio Oriente.
Quando Benedetto XVI ha chiesto maggiori autorizzazioni per le «riunificazioni familiari» di cattolici con parenti, che vivono in Giordania o nei Territori palestinesi, il premier ha risposto che non poteva fare discriminazioni a favore di una sola religione. L´incontro si è poi allargato al cardinale Bertone e alle delegazioni vaticana e israeliana, che trattano le questioni bilaterali. Netanyahu ha promesso al pontefice di accelerare i negoziati sulle questioni fiscali e di favorire un maggior numero di visti ai sacerdoti cattolici provenienti da altri paesi arabi. Le autorità israeliane hanno appena fatto uno sgarbo al Vaticano, rifiutando 500 visti multipli.
In serata, parlando ai giornalisti Netanyahu ha dichiarato che «Benedetto XVI condanna tutte le forme di antisemitismo e di odio». Quindi ha auspicato ulteriori passi verso la «riconciliazione tra Chiesa Cattolica e ebrei».
Il pellegrinaggio del Papa si conclude oggi. Ieri nella basilica dell´Annunciazione, durante l´incontro con esponenti di varie religioni, c´è stato un altro fuori programma: quando un rabbino ha proposto una preghiera per la pace Ratzinger ha afferrato la mano di un imam musulmano e del rabbino Rosen, che gli stava accanto, e insieme hanno ascoltato in raccoglimento un salmo ebraico sulla pace.
La REPUBBLICA - Fabio Scuto : " Hamas: "Se fosse venuto a Gaza l´avremmo accolto a braccia aperte" "
La credibilità di Repubblica, ormai, è ai minimi livelli. Intervistare un terrorista di Hamas attribuendo autorevolezza e importanza alla sua opinione su Israele e sulla visita del Papa ha dell'incredibile.
Ovviamente Yussef e Scuto si rammaricano del fatto che fra le tappe del viaggio di Benedetto XVI non sia stata inclusa la Striscia di Gaza...sarebbe stata un'ottima occasione di propaganda velenosa contro Israele "oppressore". Yussef dichiara, tra le altre cose : " Guardi, noi di Hamas non abbiamo davvero nessun problema di rapporti con la Santa Sede, né nella Striscia abbiamo problemi di carattere religioso con la comunità cristiana" . Sarà perchè la comunità cristiana a Gaza si sta riducendo di anno in anno? Più avanti si legge : " L´Islam, e noi stessi che ne siamo parte, siamo assolutamente favorevoli al dialogo inter-religioso, noi vogliamo dialogare con tutte le religioni.". Il fatto che Hamas abbia scritto nel suo Statuto che uno degli obiettivi da raggiungere è la distruzione di Israele e dei suoi cittadini ebrei, come pure le posizioni riguardo l'occidente espresse dai fondamentalisti islamici stonano con quest'affermazione...ma Scuto non si sogna di contraddire il terrorista. Anzi. Non è grave intervistare un terrorista, la sua opinione può essere interessante ascoltarla. Grave è tenergli bordone. Ecco l'intervista:
«Sarebbe stato bello se il Pontefice fosse venuto a Gaza, per vedere le condizioni nelle quali è costretto più di un milione e mezzo di persone e lo avremmo accolto con grande piacere. Certo capiamo le condizioni politiche e di sicurezza che regolano queste visite e che questo avrebbe creato una serie di problemi diplomatici e di protocollo. Ma se fosse venuto nella Striscia sarebbe stata un´occasione storica per spezzare l´assedio anche solo per un giorno». Ahmad Yussef, consigliere politico del leader di Hamas a Gaza Ismail Haniyeh, commenta così la visita di Papa Benedetto XVI in Israele e nei Territori palestinesi occupati. «In ogni caso anche se non è venuto a Gaza crediamo che sia una visita importante per tutto il popolo palestinese, mercoledì a Betlemme e oggi a Nazareth (ieri, ndr) il Pontefice ha avuto modo di vedere le condizioni della Cisgiordania occupata».
Alcuni imam, come quello di Nazareth, hanno sollevato critiche al viaggio del Pontefice...
«Guardi, noi di Hamas non abbiamo davvero nessun problema di rapporti con la Santa Sede, né nella Striscia abbiamo problemi di carattere religioso con la comunità cristiana. Ci possono essere delle posizioni personali di qualcuno ma questo mi sembra normale. L´Islam, e noi stessi che ne siamo parte, siamo assolutamente favorevoli al dialogo inter-religioso, noi vogliamo dialogare con tutte le religioni. Avrà notato il calore e il rispetto con cui l´ha accolto il muftì di Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme».
Questa visita contribuirà a creare un nuovo clima per la ripresa nel negoziato di pace?
«Voglio chiarire subito un possibile equivoco e cioè che la causa palestinese non è mai stata una causa religiosa, nel nostro popolo ci sono islamici, cattolici e ortodossi. E tutti vogliamo la stessa cosa: uno Stato palestinese. Quello che chiediamo al Papa è di aiutarci per quanto è nelle sue possibilità a riavere i nostri legittimi diritti».
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