Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Khatami si ritira dalle elezioni in Iran La cronaca di Paolo Salom e l'analisi di Tatiana Boutourline
Testata:Corriere della Sera - Il Foglio Autore: Paolo Salom - Tatiana Bouturline Titolo: «Iran, riformisti in ordine sparso. E Khatami rinuncia - Khatami si ritira dalla corsa presidenziale iraniana e lascia il passo a candidati 'flou'.Ahmadinejad sorride»
Sulla decisione di Khatami di ritirarsi dalle elezioni in Iran, riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/03/2009, a pag. 9, l'articolo di Paolo Salom dal titolo " Iran, riformisti in ordine sparso. E Khatami rinuncia " e dal FOGLIO l'analisi di Tatiana Boutourline dal titolo " Khatami si ritira dalla corsa presidenziale iraniana e lascia il passo a candidati “flou”. Ahmadinejad sorride ". Ecco gli articoli:
CORRIERE della SERA - Paolo Salom " Iran, riformisti in ordine sparso. E Khatami rinuncia "
Contrordine. Mohammed Khatami getta la spugna. Il leader riformista, già presidente dell'Iran per due mandati dal 1997 al 2005, non si candiderà — come stabilito cinque settimane fa — contro l'attuale capo dello Stato, e portabandiera dei radicali, Mahmoud Ahmadinejad, alle prossime elezioni del 12 giugno. La decisione, confermata ufficialmente ieri sera, ha colto di sorpresa il campo dei moderati. Khatami, di fronte alle annunciate candidature di altri esponenti riformatori, ha giudicato «minime» le possibilità di battere Ahmadinejad. Said Leylaz, suo consigliere, ha spiegato che era inevitabile dopo la «discesa in campo» di Mir Hossein Mousavi, premier molto popolare durante l'epoca della sanguinosa guerra con l'Iraq, negli anni Ottanta. Mousavi, un passato da conservatore, con la scelta di correre per il campo dei «liberali» avrebbe, nella visione di Khatami, maggiori possibilità di rubare voti ad Ahmadinejad. La corsa di un altro riformista, l'ex presidente del Parlamento Mehdi Karroubi, ha infine compromesso in partenza la posizione di Mohammed Khatami. «La cosa più importante — ha dichiarato ieri Leylaz — è prevenire la rielezione di Ahmadinejad, non di far eleggere Khatami. Le chance di avere un presidente riformista si ridurrebbero al lumicino se ci presentassimo con più di un candidato ». Secondo l'agenzia di stampa iraniana Mehr, Khatami avrebbe confermato questa visione: «Gli avversari vogliono dividere i nostri sostenitori. Non è nel nostro interesse. Consideriamo poi che diversi conservatori appoggiano la candidatura di Mousavi». Aggiungendo poi: «Mousavi è popolare e sarà in grado di portare a termine i suoi piani. Preferisco che sia lui a rimanere in corsa». Tanta sportività, a parole, nasconde in realtà un forte disappunto. «Mohammed Khatami — ha detto ancora il suo consigliere Said Leylaz — si è molto offeso perché si è sentito tradito » da Mousavi. Soprattutto perché si era consultato con lui prima di dirsi disponibile per le imminenti presidenziali. L'ex presidente, in carica a furor di popolo per due mandati consecutivi, è un leader carismatico che continua a piacere nonostante molti, durante la sua presidenza, si siano detti delusi dalle tante riforme annunciate ma non portate a compimento (anche per la dura ed efficace opposizione dei conservatori). Tuttavia, un suo ritorno al potere, gradito in particolare all'Occidente, avrebbe sicuramente scompaginato gli equilibri di forza a Teheran. Le mosse, nei due campi, vanno lette come un raffinato incontro di scacchi con i «veri» giocatori nascosti dietro l'arbitro. La Guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Alì Khamenei, per esempio, è rimasto finora defilato e, almeno in pubblico, ha evitato di manifestare apertamente le sue preferenze. Che non necessariamente potrebbero andare ad Ahmadinejad, sotto accusa, se non altro, per le sue scelte populiste ma ben poco efficaci in campo economico che hanno portato a un impoverimento generale del Paese, con un'inflazione che al momento supera il 25 per cento. Diversa la posizione di Mousavi, attuale presidente dell'Accademia iraniana delle arti, lui stesso un pittore e un architetto. Un uomo raffinato, insomma, che ha dato prova di polso in un momento tragico per il Paese. Ora, dopo aver scalzato senza tanti complimenti Khatami, dovrà rivelare i suoi progetti di politica estera (il confronto con l'Occidente) e, soprattutto, cosa vorrà fare del programma atomico, voluto con tanta forza da Ahmadinejad.
Il FOGLIO - Tatiana Boutourline : " Khatami si ritira dalla corsa presidenziale iraniana e lascia il passo a candidati “flou”. Ahmadinejad sorride "
Roma. A tre mesi dalle presidenziali iraniane il valzer delle candidature riserva sorprese. Cinque settimane dopo aver annunciato la sua candidatura, Mohammed Khatami esce di scena. I collaboratori lo descrivono “ferito e deluso” e basta mettere in fila le disavventure delle ultime settimane per capire perché il “mullah khandan” (“sorridente” in farsi) ha perso il sorriso. Rimpianto da quanti nel regime vivono con inquietudine l’ascesa dei pasdaran, Khatami è sceso in campo come la “forza benevola” in grado di sconfiggere Mahmoud Ahmadinejad. Appena ha sciolto la riserva però sono iniziati i guai. Che le aspettative nei suoi confronti fossero modeste è stato evidente sin dalle prime battute quando i consiglieri hanno chiarito che l’ex presidente offriva i suoi servigi “per arrestare l’emorragia” e non per “guarire la malattia”. Lontani i giorni in cui filosofeggiava sulla “democrazia islamica”, in tempi di crisi economica e incognite internazionali, Khatami si è presentato come un “buon amministratore” e quasi nessuno gli ha creduto. La sua presidenza ha offerto molta forma e poca sostanza. Il suo profilo intellettuale piuttosto che manageriale ha creato aspettative e poi le ha tradite. Il continuo braccio di ferro con il Consiglio dei guardiani ha da un lato dato l’illusione di un riformismo dall’alto, nei fatti inesistente, (ma utile alle pubbliche relazioni della repubblica islamica) e dall’altro testimoniato una difficoltà di coabitazione con Ali Khamenei. Tra i riformisti che lo avevano invocato come il redentore è spuntata una fronda che ha amplificato i dubbi dell’opinione pubblica ancor prima della nomenklatura circa l’effettiva utilità di Khatami. Gli appelli all’unità sono caduti nel vuoto. L’“amico” Mehdi Karrubi, ambizioso ex presidente del Parlamento, candidato alla presidenza, non soltanto ha rifiutato di mettersi da parte per favorirlo, ma lo ha punzecchiato più volte definendolo “inefficace e ingenuo”. Un altro alleato, l’ex sindaco di Teheran Gholamhossein Karbashi ha sposato la tesi della sua inutilità e annunciato pieno sostegno a Karrubi. Il terzo candidato riformista Mir Hossein Mussavi è uscito allo scoperto la settimana scorsa, subito raffreddando la corsa di Khatami che aveva esplicitamente chiesto a Moussavi di chiarire le sue intenzioni prima di offrirsi come agnello sacrificale. Per una settimana gli strateghi della coalizione riformatrice si sono illusi che la politica dei “tre generali” avrebbe pagato. Si diceva che Khatami, Karrubi e Moussavi avrebbero catturato pubblici diversi nell’elettorato e tra i maggiorenti del sistema e che questo capitale sarebbe poi stato speso da un solo. Khatami sarebbe rimasto solo a dare l’assalto al fortino di Ahmadinejad. Poi però è esplosa la guerra fratricida tra i clan riformisti e l’ipotesi Khatami è crollata come un castello di carte. “ Lascia perché non vuole competere con Mir Hossein Mussavi. L’obiettivo più importante è evitare che Ahmadinejad ottenga un secondo mandato – ha spiegato l’analista Said Leilaz – Le possibilità di far eleggere un riformista si abbasserebbero molto se avessimo una rosa di candidati che concorrono. Moussavi incontrerà meno ostacoli, subirà minori pressioni”. Emarginati dai ruoli che contano i cosiddetti riformisti hanno deciso di puntare su personalità più in linea con l’identità del regime. Gli sterili esercizi intellettuali di Khatami che tanto appassionano gli occidentali adesso sono del tutto inutili. Più funzionale a un recupero di status sarebbe una personalità in grado di dialogare con Khamenei e in rapporti buoni con l’establishment conservatore. Rispondono a questo profilo sia Karrubi, eterno mediatore nelle querelle tra Khatami e Khamenei, sia Moussavi, tanto che Zahra Eshraghi, nipote di Khomeini e cognata di Khatami non lo considera nemmeno “un vero riformista”. Per un Iran che non si illude e non sogna meglio dunque candidati flou, un po’ riformisti e un po’ conservatori, abbastanza pragmatici da poter essere definiti “moderati”, ma senza programmi troppo definiti che possano spaventare gli uni o gli altri. Ma nella rinuncia di Khatami, che certo non è un cuor di leone, hanno pesato anche gli attacchi violenti dei pasdaran. Il comandante Ali Jafari ha annunciato che i bassiji saranno mobilitati per combattere la guerra culturale di chi ha tradito il verbo rivoluzionario. Il quotidiano Kayhan ha messo in guardia Khatami che avrebbe potuto fare la fine di Benazir Bhutto. Il governatore della città di Shiraz gli ha sconsigliato di visitare la città perché il ministero dell’Interno non offriva garanzie sulla sua sicurezza. Senza l’appoggio di Khamenei le insicurezze di Khatami potrebbero essere le insicurezze di tutti. Al momento l’unico a sorridere è, nonostante tutto, Mahmoud Ahmadinejad.
Per inviare la propria opinione a Corriere della Sera e Foglio, cliccare sulle e-mail sottostanti