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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Corriere della Sera - La Repubblica - Il Manifesto Rassegna Stampa
21.02.2009 Netanyahu premier - Livni all'opposizione o al governo?
E il Manifesto disinforma sul futuro premier israeliano

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - Il Manifesto
Autore: Francesco Battistini - Alberto Stabile - Michelangelo Cocco - Zvi Schuldiner
Titolo: «Israele, incarico a Netanyahu: ' governo di unità nazionale ' - Alla fine Tzipi entrerà: conviene a lei e a Bibi - Israele, il dilemma di Netanyahu - Giusta la scelta di Tzipi fra un anno sarà più forte»

Shimon Peres ha deciso di affidare il governo a Benyamin Netanyahu. Di seguito la cronaca  e l'intervista al politologo Avraham Diskin di Francesco Battistini e il commento di Antonio Ferrari dal CORRIERE della SERA , l'intervista di Alberto Stabile al politologo Yossi Alpher su REPUBBLICA e una breve dal MANIFESTO. Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Israele, incarico a Netanyahu: ' governo di unità nazionale ' "

GERUSALEMME — And the winner is... Dieci giorni dopo il voto che l'ha visto sconfitto, dieci anni dopo l'incarico di governo che sembrò segnare la sua fine politica, il vincitore delle elezioni israeliane ha un nome: Bibi Netanyahu. Il suo Valzer con Peres dura due giorni, la nomination era prevista per la notte degli Oscar e invece arriva in anticipo. Al capo dello Stato sono bastati pochi colloqui. Soprattutto gli è bastato quello con Tzipi Livni, che ha escluso qualunque coabitazione con Bibi che non sia una staffetta: «Molti partiti — spiega il vecchio Shimon, una volta annunciato il nome — vorrebbero un governo il più possibile allargato: ho chiesto a Netanyahu che quest'esigenza sia rispecchiata nelle sue scelte ». Il mandato è chiaro: riacchiappare la Livni, formare una coalizione col Kadima e con chi ci sta. È il premier incaricato a dirlo: «Serve unità nazionale. Serve stabilità».
Bibi & Tzipi, la sfida continua. Un mese e mezzo per mettere insieme un governo. Su un singolare palcoscenico, dov'è il Kadima che ha più seggi (28) a lasciare il ruolo di protagonista al Likud, che ne ha uno di meno. Domani ci sarà il chiarimento, forse definitivo. Netanyahu è disposto a offrire alla Livni la doppia poltrona di vicepremier e degli Esteri, ma la Livni ha già convocato il partito, ha inviato 80 mila sms agl'iscritti per spiegare che continuerà a «rappresentare l'alternativa», insiste: «Le cose ormai sono chiare. Un governo d'unità non ha valore, se non c'è un percorso, e un governo di destra guidato da Netanyahu non è il nostro percorso. Se necessario, andremo all'opposizione ». Se necessario, appunto, perché i giochi sono appena cominciati: Bibi ama spesso citare Churchill, «la democrazia funziona quando a decidere siamo in due, e l'altro è malato», ma stavolta dell'altro ha bisogno. L'unica maggioranza già pronta, Likud-ultradestra di Lieberman-religiosi, 65 seggi su 120, è l'unica che a parole nessuno vuole: Bibi, perché sa che non dura; Lieberman, perché detesta i religiosi; i religiosi, perché temono Lieberman. E se l'indicazione di Peres è l'unità nazionale, l'incastro non è facile: o una larghissima coalizione di 83 seggi, Likud-Kadima- ultradestra di Lieberman-laburisti (questi ultimi però bocciano Lieberman); o una solida maggioranza Likud-Kadima- Lieberman, 70 seggi, che però penderebbe troppo a destra per i gusti della Livni. Ultima, non improbabile ipotesi: un governo a tempo, che fronteggi l'emergenza Iran.
Il vero mandato è quello, per i prossimi quattro anni. Ed è ancora Netanyahu a ricordarlo. «Il terrorismo iraniano ci sta circondando da Nord a Sud», ovvero dal Libano a Gaza: «L'Iran è la minaccia più grave per la nostra esistenza dalla guerra d'indipendenza », nel 1948. E il problema palestinese? Bibi non lo cita mai. Il falco che spinse per gl'insediamenti e chiuse ogni canale con Arafat, dieci anni dopo è salutato da Hamas come «il più estremista d'un governo d'assassini». Ma anche nell'Autorità palestinese c'è Nemer Hamad a ripetere che non si tratta con chi «non riconosce accordi già sottoscritti», che il Quartetto dovrebbe fare con un governo Netanyahu-Lieberman quel che ha fatto con Hamas, «boicottarlo », e che il miglioramento delle condizioni economiche palestinesi, promesso da Bibi, non interessa: «L'accordo è pace contro terra, non pace contro soldi ». Dagli Stati Uniti fanno sapere che lavoreranno con chiunque governi. Però aggiungono la soluzione resta una: «Due popoli, due Stati». Quel che Bibi non vuole. E Tzipi invece sì.

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " Alla fine Tzipi entrerà: conviene a lei e a Bibi "

GERUSALEMME — Il giorno dopo il voto, l'aveva detto: «La Livni non ha nessuna possibilità di fare il premier».
Fresco autore d'un saggio sulla campagna elettorale, docente all'Università ebraica («Lieberman? Era un mio studente»), il professor Avraham Diskin non è stupito: «Peres non aveva altre possibilità. Netanyahu può governare senza Livni, non il contrario. Anche se tutti hanno interesse a portare il Kadima nel governo. A cominciare da Tzipi».
Ma se è lei a dire che non entrerà mai...
«Netanyahu le offrirà di tutto. E lei può ottenere molto di più: lo stesso numero di ministri del Likud, due delle tre poltrone importanti, Interni, Esteri o Finanze, e poi veti sugli alleati...».
Quindi accetterà?
«La Livni vuole entrare al governo, se no si spacca il partito.
Circolano già strane voci. C'è gente pronta a lasciare il Kadima per passare al Likud, se c'è un ministero in ballo».
Si riferisce a Shaul Mofaz, il rivale di Tzipi?
«Nomi non ne faccio: deduca lei. Io vedo bene una coalizione Likud-Kadima-religiosi dello Shas. Va bene a tutti: Bibi lascerebbe fuori il pericoloso Lieberman, sapendo che ai religiosi basta dare la caramellina di qualche legge sulla fede; Tzipi rimorchierebbe anche i laburisti».
È un governo che si prepara all'emergenza Iran?
«Non è che l'israeliano medio pensi all'Iran ogni giorno.
Netanyahu va lì perché Kadima ha deluso» .
Ma con Netanyahu, che fine fa il dialogo coi palestinesi?
« Questo governo sarà meno di destra di quanto si creda. A Bibi non conviene fare il falco. Una vera pace coi palestinesi è impossibile, in un breve futuro, anche se dialogare con Abu Mazen è inevitabile: pure per questo, Bibi spinge per avere la Livni al governo. Col Kadima nella squadra, se non una pace, qualche accordo in Cisgiordania si può fare».

CORRIERE della SERA - Antonio Ferrari : " Israele, il dilemma di Netanyahu "

La strada imboccata formalmente da Israele pare un vicolo cieco. E' vero infatti che il presidente Shimon Peres non aveva alternative a quella di affidare il mandato a Benjamin («Bibi») Netanyahu, l'unico che possa garantirsi il sostegno di una maggioranza parlamentare e quindi la possibilità di varare un governo entro 6 settimane, come prevede la legge. Ma è altrettanto vero che un esecutivo di estrema destra, come mai era accaduto nella storia dello Stato ebraico, metterebbe l'ambizioso candidato premier nelle condizioni d'essere un imbarazzato ostaggio, visto che quasi tutti i suoi partner sono più a destra di lui.
Situazione grottesca, che potrebbe materializzarsi proprio nel momento in cui la nuova Amministrazione americana scende volitivamente in campo per riavviare il processo che dovrebbe portare alla creazione dello Stato palestinese, che viva accanto a Israele in pace e sicurezza.
Il problema è delicatissimo, perché Bibi ha sostenuto di esserne contrario, non soltanto durante la campagna elettorale, ma anche per assicurarsi il sostegno dell'estremista Avigdor Lieberman. Che si possa procedere su questa strada è quindi improbabile e la prova la offre lo stesso Netanyahu che, dopo aver disegnato a grandi linee la sua teorica squadra oltranzista, non ha perso tempo a rimangiarsi le promesse e ha subito invitato i due più potenti avversari a unirsi a lui in un governo di larghe intese. Però entrambi gli invitati non ne hanno alcuna intenzione. Tzipi Livni, leader del partito centrista Kadima, che ha vinto le elezioni seppur per un solo seggio, ha detto che non accetterà mai di essere subalterna a Netanyahu, accusandolo di non avere «né valori né visione». Il rifiuto del leader laburista Ehud Barak, attuale ministro della Difesa, è ancor più netto, anche perché se accettasse verrebbe travolto dal suo stesso partito, umiliato nelle urne.
Mai dire mai è quasi un comandamento della politica ed è possibile che vi possano essere modifiche in corso d'opera. Tanto per cominciare, a Netanyahu non difetta il cinismo e poi la Livni sa bene di godere delle simpatie internazionali. Simpatie che non si apparentano con l'aperto e pubblico sostegno, soprattutto americano, proprio per non interferire negli affari interni di un alleato. In realtà la Livni, che ha ricevuto l'ospite John Kerry, presidente della commissione esteri del senato Usa, che era diretto a Gaza, nella tana di Hamas, non è barricata dietro il «no» a Bibi. La battagliera ministra degli Esteri avrebbe infatti accettato una guida del governo a rotazione (come accadde nel 1984 tra Peres e Shamir, che guidarono l'esecutivo due anni ciascuno), subito stoppata però dal rifiuto dell'avido Bibi, che non vuol cedere il timone neppure per un minuto.
Eppure, anche il disinvolto leader del Likud sarà costretto a ragionare e a calcolare. Primo, perché sulla soluzione dei due Stati non è soltanto schierata l'opposizione israeliana, ma l'intero mondo; secondo, perché i confinanti Paesi arabi si stanno riposizionando e corteggiano Washington e Gerusalemme non può entrare in rotta di collisione con il potente alleato; terzo, perché le pressioni sono cominciate, anche da parte dei palestinesi moderati, già pronti a dire, come hanno fatto Abu Mazen e ancor più esplicitamente il pacifista Mustafà Bargouti, che con un governo di estrema destra, «Israele non è più un partner di pace».

La REPUBBLICA - Alberto Stabile: " Giusta la scelta di Tzipi fra un anno sarà più forte "

GERUSALEMME - «Annunciando che starà all´opposizione, Tzipi Livni ha fatto la scelta più giusta. Non posso predire se alla fine del negoziato manterrà la parola, ma sono convinto che nell´arco di sei mesi-un anno il governo della destra cadrà. E allora Netanyahu sarà costretto a chiedere in ginocchio alla Livni di dar vita ad una nuova, più ampia maggioranza».
Yossi Alpher, uno dei più noti politologi israeliani, ex consigliere di Ehud Barak ai colloqui di Camp David, non ha dubbi: «Il presidente, Peres, non aveva altra scelta che dare l´incarico a Netanyahu. Se ci fosse stato un pareggio tra il blocco della destra e le forze del centro-sinistra, avrebbe avuto più margine per manovrare. Ma, dati i risultati, Peres non poteva non dare l´incarico al capo del Likud».
Eppure, nonostante debba il suo incarico al successo della destra, Netanyahu dice di volere un governo di unità Nazionale. Le sembra logico?
«Perché Netanyahu sa di avere a disposizione una maggioranza veramente problematica, imbarazzante. Per questo vuole che ne faccia parte anche Kadima. Se la Livni accettasse si ritroverebbe in una posizione decisamente scomoda: in qualunque momento, su qualsiasi provvedimento, Netanyahu potrebbe decidere di andare al voto, sicuro di ottenere l´appoggio del blocco nazionale. Dunque, fa bene la Livni a non accettare».
Ma lei pensa che la Livni potrà mantenere questa posizione o i notabili di Kadima, partito nato per governare, la costringeranno ad accettare un compromesso?
«Difficile da dire. Indubbiamente Tzipi Livni è in una posizione forte anche all´interno del partito, perché se i notabili, come dice lei, sono stati eletti, lo devono anche al suo successo personale. Certamente ha commesso degli errori, ad esempio nel cercare con troppa insistenza il consenso di Lieberman. Ma quella compiuta adesso è una mossa intelligente».
In che senso?
«Nel senso che punta a ottenere in un futuro non lontano migliori condizioni di quelle che potrebbe ottenere adesso, se corresse in soccorso di Netanyahu. Non posso credere che un governo di destra come quello che si profila durerà più di sei mesi, un anno».
Quando dice che quello di destra è un governo imbarazzante pensa ai rapporti con l´Amministrazione Obama?
«Certamente il problema principale è rappresentato dai rapporti con gli Usa, ma anche con la Giordania, l´Egitto, i paesi arabi moderati. Il governo di destra deciderà un´espansione degli insediamenti e questo, agli occhi dei nostri interlocutori, è inaccettabile».

Il MANIFESTO - dedica due articoli a pag. 11 all'argomento. Nel primo ( " L'esordio di Netanyahu: uniti contro Teheran", di Michelangelo Cocco) la frase " In conferenza stampa sia il presidente della repubblica che Netanyahu hanno fatto appello alla formazione di «un’ampia coalizione di unità nazionale», come la maggior parte dei governi che si sono succeduti nello Stato ebraico dall’occupazione dei territori palestinesi nel 1967. " associa Netanyahu all'occupazione di territori palestinesi. Cocco fa capire al lettore che lo Stato palestinese non esiste per colpa dei governi di unità nazionale (oppressori) di Israele. Anche Netanyahu vuole un governo di unità nazionale e, per questo, lo Stato palestinese non esisterà mai. Cocco dimentica, come al solito, di citare i veri responsabili della non esistenza dello Stato palestinese, e cioè i paesi arabi e le stesse dirigenze palestinesi che hanno rifiutato l'esistenza di Israele e optato per il terrorismo.
Il secondo articolo ( " Bibi e l'ultradestra, una coalizione nel pantano ", di Zvi Schuldiner) prima sostiene che Neatanyahu (che in realtà durante il suo governo ha firmato un accordo con l'Autorità palestinese) avrebbe sempre boicottato le trattative per la nascita dello Stato palestinese ( "
Pochi mesi dopo l’assassinio di Rabin, Netanyahu cercò di ottenere i voti del centro con velate allusioni alla «accettazione degli accordi internazionali firmati da Israele », che significava accettare Oslo e un patto con i palestinesi. (...) Una volta eletto manovrò per trasformare gli accordi in lettera morta, e fece il possibile per proseguire una politica che non avrebbe potuto portare a nessun progresso con i palestinesi.") , poi accusa Kadima e i laburisti di essere " formule un poco più moderate dell’ideologia imperante. Barak ha scelto la guerra criminale a Gaza, e la Livni lo ha stimolato e premuto come un’estremista qualsiasi, per dimostrare di essere una candidata adeguata". Insomma, non c'è differenza fra i candidati alle elezioni. Conosciamo qualcun altro che ha fatto le stesse dichiarazioni al riguardo: Hamas.

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