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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Foglio-L'Opinione Rassegna Stampa
07.03.2009 Iran versus Israele, Stati Uniti, Arabia saudita
le analisi di Alwessandro Schwed,Dimitri Buffa, Il Foglio

Testata:Il Foglio-L'Opinione
Autore: Alessandro Schwed-La direzione-Dimitri Buffa
Titolo: «Che cosa fa dell'Iran il più grande pericolo incompreso della storia d'Israele-La svolta americana con l'Iran-L'Europa dialoga con l'Iran,ma i sauditi no.»

Sul FOGLIO di oggi, 07/03/2009, due articoli sull'Iran.Il primo, a pag.2, di Alessandro Schwed, sul pericolo dell'atomica. Il secondo, a pag.3, un editoriale sulla politica della nuova amministrazione americana. Dall'OPINIONE, l'aritcolo di Dimitri Buffa sui rapporti Iran-Arabia Saudita.

Il Foglio- Alessandro Schwed: " Che cosa fa dell'Iran il più grande pericolo incompreso della storia d'Israele ".

Siamo coperti da distinguo vischiosi come ragnatele sull’effettivo deterrente nucleare di Teheran. L’Iran intanto riposa sulla nostra ariosa accademia, come su un materasso a molle. Ai nostri eventuali, rari, argomenti polemici, l’Iran oppone un’aria offesa: “Noi, pacifici come siamo, fare la bomba atomica? Come vi permettete”. Sottotesto poco velato: “Guardate che vi facciamo bim bum bam”. L’Iran, oggi: protestarsi innocenti e mostrarsi onnipotenti; essere persecutori e presentarsi come perseguitati (sei milioni di israeliani contro la comunità araba mondiale – l’oscura minaccia): tali i binari su cui scivoliamo senza scosse nella Terza guerra mondiale. La cosa divertente, come in una fiaba da manuale, è questo non parlare dell’Iran e questo straparlare di Israele. Accuse di genocidio a Israele, il popolo della Shoah, e buio pesto sul ducetto di Babilonia – anche se il giorno prima o nello stesso momento sta dicendo che l’olocausto è un’invenzione della plutocrazia mondiale ebraica e Israele deve essere spazzato via dal medio oriente. E questo nostro silenzio, quando lui rivendica il diritto alla ricerca nucleare come un artista che lotti per il diritto allo sterminio. E noi? Zitti. Perseguitate le donne iraniane: zitti. Imprigionati gli omosessuali iraniani: silenzio. Apprestata l’arma nucleare: tutto un tacere massiccio e oscuro. Alla minaccia iraniana, la risposta impari del nostro silenzio. Il silenzio è il nostro deterrente alla rovescia. E scendiamo nello specifico professionale di Teheran: l’inesistenza della verità. La non verità di Teheran sta ai nostri silenzi, come la musica sta agli altoparlanti. Non che il sistema-bugia dell’Iran, che nega con sottile umorismo l’utilizzo a scopo militare dell’energia nucleare, sia accettato in senso pieno dall’Europa. Ma la menzogna non viene rigettata, è avallata, e le menzogne di Teheran camminano sulle gambe del nostro silenzio. Cominciamo con dire quello che tutti sanno: hanno le centrali e non le fanno ispezionare; hanno la bomba atomica; se non l’hanno, stanno facendo di tutto per realizzarla in breve con aiuto di Russia e Corea, e dicono che non rientra nei loro piani. Il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica dice che l’Iran detiene 1010 chilogrammi di uranio arricchito, sufficienti per costruire l’arma nucleare: che ci fanno i cioccolatini? Qui, dove noi viviamo, votiamo democraticamente, gli scrutatori della politica si avvolgono in deliranti spagnolismi: “Procediamo con i piedi di piombo”, “non sappiamo se abbiano il materiale fissile”. Facciamo gli esperti sull’esistenza del cappio con cui dobbiamo essere impiccati. Certo, sarebbe curioso che l’Iran possedesse tutto quell’uranio arricchito per farne una collezione di minerali rari nel tinello di Ahmadinejad. Lui farebbe vedere la collezione alle ragazze: “Questa è la mia collezione di uranio arricchito. Ti piace? Ci vengono certi funghi”. La cosa davvero singolare è che quello che non sappiamo ufficialmente dell’Iran, e che sanno anche le sedie, lo potremmo sapere subito con un semplice metodo induttivo. La distanza dall’ora X – in cui sapremo di che colore è il fungo iraniano che non faremo in tempo a descrivere – è rumorosamente scandita dai rintocchi della paura europea, dalla crescita esponenziale del silenzio europeo, dalla progressiva adesione europea all’antisemitismo iraniano, dal nostro entusiasmo e fiducia circa le verità di Hamas ed Hezbollah – che è come credere ciecamente al Lupo Cattivo che dice: “Jalla, sono la nonnina”. Il giorno che sentirete un’armoniosa dichiarazione congiunta Madrid- Teheran sulla politica aggressiva di Israele, scendete di corsa in cantina, perché stanno per piovere megatoni. Ma insiste l’impronunciabile domanda se davvero Teheran stia realizzando la Bomba e poi alla fine si distrae e la tira a noi invece che a Israele. Sì: non sappiamo ufficialmente se l’Iran farà la Bomba, ma non glielo possiamo chiedere al telefono. La domanda “davvero avete la Bomba?” somiglia a un uomo che entra al ristorante e chiede se stanno sul serio cucinando. Eppure l’ha comunicato l’Iran che ha effettuato un test per un missile balistico a due fasi, a combustibile solido con gittata di duemila chilometri circa (fate i conti se, comprendendo il circa, il vostro giardino è sulla traiettoria). Certo: non ci è stato comunicato lo scopo di quel razzo. Ma pare improbabile che Teheran lo abbia approntato per lanciare calzini su Ashkelon.

Il Foglio- " La svolta americana con l'Iran "

Bush considerava l’Iran parte integrante dell’asse del male, un paese con cui non si poteva dialogare. Eppure, a fari spenti, durante la presidenza del terribile texano ci sono stati almeno 28 incontri diplomatici diretti e di alto livello tra americani e rappresentanti del regime islamista di Teheran, sulla situazione in Afghanistan e in Iraq e, a luglio dello scorso anno, anche sulle questioni nucleari. Il dialogo diretto con l’Iran, o attraverso gli alleati, c’è stato anche prima, ma l’approccio di Obama è radicalmente opposto a quello di Bush, soprattutto nella sua esposizione pubblica. Obama ha vinto le primarie democratiche e poi le elezioni dicendo che con i nemici si parla, quindi anche con l’Iran, specie perché ha un ruolo di paese cardine di tutte le crisi mediorientali, da Gaza al Libano, dalla Siria all’Afghanistan all’Iraq. Ma dietro le quinte di questa grande apertura all’Iran, il presidente Obama, con Hillary Clinton e Dennis Ross, sta lavorando senza pausa per convincere la comunità internazionale, sostanzialmente russi e cinesi, ad adottare sanzioni dure contro gli ayatollah, perché in questi primi giorni di presidenza si è reso conto che per cambiare la politica iraniana ha bisogno di intensificare le pressioni economiche sul regime. Bush non c’era riuscito, anche a causa dei toni ultimativi sul bene e sul male che hanno guidato la sua politica estera post 11 settembre e sono culminati nel discorso di inaugurazione del secondo mandato sulla fine delle tirannie. Obama ci sta provando con le buone, mostrando un lato pragmatico, convinto che se tiene aperta la possibilità di incontri diretti con l’Iran, la Russia e la Cina, opportunamente ricompensate su altre questioni, per la prima volta potrebbero essere favorevoli alle sanzioni dell’Onu. Vedremo, se ci riuscirà sarà un capolavoro. In superficie, dunque, c’è la retorica del dialogo con gli ayatollah, l’invito a Teheran a partecipare alla conferenza sull’Afghanistan, la speranza che alle elezioni presidenziali di giugno possa emergere una leadership iraniana più disponibile. Le risposte pubbliche iraniane, per ora, sono di chiusura e di rifiuto, all’insegna di “Obama è come Bush”. Nella sostanza, Obama non ha ancora fatto alcun passo formale a favore del dialogo con Teheran, è sempre ben attento a non escludere l’opzione militare per fermare il programma nucleare e si è limitato a dire che l’America è pronta a offrire la mano, qualora Teheran decidesse di aprire il pugno. L’invito di Hillary Clinton alla nuova conferenza internazionale sull’Afghanistan resta un fatto nuovo. Anche se va ricordato che l’Afghanistan di Karzai è nato in un’analoga conferenza del 2002, a Bonn, riuscita grazie al contributo fondamentale di americani e iraniani.

L'Opinione- Dimitri Buffa: "L’EUROPA DIALOGA CON L’IRAN MA I SAUDITI NO"

Si sente in giro una “voglia matta” di dialogo con l’Iran tanto nell’America di Obama quanto nell’Europa di Sarkozy e della Mekel. Una moda che ha contagiato anche il nostro ministro degli esteri Franco Frattini, almeno fino all’altro giorno quando ha dichiarato che “in questo momento meglio rimandare il viaggio diplomatico previsto perché semberrebbe uno schiaffo alla politica di Israele”. Ma a parte il non piccolo particolare che il regime degli ayatollah muore dalla voglia di distruggere lo stato ebraico, non pochi altri problemi questo mutato atteggiamento europeo e americano nei confronti di Teheran potrebbe provocare anche alle relazioni a medio termine con l’Egitto e soprattutto con l’Arabia Saudita. Tanto per dirne una, alcune recenti affermazioni di dirigenti iraniani, circa la sovranità di alcune aree del Golfo, hanno ancor più esacerbato le tensioni esistenti fra l’asse iraniano e quello saudita-egiziano. Il quotidiano saudita  governativo Al-Watan ha pubblicato nei giorni scorsi  un duro articolo scritto dal capo della redazione di Riyadh, Suleiman Al-’Uqeili, circa il passato sunnita dell’Iran. Si sa che in quei contesti per  farsi la guerra la prendono molto alla larga: come minimo risalgono ai tempi del Profeta e delle divisioni , dopo la sua morte,  tra la “sunna” e la “scia”. L’articolo, intitolato “I diritti dei sunniti in Iran”, afferma che l’Iran era, una volta, un paese sunnita, ma che la popolazione sunnita era stata costretta a convertirsi allo sciismo durante il 16° secolo. Ecco qualche stralcio:”..fino al 10° secolo dopo l’Egira (cioè il 16° secolo dell’era cristiana), l’Iran era un paese sunnita. Quando Safavid Shah Ismail è asceso al potere nell’anno 907 (502 d.C.), ha costretto i sunniti a convertirsi allo sciismo lasciando loro scegliere fra la conversione e la morte.”  “Era molto zelante nel perseguire la propria missione- spiega l’articolo -  e non aveva esitato a ordinare di uccidere chiunque disubbidisse al suo ordine o non volesse adeguarsi ai suoi voleri. Si dice che più di un milione di sunniti siano stati trucidati durante il suo regno.” Poi l’articolista porta il parallelo con quanto sta accadendo oggi sempre in Iran: “ La politica di persecuzione contro i sunniti è poi continuata attraverso i successivi periodi storici in Persia, e continua a tutt’oggi dopo la Rivoluzione Islamica di Khomeini.” “Sebbene un milione e mezzo dei residenti e nativi di Teheran siano sunniti, non dispongono di una singola moschea in cui pregare, o di un singolo centro nel quale riunirsi – sostiene Suleiman Al-’Uqeili -  mentre allo stesso tempo, Teheran possiede chiese cristiane, sinagoghe ebree e templi zoroastriani. Un cittadino musulmano sunnita non può avere alcun incarico di rilievo in seno allo Stato iraniano, anche se è molto preparato e gode di largo appoggio popolare …” Poi la stoccata finale contro l’occidente distratto: “..in Iran, i chierici e i leader arabi e sunniti vengono uccisi, gli attivisti  vengono arrestati e ci sono tentativi di porre restrizioni alla cultura araba .. nonostante ciò, le organizzazioni internazionali per i diritti umani rimangono silenziose  come se fossero in combutta con il regime dei mullah. .. l’ultima volta che si è denunciato il trattamento degli arabi sunniti in Iran è stato quattro anni fa, quando l’organizzazione Human Rights Watch, nel suo rapporto internazionale per il 2005 … ha affermato che le minoranze etniche e religiose in Iran sono ancora sottoposte alla discriminazione e all’oppressione..” Morale della storia? Occhio ad avvicinarsi troppo con l’Iran perché, Israele a parte, anche i sauditi potrebbero non essere affatto d’accordo con il nuovo corso obamiano della politica estera mondiale. Te lo danno loro il dialogo.

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