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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
23.02.2009 L'Iran apre un altro impianto nucleare, ma l'Unità non vede rischi
E l'intervista a Farah Diba, che ricorda il suo paese

Testata:
Autore: Gabriel Bertinetto - Alberto Toscano
Titolo: «Farah Diba torna in tv dopo sei anni - il mio Iran distrutto dai religiosi - Teheran apre sito atomico costruito dai russi ' Non facciamo bombe '»

Riprendiamo dall'UNITA' di oggi, 23/02/2009, l'articolo "  Teheran apre sito atomico costruito dai russi ' Non facciamo bombe'  ". di Gabriel Bertinetto sul programma nucleare dell'Iran e dal GIORNALE l'intervista "  Farah Diba torna in tv dopo sei anni - il mio Iran distrutto dai religiosi " di Alberto Toscano a Farah Diba, moglie dell'ultimo Scià di Persia. Ecco gli articoli:

L'UNITA' - Gabriel Bertinetto: " Teheran apre sito atomico costruito dai russi ' Non facciamo bombe ' ".
Non stupisce  Bertinetto di fronte alle azioni dell'Iran. L'Iran ha già mentito sulla quantità di uranio prodotta e ha sempre dichiarato di voler distruggere Israele. Ora ha deciso di mettere in funzione l' impianto nucleare di "Bushehr".  Che,sicuramente, non produrrà  solo energia elettrica. Ecco l'articolo:

Venerdì un rapporto dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) rivela che nello stabilimento di Natanz l’Iran ha uranio a sufficienza per costruire una bomba atomica. Passano pochi giorni e Teheran annuncia l’imminente apertura di un altro impianto, a Bushehr. Si susseguono gli allarmi sulle vere finalità del programma nucleare della Repubblica islamica, ma Ahmadinejad tira diritto senza piegarsi alle pressioni della comunità internazionale che insiste perché vengano fermate le operazioni più sospette, quelle indirizzate all’arricchimento dell’uranio. Un tipo di lavorazione che può servire anche a produrre armi, e non solo a generare energia elettrica come Teheran sostiene. La questione è piuttosto complessa. Prendiamo Bushehr. La centrale è stata realizzata alcuni anni fa da tecnici russi sulle coste del Golfo, settecento chilometri a sud della capitale. Solo ora però sta per entrare in attività. O meglio, dopodomani, alla presenza dei capi delle agenzie atomiche di Teheran e Mosca, Gholamreza Aghazadeh e Serghei Kirienko, si terrà una cerimonia per il cosiddetto preavvio. Verranno compiuti test per verificare il buon funzionamento del sistema computerizzato che controlla l’impianto. L’avvio vero e proprio avverrà successivamente. Entro la fine dell’anno, dice Kirienko.
Se c’è un posto in cui l’Occidente non può temere che venga arricchito l’uranio, questo è Bushehr. Il metallo infatti viene fornito dai russi agli iraniani già arricchito secondo procedimenti che dovrebbero impedirne impieghi di tipo militare.
Di fatto già si trova sul posto. Mosca l’ha consegnato fra il 2007 ed il 2008. Non solo, ha ottenuto dalla controparte l’impegno a restituire le scorie, cioè materiale utile all’eventuale fabbricazione di ordigni. Se il modello Bushehr fosse replicato in tutti gli stabilimenti iraniani, verrebbe meno il contenzioso che vede contrapposto da anni il regime degli ayatollah agli Usa, all’Europa e più in generale all’Onu. Ma Teheran rifiuta di rinunciare all’arricchimento dell’uranio negli altri impianti.
Ad esempio rifiuta di farlo a Natanz. Qui, secondo l’Aiea, l’Iran ha accumulato una tonnellata di combustibile ancora da arricchire. Secondo gli esperti è sufficiente ad ottenere una quantità venti volte più grande di uranio arricchito, teoricamente sufficiente a produrre almeno una bomba atomica. In quanto tempo? Da due a cinque anni, stima l’intelligence americana.
Commentando il documento dell’agenzia di Vienna, Robert Gibbs, portavoce della Casa Bianca, parla di «un’altra occasione persa dall’Iran, che continua a evadere i suoi obblighi internazionali». L’Onu ha approvato tre risoluzioni che intimano a Teheran di bloccare l’arricchimento dell’uranio. La risposta è sempre stata negativa, ed accompagnata dalla rivendicazione del diritto a perseguire un progetto di sviluppo tecnologico che non avrebbe finalità militari. Una quarta risoluzione, con ulteriori sanzioni economiche, potrebbe essere decisa nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, Obama ha lanciato messaggi distensivi, dichiarandosi disponibile a contatti diretti con le autorità della Repubblica islamica, ed evitando di minacciare il ricorso ad un attacco armato, spesso evocato dal suo predecessore Bush. Durissimi restano invece i toni dei dirigenti israeliani. Secondo il premier incaricato Benjamin Netanyahu, «l’Iran cerca di dotarsi dell’arma nucleare e costituisce la minaccia più grave» all’esistenza dello Stato ebraico.
«Preavvio» dopodomani a Bushehr, in Iran, per l’impianto atomico costruito da tecnici russi. Verrà usato uranio già arricchito, fornito da Mosca. Ma i sospetti sul programma nucleare iraniano non si placano.

Il GIORNALE - Alberto Toscano : " Farah Diba torna in tv dopo sei anni - il mio Iran distrutto dai religiosi "

ParigiL'imperatrice di Persia faceva sognare il mondo con la sua bellezza, il suo charme e le sue ricchezze. Adesso Farah Diba è una donna di settant'anni, che vive in esilio a Parigi, dove conduce una vita molto riservata, nel ricordo del marito, lo scià Mohammad Reza Pahlavi (morto in esilio al Cairo nel 1980, un anno dopo aver dovuto lasciare il potere e il suo paese). Farah Diba non andava davanti alle telecamere dal 2003. Ha sempre declinato cortesemente ogni offerta di intervista dalle reti televisive di tutto il mondo. Stavolta ha detto sì a uno dei personaggi più noti e più amati della televisione francese: Frédéric Mitterrand, intellettuale e animatore televisivo.
L'incontro - trasmesso sabato sera da France 3 - è avvenuto a Parigi proprio in coincidenza con i trent'anni del cambiamento di regime nei palazzi di Teheran, dallo scià Reza Pahlavi all'attuale sistema politico-religioso, imperniato sugli esponenti sciiti. La tesi di Farah Diba è molto semplice: lo scomparso scià iraniano aveva in mente un piano di modernizzazione e di rilancio economico del proprio paese. Un progetto a cui stava attivamente lavorando e di cui l'insieme della popolazione iraniana avrebbe ampiamente beneficiato se il corso della storia fosse andato nel senso auspicato dall'allora famiglia imperiale. Farah Diba non vuol discutere delle accuse di autoritarismo che sono state mosse a Reza Pahlavi prima dell'insurrezione del 1878-79, che vide in primissimo piano l'ayatollah Khomeini. Per lei l'importante è ricordare il ruolo modernizzatore, legato alla figura del suo scomparso marito.
Il pensiero di Farah Diba, nata nel 1938, va a quando era ancora bambina: «La prima volta che ho visto il mio futuro marito, da lontano, avevo solamente otto anni», dice l'ex imperatrice dell’uomo andato al potere nel 1941. Poi aggiunge: «Per me si trattò di un momento straordinario. Era un momento molto importante anche per il paese, visto che il sovrano aveva appena ottenuto la libertà dell'Azerbajian, invaso dalle truppe dell'Unione Sovietica. Il re aveva sulla propria testa un'aureola di gloria e la folla era scesa nelle strade per ammirarlo e applaudirlo».
Ecco in seguito la settantenne Farah Diba ricordare le drammatiche vicende della crisi con gli Stati Uniti. «Quando avevo 14 anni - racconta - il re ha nazionalizzato il petrolio. Siamo stati molto fieri di questo gesto, ma il primo ministro, il dottor Mossadegh, ha voluto sfidare le potenze del mondo intero. Le compagnie petrolifere hanno, dal canto loro, rotto i contratti che le legavano all'Iran e di conseguenza abbiamo conosciuto un periodo estremamente difficile sul piano economico. Il sovrano ha destituito il suo primo ministro, che ha reagito cercando l'appoggio dei comunisti per tenergli testa».
Quella crisi, svoltasi all'inizio degli anni Cinquanta, ha provocato perplessità anche in Occidente. Ecco il bilancio che ne fa l'ex imperatrice: «Ci fu allora un periodo di incidenti anche gravi e di confusione. Il re dovette partire, andando all'estero. Le due fazioni - composte dai sostenitori del sovrano e da quelli di Mossadegh - litigavano in continuazione ovunque, nelle scuole o nelle famiglie. Alla fine il re ha fatto rientro nel paese a seguito di un sollevamento popolare in suo favore». Un'iniziativa fomentata dall'estero, come hanno sempre sostenuto gli avversari di Pahlavi? Ecco come risponde Farah Diba: «È vero che gli Stati Uniti d'America erano preoccupati per gli avvenimenti politici in atto in Iran, ma sarebbe errato credere che il ritorno dello scià sia stato pilotato dai servizi segreti statunitensi».
Farah Diba sposò Reza Pahlavi nel dicembre 1959 dopo una cerimonia da mille e una notte. Nell'intervista alla televisione francese, l'ex imperatrice, rifugiatasi all'estero nel gennaio 1979, ricorda: «La mia famiglia era animata da un grande spirito patriottico. Da molto tempo la monarchia operava allo scopo di modernizzare la società iraniana, proibendo che le donne portassero il velo e facendo in modo che le bambine andassero a scuola proprio come i maschietti, malgrado le pressioni esercitate dai fanatici tradizionalisti». Secondo l'ex imperatrice, già prima della II Guerra mondiale e già al tempo del padre di Reza Pahlavi la monarchia iraniana ha scommesso sulla modernità. Ma alla fine suo marito ha dovuto partire per l'esilio e i vecchi sogni sono finiti in frantumi.

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