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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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La Stampa-Corriere della Sera-Il Riformista-L'Opinione Rassegna Stampa
07.03.2009 Durban II, in ordine sparso
Impresentabili i padroni di casa, Libia,Iran,Cuba

Testata:La Stampa-Corriere della Sera-Il Riformista-L'Opinione
Autore: Giacomo Galeazzi-Bernard-Henry Lévy-Piero Fassino-Umberto Ranieri-Michael Sfaradi
Titolo: «Il Vaticano andrà a Durban II, correggeremo la bozza-Avete fatto bene a muovervi per primi-Frattini doveva aspettare l'Europa-Tutta l'Europa condanni gli antisemiti di Durban»

La decisione del ministro Frattini di non partecipare alla sessione svizzera di Durban II ha svelato ancora una volta il volto della politica italiana, con le sue ipocrisie e ambiguità, come se il ricordo di quanto avvenne alla conferenza del 2001 fosse stato completamente dimenticato. Il Vaticano annuncia la sua partecipazione, chissà, forse vede negli stati canaglia delle pecorelle smarrite, in attesa della parola della Chiesa che salva e purifica. Persino il PD. invece di salutare la presa di posizione netta e chiara del governo, non sfugge a quella regola tutta italiana che vuole da chi è all'opposiziione solo e sempre una risposta negativa, forse l'unico attestato di vitalità in mezza alla crisi che sta vivendo. Fassino, seguendo la linea veltroniana del " non solo ma anche" condanna l'antisemitismo ma vorrebbe una Europa con una politica estera condivisa, come dire che nessuna decisione va presa. Anche Ranieri, che pure non usa mezzi termini nel condannare l'odio verso Israele,  teme che la conferenza si risolva in una tribuna di condanna per lo Stato ebraico. Senza voler affrontare in questa sede quale sia ancora la funzione di un organismo come l'Onu, condizionato da una maggioranza di Stati non democratici, sarebbe sufficiente ricordare chi è a capo della conferenza contro il razzismo ci sono la Libia,l'Iran e Cuba. Non unirsi a gente simile è la posizione più onesta. Ed è quanto sostiene Bernard-Henry Lévy, che per fortuna ragiona fuori dalla logica perversa e fuorviante dei partiti e della Chiesa. Pubblichiamo oggi, 07/03/.2009, la cronaca dalla STAMPA, il pezzo di Fassino dal CORRIERE della SERA, così come dallo stesso giornale l'analisi di Bernard-Henry Lévy, dal RIFORMISTA quella di Umberto Ranieri e dall'OPINIONE quella di michael Sfaradi.    Ecco gli articoli:

La Stampa- Giacomo Galeazzi: " Il Vaticano andrà a Durban II, correggeremo la bozza"

CITTA’ DEL VATICANO
Il Vaticano non segue l’Italia e gli Stati Uniti sul boicottaggio di «Durban II», pur impegnandosi per una modifica del documento programmatico che contiene «affermazioni inaccettabili». La Santa Sede ha confermato ieri di voler partecipare alla seconda conferenza dell’Onu su razzismo e xenofobia che si terrà a fine aprile a Ginevra. Una decisione in controtendenza con Italia, Usa e Canada ma in piena sintonia con la Francia, la «figlia prediletta della Chiesa», che ha anche invocato una posizione comune dell’Unione europea.
Giovedì era stato il ministro degli Esteri Franco Frattini ad annunciare da Bruxelles il ritiro della delegazione italiana dai lavori preparatori a causa delle «frasi aggressive di tipo antisemita» contro lo stato di Israele contenute nella bozza di dichiarazione finale. Il Vaticano, invece, preferisce esserci e cercherà di modificare dall’interno i lavori preparatori, coordinati dalla Libia con la partecipazione di Iran e Cuba. «Bisognerà vedere quale sarà il testo definitivo - spiega l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore alle Nazioni Unite di Ginevra. Si sta lavorando ad una nuova bozza più breve e con modifiche. Bisogna andare avanti con cautela, vedendo se certe obiezioni saranno accolte».
I negoziati procedono, anche se appare piuttosto difficile, almeno al momento, trovare una mediazione rispetto ad una bozza che per adesso accusa Israele di «crimini contro l’umanità», «discriminazioni razziali» contro i palestinesi e di «minacciare la pace internazionale e la sicurezza». Già otto anni fa, in Sudafrica, alcuni Stati tentarono di far entrare nella dichiarazione finale della riunione promossa dall’Onu l’equiparazione «sionismo uguale razzismo».
La presenza di rappresentanti della Santa Sede alle conferenze internazionali promosse dall’Onu «è un fatto assolutamente normale e non implica un giudizio sui documenti in preparazione», precisa il portavoce vaticano padre Federico Lombardi gettando acqua sul fuoco delle polemiche suscitate appunto dalle posizioni emerse nelle sessioni preparatorie riguardo alla questione israelo-palestinese. In merito, padre Lombardi evita ogni commento, rinviando «le valutazioni al documento nella forma in cui sarà poi approvato». La conferenza viene chiamata «Durban II» in riferimento alla precedente conferenza che si svolse nell’omonima città sudafricana e il Vaticano aveva già partecipato al primo summit sul razzismo che era stato accompagnato da analoghe contrapposizioni.
E mentre il Regno Unito ha condizionato la sua partecipazione a un radicale cambiamento della dichiarazione finale, nella Segreteria di Stato vaticana si evidenzia l’importanza di far parte del processo di preparazione della conferenza. Un contributo a stemperare le tensioni, a partire dalla rimozione dal testo-base della definizione di Israele come «entità straniera occupante». Per poi arrivare alle «parti inaccettabili» e alle «tesi aggressive e antisemite» stigmatizzate nuovamente ieri dalla Farnesina.

Corriere della Sera- Bernard-Henry Lévy: " Avete fatto bene a muovervi per primi"

Tutti ricordiamo la Conferenza Onu sul razzismo di Durban, nel 2001, che si concluse qualche giorno prima dell'11 settembre.La conferenza si svolse nella città dello stesso nome, in Sud Africa, sotto l'egida delle Nazioni Unite. E tutti abbiamo presente nella memoria il terribile spettacolo offerto dai rappresentanti delle Organizzazioni non governative, le Ong, che si incontrarono lì, a Durban appunto, in linea di principio per fustigare l'intolleranza e il razzismo e che, in realtà, si trovarono d'accordo sul fatto che nel mondo esistesse un solo Stato razzista e che quello Stato era Israele.
E io non posso dimenticare lo stupore, ben presto la disperazione, che colse le delegazioni dei sopravvissuti al genocidio ruandese, dei militanti per la democrazia nello Zimbabwe, della casta indiana degli intoccabili, dei pigmei, dei superstiti dei massacri in Sudan quando si resero conto che la loro sorte non rappresentava alcun interesse agli occhi dei crociati altermondialisti che avevano fatto man bassa sulla Conferenza e, in materia di discriminazione, non avevano ormai cura che di un caso esemplare: quello dei popoli le cui disgrazie potessero essere imputate all'Occidente in generale e agli «americano- sionisti» in particolare.
Otto anni dopo, ecco una replica. Dal 20 al 24 aprile prossimi, a Ginevra, si svolgerà una nuova Conferenza — chiamata Durban II — durante la quale bisognerà, ci spiegano, valutare i «progressi » realizzati dopo Durban I riguardo la lotta contro il razzismo.
Solo che tutto quel che si sa dell'organizzazione di questa nuova conferenza, tutto quel che è filtrato sulle intenzioni dell'ufficio del «Comitato preparatorio » presieduto dalla Libia, tutto quel che si può leggere, soprattutto, nel progetto di «Dichiarazione finale» che quell'ufficio ha fin d'ora redatto con l'aiuto, in particolare, dei suoi vice-presidenti pachistano, cubano e iraniano — ah! i grandi democratici… — lascia presagire il peggio.
Israele più che mai messo sotto accusa perché fondato — dicono — su un «apartheid»… La critica delle religioni— e in particolare dell'Islam— definita come una forma di «razzismo»… L'iscrizione, in altri termini, del «delitto di bestemmia » fra i crimini maggiori che la comunità internazionale ha il dovere di stigmatizzare… Senza parlare del fatto che questo progetto di Dichiarazione continua a non dire una parola né dello Zimbabwe di Mugabe, né del Darfur e dei suoi trecentomila morti, né delle ecatombe di cui a tutt'oggi il mondo — soprattutto l'Africa — è teatro, ma di cui era difficile immaginare che i sostenitori dell'asse libico-iraniano diventassero accusatori.
È questo lo spirito di Durban II. È questo il testo che, dal 20 aprile, sarà sottoposto a discussione. È questa la trappola che si sta preparando e nella quale si vorrebbe veder cadere i governi dei Paesi democratici come anche i militanti antirazzisti che giungeranno dal mondo intero.
So bene che una discussione è, per definizione, uno spazio aperto. E non ignoro che restano molti giorni, da oggi al 20 aprile, per tentare di modificare un testo che, come ognuno può convenire, allo stato attuale è inaccettabile. Ma, poiché il punto di partenza è questo, poiché la bozza di proposte su cui si basa il dibattito è la somma di pregiudizi, odi e silenzi, poiché il rapporto di forze è quello che presumibilmente prevarrà in un Comitato preparatorio dominato, ripeto, dai rappresentanti di Ahmadinejad e di Gheddafi, è difficile immaginare come, se pur emendata, la Dichiarazione che ci viene presentata potrebbe servire da Carta a un'azione antirazzista mondiale e concertata.
Per questo, la decisione italiana, annunciata giovedì, di disertare la Conferenza mi sembra profondamente felice e giusta. Per questo, mi auguro di tutto cuore che siano numerosi, molto numerosi, i Paesi europei che, all'Est come all' Ovest, seguiranno la stessa strada.
E per questo, alla domanda posta il 2 marzo dal Segretario di Stato agli Esteri, Rama Yada, a un gruppo di intellettuali (Bisogna andare a Durban II? Bisogna, e fino a che punto, lottare affinché siano rispettate le «linee rosse» tracciate dalla diplomazia francese? Oppure, come il Canada e forse gli Stati Uniti, bisogna decidersi a un boicottaggio?), io personalmente ho risposto che sì, purtroppo la soluzione del boicottaggio sembra la più ragionevole, la più degna e al tempo stesso la più conforme alla vocazione della Francia.
La soluzione più conforme alla vocazione della Francia, perché è inconcepibile che il Paese di Voltaire entri, se pur di poco, nell'ingranaggio di un dibattito in cui si accorderebbe ai rappresentanti delle Chiese il diritto di limitare la libertà d'espressione e di coscienza. La soluzione più degna, perché non si può immaginare — trentaquattro anni dopo l'«ignominia» (Michel Foucault) della risoluzione dell'Unesco che assimilava il sionismo a una forma di razzismo — che la patria dei diritti dell'uomo acconsenta al fatto che il legittimo dibattito politico sullo svolgimento, se non addirittura sul principio, della guerra di Gaza si tramuti nella stigmatizzazione globale, morale, unica nel suo genere, dello Stato ebraico. La soluzione più ragionevole, perché la lotta contro il razzismo è qualcosa di ben troppo serio per lasciarne l'iniziativa a un manipolo di dittatori il cui principale assillo è di far dimenticare discriminazioni, umiliazioni, violazioni gravissime dei diritti dell'uomo e della donna che proprio nei loro Paesi si verificano.
Nell'interesse stesso di questa lotta, per riguardo alla bella e nobile causa che è la causa antirazzista, in omaggio a tutti coloro che, da Fanon a Mandela, ne hanno definito lo spirito, occorre rifiutare, molto velocemente e molto fermamente, e senza appello, la farsa di Durban II.

Corriere della Sera- Piero Fassino: " Frattini doveva aspettare l'Europa "

Caro direttore, la risoluzione che sarà sottoposta alla Conferenza Onu sul razzismo ripropone l'odiosa equiparazione sionismo/razzismo. Gran Bretagna, Olanda, Svezia, che certamente non sono disponibili ad avallare pregiudizi antisemiti? Per quale ragione l'Italia ha preferito un annuncio solitario, anziché ricercare una posizione europea? Non passa giorno senza che l'Unione Europea venga rimproverata di non avere una politica estera comune. Ebbene, realizzare su un tema così rilevante una comune valutazione e una comune scelta sarebbe stato un contributo significativo in quella direzione. In ogni caso, se si vuole, c'è ancora il tempo e lo spazio per ricercare e costruire una posizione europea a cui spero l'Italia non voglia sottrarsi.
Un secondo interrogativo: alcuni paesi islamici — Marocco, Egitto e Indonesia in primis — hanno dichiarato di non condividere la Risoluzione e di volerne chiedere la revisione.
Con Il Cairo l'Italia intrattiene da tempo rapporti privilegiati, tant'è che proprio su iniziativa della presidenza italiana del G8 l'Egitto è tra i paesi emergenti— insieme a Cina, India, Messico, Sudafrica e Brasile — invitati a partecipare al vertice della Maddalena.
Il Marocco è uno dei principali nostri partner, con cui intratteniamo non solo intense relazioni economiche, ma un crescente dialogo politico.
È di questi giorni la visita a Roma del Ministro degli Esteri dell'Indonesia Wirajuda che tra l'altro ha presieduto — insieme al Ministro Frattini - proprio un convegno sulla convivenza multiculturale e multietnica.
Ebbene: si è discusso con questi paesi di quale sia la strategia più efficace per Durban II? Perché si è ritenuto più opportuno delegare a loro la battaglia per cambiare la Risoluzione sul razzismo piuttosto che condurla insieme?
Infine un'ultima questione: Durban II è, come tutte le sedi globali multilaterali, un luogo fondato sul confronto e sulla ricerca — se e quando possibile — di scelte e conclusioni condivise. Un esercizio naturalmente difficile, stante la enorme diversità di approcci culturali, politici e istituzionali di cui sono portatori i 190 paesi che siedono all'Onu. L'abbandono o il boicottaggio di tali sedi è un atto estremo, che naturalmente non può essere escluso in via di principio, ma quando assunto deve essere chiaro nei suoi esiti. In questo caso qual è l'obiettivo che si pone il governo italiano? Far fallire la Conferenza, il che si tradurrebbe solo in un ulteriore indebolimento di un'Onu già fragile? Oppure — come mi auguro — ottenere una Risoluzione da tutti condivisa? E allora forse anziché dire semplicemente «non veniamo» sarebbe più coerente dire «veniamo solo se si è disponibili a emendare il testo, fermo restando che, se non emendato, non lo approveremo». Sono interrogativi a cui è bene che si diano risposte in Parlamento con un confronto trasparente e meditato, all'altezza della delicatezza della decisone da assumere e per la migliore efficacia del comune impegno contro ogni forma di antisemitismo e di antisionismo.

Il Riformista- Umberto Ranieri: "Tutta l'Europa condanni gli antisemiti di Durban "

Occorre reagire al rischio che la conferenza dell'Onu sul razzismo fornisca una tribuna per demonizzare Israele e riproporre tesi negazioniste. È già accaduto negli scorsi anni. Il 10 novembre 1975 fu una risoluzione dell'Onu a definire il sionismo una forma di razzismo. Un drammatico passaggio dalla ostilità verso la politica dei governi israeliani a un atto di accusa contro il popolo ebraico. Un tale processo degenerativo non si arrestò. Nell'autunno del 2001, alla conferenza contro il razzismo promossa dalle Nazioni Unite a Durban, gli israeliani subirono una sorta di linciaggio da chi voleva imporre la vecchia equazione, sionismo uguale razzismo, abbandonata dalle stesse Nazioni Unite nel 1991. Con dolenti parole, Nadine Gordimer descrisse «il linciaggio razziale cui gli israeliani furono sottoposti da estremisti islamici provenienti dal Sud Africa e dall'estero che usavano il conflitto israelo-palestinese per dare sfogo al loro antisemitismo». Questo fu Durban del 2001: un happening di violenza razzista contro gli ebrei.
Tra poche settimane, il 20 aprile, la conferenza di Ginevra, Durban 2. Alla luce del testo di risoluzione finale predisposto, il rischio di assistere ad una bolgia antisemita è molto alto. Nel 2001 Israele restò solo a difendersi. E passò la tesi del sionismo variante del razzismo. Occorre scongiurare che la storia si ripeta. Ecco perché gli Stati Uniti di Obama hanno deciso di non partecipare. Lo stesso ha fatto il Canada mentre il primo ministro francese Fillon ha affermato che «se la lotta contro il razzismo è un imperativo, essa non potrà essere un pretesto alle ipocrisie di Durban nel 2001» e per il governo britannico «ogni tentativo di utilizzare la conferenza per banalizzare o negare l'Olocausto sarà considerato inaccettabile».
La decisione del ministro degli esteri del nostro paese appare mossa dagli stessi timori. Che del resto sono dell'intero mondo politico italiano. Di fronte a tali manifestazioni di dissenso, verranno eliminate le parti inaccettabili dalla bozza di testo finale della Conferenza? Intendiamoci, se la stesura del documento resterà nelle mani dei rappresentanti di governi di paesi mediorientali che proclamano l'obiettivo di eliminare Israele dalla carta geografica non si andrà lontano. In quel caso ci auguriamo che sia l'Unione europea nel suo complesso a pronunciare parole ferme e severe verso una gestione dissennata del comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite. Gestione dissennata che non può passare sotto silenzio. Non si gioca con i diritti umani. Ne va della credibilità delle Nazioni Unite come organizzazione rappresentativa della comunità internazionale.
C'è infine una questione che la disputa su "Durban 2" impone di considerare. L'antisemitismo nell'Occidente democratico resta un fenomeno sostanzialmente marginale, così come il negazionismo. E tuttavia, entrambi questi mali non vanno sottovalutati. Soprattutto in tempi di crisi. A furia di puntare il dito sempre su Israele e di considerare il termine sionismo una espressione peggiorativa si rischia che riaffiorino posizioni antisemite. Non è in discussione la libertà di critica alla politica dei governi di Israele. Errori, Israele ne ha commessi. E non è il caso di tacerli. Il punto è contrastare coloro che a 60 anni dalla nascita contestano il diritto di Israele a esistere e ne mettono in discussione la legittimità. Deformano il senso storico del sionismo facendone una manifestazione di rapacità dell'Europa ottocentesca verso le colonie e le materie prime, quando il sionismo fu il movimento che raccolse l'aspirazione degli ebrei aggrediti dai pogrom e dalla furia antisemita, ad un focolare nazionale.
Altro che emissari di una potenza straniera! Gli ebrei che raggiungevano la Palestina recidevano i propri legami con i paesi di origine. Sono trascorsi più di 60 anni da quei giorni. Malgrado le vittorie militari, il timore di un annientamento non ha mai abbandonato Israele. Ed oggi si staglia l'ombra del pericolo nucleare iraniano. Tutto ciò non deve condurre a scelte unilaterali. Ma occorre che Israele non si senta solo e possa contare sulla solidarietà della comunità internazionale. Questo è cruciale per imboccare la via della pace. Ecco perché si impone una presa di distanza da una conferenza contro il razzismo che rischia di risolversi in una manifestazione di ostilità verso Israele.

L'Opinione-Michael Sfaradi: " Il mondo si divide su Israele e Durban II "

Il 10 novembre 1975 lAssemblea Generale dellONU adottò la risoluzione 3379 con la quale si asseriva che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale. Dopo il voto l'ambasciatore di Israele Herzog salì sul podio impugnando e sollevando una copia della risoluzione appena approvata e tenne uno storico discorso sul sionismo e sullodio anti-ebraico, definendo la risoluzione appena approvata Unulteriore manifestazione del triste odio antisemita e anti-ebraico che anima la società araba. Indimenticabile fu poi la chiusura dell'intervento: Indimenticabile fu poi la chiusura dell'intervento: “Per noi, popolo ebraico, questa risoluzione è fondata sull’odio, sulla falsità e sullarroganza ed è priva di qualunque valore morale o l egale. Per noi, popolo ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta e noi lo tratteremo così” e pronunciando queste parole strappò in due il foglio che teneva in mano davanti all e pronunciando queste parole strappò in due il foglio che teneva in mano davanti allAssemblea. Il suo discorso è considerato ancora oggi uno dei più importanti nella storia della diplomazia israeliana. Anche se la risoluzione “sionismo uguale razzismo” fu cancellata dalla stessa Assemblea Generale il 16 dicembre 1991, sembra proprio che l'organizzazione delle Nazioni Unite, schiava del blocco formato dalle nazioni arabo musulmane e dei loro alleati, facciano dei passi da gigante verso il passato. Dopo lo squallore della conferenza contro il razzismo tenutasi nel 2001 a Durban, in Sudafrica, conferenza che si limitò unicamente a fare da cassa di risonanza alle false accuse di razzismo e di apartheid rivolte verso Israele con un'aggressività che non aveva avuto eguali in passato, alle Nazioni Unite hanno pensato bene di riorganizzare a Ginevra, in Svizzera, dal 20 al 25 aprile una nuova conferenza con lo stesso ordine del giorno di quella che si svolse nel 2001. Anche se sono passati otto anni la musica, da allora, non è cambiata e, in un crescendo di polemiche, Iran e Siria hanno curato la stesura della bozza di risoluzione da approvare dando la netta impressione che in questa nuova conferenza si tornerà ad attaccare Israele. La domanda spontanea che ci poniamo è molto semplice:=2 0come si fa a lasciare mano libera su un documento contro il razzismo a due nazioni come Iran e Siria che ancora non hanno imparato, e ci vorrà molto tempo prima che lo facciano, cosa sono i diritti umani, la libertà di pensiero e di parola? Nazioni dove il boia è continuamente in azione anche e soprattutto per reati di opinione e dove basta essere omosessuali per essere giustiziati. L'impressione che si ha in Israele è che se chi ci accusa sono nazioni con le qualità morali di Siria ed Iran non abbiamo di che vergognarci, e che questa faccenda, se non fosse "pazzia contemporanea", sarebbe una divertente barzelletta. Bene ha fatto, il ministro degli esteri Franco Frattini, seguendo l'esempio gli Stati Uniti e Canada, ad annunciare il boicottaggio da parte italiana della conferenza. Anche la Danimarca, Francia, Olanda e Belgio sarebbero intenzionate a ritirare le proprie delegazioni visto che sul documento iniziale ci sono chiari i riferimenti contro Israele, riferimenti che sfiorano il vero è proprio antisemitismo. Gli ha fatto eco il premier francese Francois Fillon che rispondendo ad dei giornalisti ha fatto capire che la Francia non può accettare attacchi gratuiti, calunniosi ed ingiustificati contro lo Stato d'Israele. Se le nazioni del mondo libero si unissero in blocco nel boicottare questa conferenza, completamente strumentalizzata, renderebbero giustizia alla verità e darebbero un chiaro segno, sia verso il segretario delle Nazioni Unite che verso il blocco dei paesi arabi musulmani, che l'oc cidente non è più disposto ad accettare passivamente risoluzioni a senso unico.

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