Riportiamo dall'UNITA' di oggi, 25/02/2009, l'articolo " La missione di Clinton: governo di unità in Israele " di Umberto De Giovannangeli, a pag.26.
Hillary nella polveriera mediorientale. Il 2 marzo il debutto a Sharm el Sheikh. Nei due giorni successivi la missione in Israele e in Cisgiordania. Una tregua da consolidare. Un leader palestinese da puntellare. E un alleato, Israele, alle prese con la formazione di un nuovo governo che potrebbe risultare «indigesto» per il nuovo corso di Barack Obama. La prova del fuoco per la neo segretaria di Stato Usa, Hillary Clinton. Nel vivo dell’offensiva militare israeliana a Gaza, il presidente Obama aveva ribadito che per la sua amministrazione la soluzione del conflitto israelo-palestinese era da considerarsi tra le priorità assolute in politica estera. Spetta ora a Hillary dar corso a questa determinazione.
LE MILLE INSIDIE
«Il presidente eletto e io pensiamo che Israele abbia il diritto alla sicurezza e a difendersi dai continui lanci di razzi da parte di Hamas. Ma, allo stesso tempo dobbiamo ricordarci delle sofferenze dei civili di entrambi gli schieramenti. Per questo dobbiamo aumentare la nostra determinazione nel raggiungere un accordo di pace duraturo», aveva sostenuto Hillary Clinton davanti alla Commissione Esteri del Senato nel giorno dell’«esame» di Capitol Hill. Un concetto che la responsabile della diplomazia statunitense ribadirà nel suo intervento alla Conferenza internazionale per la ricostruzione di Gaza, il 2 marzo a Sharm el-Sheikh. Davanti ai rappresentanti di 75 tra Paesi e organizzazioni internazionali, Hillary - che porterà in «dote» 900milioni di dollari per la ricostruzione di Gaza - dovrà sostanziare un’affermazione che al momento suona come una dichiarazione d’intenti: «La speranza di trovare un accordo israeliani- palestinesi non deve essere abbandonata».
HILLARY TRA I FALCHI
Una speranza che deve fare i conti con la possibilità, tutt’altro che remota, che a governare Israele sia una coalizione delle destre ostile alla visione di una pace fondata sul principio di due Stati per due popoli. «Siamo consapevoli delle aspirazioni dei palestinesi», ha sostenuto al neo segretaria di Stato nei giorni della guerra a Gaza. Aspirazioni che rischiano di essere schiacciate nella morsa di Hamas e di un governo dei falchi (in Israele). Hillary ne è consapevole, confidano i suoi più stretti collaboratori, e per questo cercherà, con la dovuta «discrezione», di sostenere gli sforzi del capo dello Stato israeliano, Shimon Peres. per la costituzione di un governo di unità nazionale con dentro la leader di Kadima, Tzipi Livni, decisa sostenitrice del negoziato con la dirigenza palestinese moderata del presidente Abu Mazen. «Le nostre discussioni con Mitchell (l’inviato Usa per il Medio Oriente, ndr.) e Clinton saranno incentrate sul programma del prossimo governo israeliano e fino a che punto esso intende rispettare gli accordi del passato, le intese basate sui due Stati e il blocco degli insediamenti nei Territori palestinesi», anticipa a l’Unità il capo dei negoziatori dell’Anp Saeb Erekat. Abu Mazen, aggiunge Erekat, «farà sapere all'amministrazione americana che se il governo israeliano non terrà conto di questi punti, non sarà considerato un partner nel processo di pace». Che sia una grande amica d’Israele, l’ex first lady non l’ha mai nascosto: «Noi sosteniamo il diritto di Israele all'autodifesa. I razzi palestinesi lanciati sempre più vicini agli agglomerati israeliani, non potevano passare inascoltati», ha ribadito la Clinton nei giorni dell’offensiva di Tsahal nella Striscia. Ora però dovrà convincere i leader arabi (e palestinesi) moderati di essere anche «amica» di una pace giusta e duratura in Medio Oriente.
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