L'Iran è in grado di costruire la bomba atomica e questo è un pericolo non solo per Israele ma anche per il mondo occidentale. Riportiamo da pag. 1 del FOGLIO di oggi, 03/03/2009, due articoli ( " La rincorsa atomica dell’Iran brucia sul posto la Cia americana che diceva: “Pericolo dal 2012” " e " Il consigliere di Obama: “Diamo aerei migliori a Israele, contro i missili russi di Teheran” " ), dall'OPINIONE l'articolo " L´Iran avra´ presto la bomba atomica...ma anche no " di Michael Sfaradi e da pag. 38 del CORRIERE della SERA l'articolo " "Se l'Iran si affida allo ' squalo ' " di Farian Sabahi. Ecco gli articoli:
Il FOGLIO - " La rincorsa atomica dell’Iran brucia sul posto la Cia americana che diceva: “Pericolo dal 2012” "
Washington. Il conto alla rovescia sul programma nucleare dell’Iran è già finito, in anticipo sulle previsioni. Lo dice alla Cnn il capo di stato maggiore americano, l’ammiraglio Mike Mullen: Teheran ha abbastanza uranio arricchito per produrre la bomba atomica. Ci sono altri passi da compiere ma, dicono gli analisti, sono tecnicamente meno difficili. E’ la sconfitta – via Pentagono – della Cia americana, che finora aveva coperto la questione iraniana con un alone di cauta incertezza. Nel novembre 2007 il rapporto più importante dei servizi segreti americani – il Nie, National Intelligence Estimate – aveva fissato la scadenza fra tre anni: l’Iran avrà uranio arricchito sufficiente per l’atomica “a partire dal 2012”. Il Nie di due anni fa esprimeva una valutazione condivisa da tutte e sedici le agenzie d’intelligence americane e smentiva l’Amministrazione Bush, che sull’Iran usava toni duri: nell’ottobre 2007, due mesi prima del rapporto, il presidente George W. Bush aveva detto in un discorso che le armi atomiche a disposizione di Teheran avrebbero potuto innescare i peggiori scenari geopolitici, “da Terza guerra mondiale”; il suo vice, Dick Cheney, minacciava “serie conseguenze” per gli iraniani se non avessero abbandonato il programma nucleare. Ma per la Cia quel programma era ormai congelato già da quattro anni, dal 2003, sebbene il regime si riservasse di “tenersi una porta aperta”. Sui servizi pesava il precedente del 2002, quando il Nie sull’Iraq aveva accusato il regime di Saddam Hussein di nascondere armi di distruzione di massa chimiche e batteriologiche. E pesavano anche considerazioni di altro tipo: nel 2007 i militari americani erano in mezzo al guado, nella fase più vulnerabile della guerra in Iraq, e avevano bisogno se non della collaborazione almeno della neutralità dell’Iran, sospettato invece di aiutare attivamente le milizie sciite. Domenica, un’ora dopo l’intervista di Mullen, il capo del Pentagono, Robert Gates, uomo Cia per trent’anni, ha contraddetto il suo ammiraglio: “L’Iran non è vicino ad avere l’arma atomica”. Il Times da Londra avverte: gli inglesi in Afghanistan – confine est dell’Iran – hanno appena trovato missili antiaereo, dello stesso tipo usato per abbattere un elicottero britannico Lynx sopra Bassora nel 2006. Non esiste soltanto la questione programma atomico: l’Iran è considerato cruciale – anche dal governo italiano – per il piano Obama contro i talebani. A questo punto, la corsa atomica iraniano dovrebbe continuare a tappe clandestine, perché la fase ambigua, tra il civile e il militare, si è conclusa. Alcuni osservatori sostengono che sarà più difficile; altri notano che la nuovissima generazione iraniana di centrifughe – le Ir-2, sostituiscono le obsolete P-1, dove P sta per Pakistan – è stata prodotta nel più completo segreto.
Il FOGLIO - " Il consigliere di Obama: “Diamo aerei migliori a Israele, contro i missili russi di Teheran” "
Roma. Da Washington, Gaza e Vienna sono giunte ieri tre smentite gelide sulle aspettative di una svolta diplomatica nelle relazioni con l’Iran, peraltro più volte promessa da Barack Obama in campagna elettorale. Innanzitutto, c’è l’allarme rosso sulle reali intenzioni iraniane lanciato da un autorevole report dell’Institute for Near East Policy, condiviso da Dennis Ross, nuovo inviato americano per l’Iran, Gary Samore e Robert Einhorn, che Obama si appresta a nominare responsabili per le politiche contro la proliferazione nucleare alla Casa Bianca e al Dipartimento di stato. Il documento consiglia infatti a Obama di non sperare in possibili risultati nelle trattative con Teheran, ma di puntare tutto su più forti pressioni su Dmitri Medvedev per ottenere che la Russia non venda all’Iran la nuova versione dei missili Ss 300 e i sofisticati sistemi di difesa aerea che starebbero per essere consegnati ad Ahmadinejad – un contratto da 800 milioni di dollari – e che Medvedev ha “congelato” in attesa del prossimo vertice Usa-Russia. Il dato rilevante è che la previsione delle pericolose intenzioni nucleari iraniane prospettata dal documento – di cui dà notizia il Financial Times – è di tale gravità da suggerire un ulteriore inasprimento delle sanzioni e addirittura la fornitura rapida ad Israele “della capacità di continuare a minacciare obiettivi iraniani con aerei più sofisticati e usare una tale offerta per esercitare pressioni perché la Russia non si impegni in tale trasferimento di sistemi d’arma”. Ieri Mosca ha offerto a Teheran di quotare il greggio alla Borsa di San Pietroburgo, aggirando così le sanzioni. La valutazione di fondo è dunque che l’Iran non intenda per nulla “aprire il pugno” e che la strategia della nuova Amministrazione nei suoi confronti debba addirittura ancora più calcare sul “bastone” e sulla deterrenza militare di quanto non abbia fatto la tanto criticata Amministrazione Bush. Dunque, una piena sintonia con le previsioni pessimistiche dell’ammiraglio Michael Mullen (capo di stato maggiore interforze Usa) che sostiene che l’Iran dispone già di sufficiente materiale fissile per l’atomica, aggravate dalla prospettiva di nuovi e più potenti vettori missilistici che possono trasportarla a medio-lungo raggio. La conferma del pessimismo crescente dell’Amministrazione circa la praticabilità di un percorso negoziale è poi venuta dalla stessa Hillary Clinton che, secondo una fonte diplomatica Usa nel corso di un incontro a Gaza con il suo omologo degli Eau, Abdallah al Nahyane, ha detto di “dubitare che l’Iran risponderà positivamente alle aperture fatte dall’Amministrazione Obama”. Valutazione negativa sulle intenzioni iraniane infine confermata dallo stesso ElBaradei che ieri all’Aiea di Vienna ha dichiarato: “L’Iran non ha cooperato sul programma nucleare, accrescendo le preoccupazioni su una possibile dimensione militare”.
L'OPINIONE - Michael Sfaradi : " L´Iran avra´ presto la bomba atomica...ma anche no "
Durante una trasmissione televisiva della CNN il capo di Stato Maggiore Usa, ammiraglio Mike Mullen ha detto, senza girarci intorno, che secondo lui l'Iran possiede sufficiente materiale per costruire una bomba atomica. L'Iran e il suo nucleare fanno discutere il mondo ormai da sei anni e questa dichiarazione ha acceso, come era prevedibile, una disputa all'interno del Pentagono. Il segretario della Difesa Robert Gates, preso in contropiede, ha gettato acqua sul fuoco con una sua rapida smentita: "Sono ancora lontani dal possedere riserve e in questo momento non sono vicini a un'arma". Possiamo leggere questo scambio di battute in due modi diversi: da una parte come la spia di contrasti fra i militari e i politici al potere sull'approccio alla questione e dall'altra come una contraddizione apparente che spiega però la nuova politica "carota e bastone" che Barak Obama vuole avviare confermando la volontà di aprire un tavolo di trattativa con Teheran. Il rapporto dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, reso pubblico due settimane fa, dava quasi per scontato che l'Iran ha segretamente accumulato una riserva di combustibile nucleare, i test del 25 febbraio scorso per l'entrata in funzione della prima ce ntrale nucleare iraniana costruita con l'aiuto tecnico dalla Russia e l'annuncio che Teheran non rallenterà il suo programma atomico in particolare l'arricchimento dell'uranio, con il passare del tempo preoccupa sempre di più le cancellerie occidentali. Il commento israeliano è stato più laconico del solito e uno dei portavoce del Ministero degli esteri ha commentato alla radio militare dicendo che questa è: "Una cattiva notizia per il mondo intero". Israele da tempo accusa l'Iran di nascondere un programma atomico militare dietro a quello civile e Ahmedinejad, vale la pena ricordarlo, ha più volte minacciato la cancellazione dello lo Stato ebraico. Il capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Gholamreza Aqazadeh, ha detto che le attività di arricchimento dell'uranio nell'impianto iraniano di Natanz continuerà senza variazioni e che attualmente sono in funzione seimila centrifughe che dovrebbero aumentare a 50 mila entro i prossimi cinque anni. A questo va aggiunto che pochi giorni fa, alle Nazioni Unite, c'è stato l'ultimo, in ordine di tempo, botta e risposta fra Stati Uniti e Iran. L'ambasciatore Usa Susan Rice aveva detto che Washington farà di tutto per porre fine alle "ambizioni nucleari" di Teheran. Il suo collega iraniano, l'ambasciatore Mohammad Khazaee, aveva respinto le accuse giudicandole "senza fondamento" e precisando che il programma nucleare della repubblica islamica, è stato, è e rimane assolutamente pacifico e che l'Iran non ha mai provato e non proverà mai ad acquis ire armi nucleari. In Israele però a questo non si crede affatto e si continua con la politica dell'attesa degli eventi. C'è, inutile negarlo, la speranza che il mondo occidentale decida finalmente di guardare in faccia la gravità del pericolo che può rappresentare un regime come quello iraniano armato di bomba atomica e faccia finalmente le dovute mosse per scongiurare quello che potrebbe essere il momento più buio per l'umanità. Stando anche alle informazioni che ultimamente sono trapelate sulla stampa internazionale, sembra che soltanto il Mossad israeliano abbia informazioni di prima mano su ciò che accade in Iran ed è forse per questo che alcuni uomini politici intervistati dalla radio militare hanno semplicemente confermato che ciò che l'Ammiraglio Mike Mullen ha detto non aggiunge nulla di nuovo alle informazioni in possesso del governo israeliano.
CORRIERE della SERA - Farian Sabahi : " Se l'Iran si affida allo ' squalo ' "
I rischi per Israele legati all'armamento nucleare iraniano sono evidenti a tutti, tranne che a Farian Sabahi (della quale ricordiamo la manipolazione sulla STAMPA dell'intervista a A.B. Yehoshua). La nuova allieva di Sergio Romano ha superato il maestro in fatto di disinformazione: il suo pezzo non menziona mai il pericolo per Israele di venire distrutto da una bomba atomica costruita dall'Iran e la cricca che governa lo Stato viene descritta in toni edulcorati. Ecco l'articolo:
La notizia della centrale nucleare iraniana, completata dopo ben 34 anni, ha il sapore della sfida e dimostra il fallimento della politica del bastone e della carota dell'amministrazione di George W. Bush. Gli ingegneri iraniani e russi hanno iniziato i test al reattore nucleare di Bushehr e ne avranno per altri 4-7 mesi. Ma ormai il dado è tratto e la Repubblica islamica può vantare un impianto da 1.000 megawatt per risollevare il morale di una popolazione segnata dal crollo del prezzo del barile e da una grave crisi economica.
La costruzione della centrale era iniziata con la collaborazione di una società tedesca nel 1975, al tempo dell'ultimo scià della dinastia Pahlavi. Dopo la rivoluzione, il programma nucleare era stato sospeso e gli sforzi si erano concentrati sulla guerra contro l'Iraq, che nel settembre del 1980 aveva invaso l'Iran. La costruzione della centrale è ripresa solo in seguito e questa volta ad entrare in campo sono stati i russi. In gran segreto, per parecchi anni. E anche per questo il nucleare iraniano fa tanta paura, sebbene abbia dichiaratamente scopi soltanto civili, come impone il Trattato di non proliferazione firmato da Muhammad Reza Pahlavi nel 1970.
La centrale di Bushehr rappresenta un primo passo per un Paese che ha un fabbisogno di elettricità pari a 40 mila megawatt e aspira quindi alla costruzione di 40 centrali come quella di Bushehr. E ha il sapore della sfida proprio perché non risolve i problemi dell'Iran e l'annuncio è stato dato in una congiuntura internazionale particolare: il presidente statunitense Barack Obama ha aperto al dialogo diretto con la Repubblica islamica e, sebbene il segretario di Stato Hillary Clinton abbia espresso perplessità circa la reale volontà dell'Iran nel rispondere alle iniziative diplomatiche di Washington, la disponibilità di Obama e la recente impasse politica a Gerusalemme impediscono per il momento a Israele di bombardare la centrale di Bushehr come già era stato con l'impianto iracheno di Osirak nel 1981, quando il programma nucleare di Saddam Hussein era stato vanificato.
E forse la notizia della centrale nucleare, finalmente ultimata, è arrivata sui media in questi giorni perché il momento è propizio per indurre l'Occidente ad accettare il fatto compiuto e a riconoscere la Repubblica islamica come una grande potenza sullo scacchiere mediorientale. A giocare finalmente un ruolo sarà l'Italia, messa a margine negli anni passati, quando ad occuparsi delle trattative — peraltro senza grandi risultati — erano stati Parigi, Londra e Berlino. La visita a Teheran del ministro degli esteri Franco Frattini dimostrerà il ruolo che l'Italia è in grado di esercitare. Ma testimonierà, al tempo stesso, la fragilità della politica: l'interscambio tra Roma e Teheran è pari a 6 miliardi di dollari l'anno, quota che colloca l'Italia al primo posto tra suoi partner economici in Europa. E quindi ancora una volta, come recita un proverbio mediorientale, «l'odore dei soldi farà deviare il corso dei fiumi».
Sullo scacchiere si profila intanto un'altra mossa del leader supremo Ali Khamenei, che ha fatto avanzare un'importante pedina, fino a poco tempo fa nelle retrovie: il potente Rafsanjani è infatti, insieme al presidente Ahmadinejad e al ministro degli esteri, tra gli alti dirigenti inviati a Bagdad per i colloqui con il presidente iracheno Talabani. Ma anche per portare avanti i negoziati con Washington di cui ieri Rafsanjani ha chiesto il ritiro delle truppe il più presto possibile.
A capo dell'Assemblea degli esperti e del Consiglio dell'interesse nazionale, Rafsanjani è troppo avanti con gli anni per candidarsi alle presidenziali del 12 giugno. E in ogni caso, reduce da un paio di sconfitte elettorali, non può permettersi di essere ancora umiliato dalle urne. Ma ha tutti i requisiti per riprendere i fili del dialogo con Washington: nel 1985 era stato coinvolto nello scandalo Iran-Contra con cui gli Stati Uniti liberarono gli ostaggi in Libano offrendo, in segreto e con la mediazione di Israele, armi all'Iran. Soprannominato «lo squalo», e non solo per le guance glabre, Rafsanjani e la sua famiglia gestiscono un vero e proprio impero economico e, proprio attraverso il business, sono spesso in contatto con uomini d'affari (e politici) occidentali ricevuti ad Arg-e Jadid, la moderna città in stile americano costruita a dieci chilometri dall'antica cittadella di Bam, distrutta dal terremoto del 2003.
Se l'ayatollah Ali Khamenei ha deciso di mandare un personaggio di così alto rango in missione a Bagdad è perché vuole trasmettere un messaggio: la politica estera è prerogativa del leader supremo e non del governo di Ahmadinejad. E non sarà quindi una questione di cui si discuterà in campagna elettorale, dove la priorità sembra piuttosto l'economia. E infatti l'attenzione dei media iraniani è puntata sul nuovo piano economico che prevede l'annullamento dei sussidi sui beni di consumo e la sostituzione con l'erogazione mensile di una cifra pari a 55 euro a persona. Un'immissione di contanti che farà schizzare l'inflazione alle stelle, provocando un ulteriore aumento dei prezzi. E difficilmente gli iraniani si consoleranno pensando alla centrale e al prestigio che dovrebbe conseguirne.
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