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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
19.01.2009 La sinistra antisemita
le analisi di Paolo Guzzanti e Peppino Caldarola

Testata:
Autore: Paolo Guzzanti - Peppino Caldarola
Titolo: «Neppure con Mussolini c'era tanto odio razzista - Sul Medio Oriente D'Alema tenta la scissione dei Pd»

Dalla prima pagina e da pagina 4 del GIORNALE del 19 gennaio 2009, riportiamo l'articolo di Paolo Guzzanti "Neppure con Mussolini c'era tanto odio razzista":

All’articolo uno del manuale del perfetto antisemita del XXI secolo c’è scritto: «Io non sono antisemita, io sono antisionista, i nuovi ebrei sono i palestinesi e perfino il mio più caro amico (amica, compagno di scuola, fidanzata) è ebreo/a». Il perfetto antisemita dice, come diceva Stalin quando lanciò la grande purga contro gli ebrei poco prima di morire: «L’antisemitismo è una barbarie nazifascista che noi respingiamo totalmente e con sdegno. Noi però condanniamo il cosmopolitismo». Il perfetto antisemita ha imparato che deve mostrare deferenza alle vittime di Auschwitz e subito dirà che Gaza è la nuova Auschwitz. Quando brucerà in piazza a Bologna o a Milano le bandiere con la stella di Davide, dirà a se stesso che è come se bruciasse la svastica di Hitler. Il perfetto antisemita indossa la kefiah palestinese a quadretti rossi e bianchi o a quadretti bianchi e neri. Il perfetto antisemita resterà indifferente e cambierà discorso se gli mostrate le foto dei militari di Hamas che marciano facendo il passo dell’oca e il saluto hitleriano.

Il perfetto antisemita ignora che il Gran Muftì di Gerusalemme era alleato del nazismo e chiedeva a Hitler di sradicare e uccidere tutti gli ebrei che vivevano in Palestina, questa regione inesistente, inventata dall’imperatore Adriano dopo l’espulsione della maggior parte degli ebrei dal loro regno,
Il cosmopolitismo come sinonimo di antisemitismo, caro a Stalin, era il nome che si usava prima dell’antisionismo per evitare di professarsi antisemita, odiatore e, in pectore, sterminatore di ebrei. Cosmopolita era Leon Bronstein, detto Trotskij, ed ebrei cosmopoliti erano i grandi padri della rivoluzione bolscevica fra cui Kamenev, Zinoviev, Sverdlov, Radek, Ioffe e Litvinov per la festa degli antisemiti di tutto il mondo i quali potevano scegliere fra i due grandi complotti ebraici da usare per giustificare il loro antisemitismo. Il primo complotto era quello degli ebrei alla guida della grande finanza e del capitalismo imperialista mondiale e il secondo quello degli ebrei alla guida del comunismo e della rivoluzione mondiale. A scelta.

I giovani e i meno giovani che si rovesciano nelle piazze in questi giorni per urlare il loro odio razzista e viscerale per Israele pensano di poter prendere piccole precauzioni, indossare il loro preservativo morale della premessa antifascista per poter esprimere ciò che le viscere più profonde comandano loro. Odio. Non critica, non preoccupazione, ma odio. Al loro fianco militano moltissimi ebrei che odiano Israele e la propria stessa identità ebraica. Questo è un altro problema dell’ebraismo: l’antisemitismo interno, una varietà di quello esterno, che invoca la negazione dell’identità per raccogliere l’applauso del nemico.
Un passo indietro. George Orwell, in genere citato soltanto per 1984 e per La fattoria degli animali descrisse la furia distruttiva, rabbiosa e violenta contro gli occidentali, quando Hitler attaccò la Polonia (subito imitato da Stalin, secondo accordi congiunti) e tutti i pacifisti francesi, inglesi e americani si rovesciarono come dementi per le strade reclamando «pace subito», e «no alla guerra», intendendo bloccare i governi dei propri Paesi impedendo che scendessero in guerra contro il nazismo. Quella gente orrenda raccontata da Orwell era la stessa, geneticamente la stessa, che oggi brucia le bandiere di Israele e vomita odio per gli ebrei, dicendo di essere «antisionista», per non ammettere di essere antisemita.

Quando ero in Medioriente negli anni Ottanta molti colleghi dei giornali di sinistra di cui non faccio il nome per pietà, raccontavano con successo barzellette antisemite ai palestinesi riscuotendo applausi a scena aperta. Un autorevole commentatore adorava la seguente barzelletta: «Sapete che differenza c’è fra un ebreo e una pizza napoletana? Ve la dico io: venti minuti di cottura al forno». Gli antisemiti confessi hanno sempre delle barzellette bonarie sullo sterminio del popolo ebraico. Sono come l’amico ebreo.

Quello che è successo e sta succedendo sulle piazze italiane è nelle foto e nei telegiornali, nei volti paonazzi, nelle mascherature. Lo stesso atto di bruciare una bandiera è un gesto simbolicamente genocida: esprime il desiderio di mettere al rogo un popolo, un’etnia.
E poi Santoro. Ciò che mancava alla nostra analisi della infernale e ben padroneggiata trasmissione era l’oggetto, lo scopo di Santoro. Che non era quello di fare propaganda, non era quello di sfornare una trasmissione giornalistica squilibrata dalla parte di Hamas, ma quello di promuovere la discesa in piazza. Lo si è capito quando ha troncato brutalmente la parola di chi, seguendo ciò che aveva detto poco prima di andarsene l’Annunziata, sosteneva la necessità di capire, ricondurre alla ragione. Ciò ha fatto saltare i nervi a Santoro: razionalizzare? Capire? Cercare di descrivere i motivi del conflitto? Ma per carità: tutta la trasmissione era indirizzata allo scopo di promuovere la discesa in piazza, la scena di esaltazione collettiva alla Orwell.

A costoro non importa nulla, ma proprio nulla, se nello statuto di Hamas si prescrive non già di uccidere ogni cittadino israeliano (e dunque sgozzare se possibile bambini, vecchi, donne) ma di uccidere «ogni ebreo» sulla faccia della terra. Non è una novità, ma è un dato di fatto che chi difende Hamas e Hezbollah, queste infernali creature iraniane non troppo diverse da quel che era Al Fatah fino ad Abu Mazen, compera in blocco tutto il pacchetto, compresa la prescrizione di assassinare ogni cittadino francese, italiano, americano, olandese e di non importa quale passaporto e bandiera, purché sia «ebreo».

La strategia di Hamas, come prima quella di Hezbollah, è stata sotto questo punto di vista perfetta. Sapendo di non poter competere militarmente, neanche nello scontro corpo a corpo, nel combattimento casa per casa, con le truppe israeliane, i dirigenti di questa organizzazione razzista e nazionalsocialista (un’antica tradizione araba, il nazismo) che è Hamas hanno dichiarato in pubblici comizi che abbiamo visto e ascoltato che alla diversa capacità bellica si deve supplire «con l’industria della morte: noi possiamo trasformare le nostre donne, i nostri bambini, i nostri vecchi, in morti. Loro lo sanno e ne sono felici, sono pronti al sacrificio, e noi dobbiamo farli morire come scudi umani, dobbiamo far sì che la loro morte diventi la nostra migliore arma». Questo è il passaggio cui l’Idf non ha saputo porre rimedio: non è bastato che gli uomini dell’Israeli Defence Forces telefonassero a ogni casa in cui era stata sistemata una rampa, prima di bombardarla. Hamas ha costretto la gente a morire e abbiamo anche visto i video in cui le donne urlano con tutta la loro forza e il loro odio la maledizione ad Hamas, non agli israeliani, per aver causato la morte dei loro bambini.

Ma per il mondo di Santoro tutto ciò è dettaglio un fastidioso dettaglio. L’industria della morte andava usata come carburante per rilanciare il vittimismo di chi ha scatenato la guerra con il lancio di migliaia di missili Grad, Qassam, katiushe e colpi di mortaio e attribuire agli israeliani, tutti, la patente di infami assassini.

Gli ebrei che indossano i panni che furono dei loro persecutori e che fanno dei palestinesi gli ebrei di oggi. Sono 40 anni che sentiamo questa litania. E i giovani, i ragazzi e le ragazze italiani che vedono in televisione carri armati da una parte e bambini morti dall’altra, tutte le anime semplici e anche quelle furbe, da che parte volete che siano? Ma naturalmente dalla parte delle apparenti vittime, che poi sono le vere vittime della violenza subita all’interno di una criminale scelta propagandistica.
Pochi sanno che molti ebrei ex combattenti e spesso eroi della prima guerra mondiale furono fascisti e camerati di Mussolini, il quale aveva un’ebrea come fidanzata fissa, la Sarfatti. Alcuni di quegli ebrei si suicidarono per lo schifo e la vergogna delle leggi razziali del 1938. Ma perfino sotto il fascismo e malgrado moltissime enormi infamie (la razzia del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, con partecipazione di delatori fascisti) l’Italia aveva evitato la piaga dell’antisemitismo di massa, corale, quello da «notte dei cristalli».

Oggi siamo al boicottaggio dei negozi degli ebrei, all’alleanza con chi vuole la morte degli ebrei di ogni età, sesso e condizione. E questa massa violenta, stracciona, ignorante, con la bava alla bocca, agitata da capipopolo mediatici e no, che ne fanno uso per la propria protezione dei propri missili, è oggi lanciata sulle strade e le piazze italiane. Per carità, non ditegli che sono emuli di Himmler, seguaci di Goebbels, si offenderanno. Ditegli invece che difendono le buone ragioni dei nuovi ebrei, quelli che legano le donne e i bambini ai loro cannoni per farne carne da televisione e vincere sul piano politico e mediatico le guerre che non sanno combattere sul terreno.


In prima pagina e pagina 46 del GIORNALE, l'analisi di Peppino Caldarola sulle posizioni pregiudizialmente antisraeliane e filoarabe di Massimo D'Alema, "Sul Medio Oriente D'Alema tenta la scissione dei Pd":

Servirà poco ai palestinesi l’appoggio incondizionato della sinistra dalemiana. Servirà molto, invece, ad alcuni futuri naufraghi del Pd l’identità filo-araba. Nelle prove di scissione del partito di Veltroni la tragedia di Gaza ha svolto un ruolo catalizzatore. Mentre il segretario si barcamenava fra gli appelli per la tregua e il filo-sionismo di Rutelli e Fassino, su un altro fronte D’Alema ha lavorato per aggregare politicamente una nuova maggioranza del Pd o del partito che nascerà dalla sua spaccatura.
D’Alema non ama Israele, è un uomo politico che si ispira all’antica politica estera sostanzialmente filo-araba della Dc e del Pci (ma anche di Craxi), è stato sostenitore di Arafat, soprattutto non sopporta il ruolo pubblico delle comunità ebraiche (vero «topos» dell’antisemitismo moderno) con cui si scontra con particolare acrimonia. Questa scelta di totale adesione alla parte araba si è nutrita di gesti clamorosi: dall’abbraccio con i leader Hezbollah quando da ministro degli Esteri visitò il Libano dopo la guerra di due anni fa, alle continue prese di posizione a favore del riconoscimento unilaterale di Hamas, fino al rifiuto di sanzioni verso il regime iraniano, la cui pretesa di armarsi con la bomba atomica D’Alema mai ha contestato. Questa politica è stata definita dall’ex premier come politica realista e di «equivicinanza» alle due parti, ma ha trovato solo parole di condanna verso Israele e mai contro le organizzazioni terroristiche che assediano lo Stato ebraico. Su queste basi D’Alema sta tentando in questi giorni di costruire una maggioranza politica assai ampia.
Le sue prese di posizione, e il controcanto di Michele Santoro in tv, hanno ricevuto il consenso di vasti settori del Pd. In primo luogo l’area dalemiana in senso stretto, ma anche oltre. Il senatore fassiniano Pietro Marcenaro, a capo della commissione parlamentare sui diritti umani, si è schierato sulle sue posizioni e non su quelle dell’ultimo segretario Ds. Ma soprattutto D’Alema ha registrato la convergenza di due aree, quella legata ad Arturo Parisi con dichiarazioni di esplicito sostegno dell’on. Franco Monaco e dell’ex portavoce di Prodi, Sandra Zampa, che ha difeso Michele Santoro e la sua trasmissione filo-Hamas, all’area che fa capo a Rosy Bindi. Sulle posizioni di D’Alema, tranne Franco Marini, sono molti piddini di provenienza ex popolare più vicini a quei settori della Chiesa cattolica dichiaratamente filopalestinesi. Fuori dal Pd D’Alema è stato difeso da Franco Giordano, ex segretario di Rifondazione comunista e dirigente dell’area Vendola, che sta lavorando a un nuovo soggetto politico di sinistra. Per la prima volta D’Alema, con le sue posizioni su Gaza e Hamas, cerca anche di conquistare il cosiddetto mondo pacifista sia quello ufficiale, i marciatori di Assisi, sia quello della sinistra più antagonista.
I futuri naufraghi del Pd si preparano, quindi, a definire il primo campo ideologico al cui interno aggregarsi all’indomani della morte o della scissione dal partito di Veltroni. Per la prima volta in Italia nascerà un partito totalmente filo-arabo, da Gheddafi agli ayatollah iraniani, a Hamas, a Hezbollah. Nella galassia radical formazioni così ce se sono tante. Il Pdci di Diliberto è una di queste, mentre l’ultimo Bertinotti stava distaccando il suo partito dall’antica ostilità verso Israele. Ma non si era mai visto che la componente probabilmente più influente della sinistra rivelasse una così totale sudditanza al mondo arabo. Il vecchio Pci era stato filo-arabo ma negli ultimi anni e, soprattutto dopo lo scioglimento, alcuni dirigenti da Occhetto a Fassino, a Veltroni a Napolitano, avevano fatto gesti importanti di apertura verso Israele e le comunità ebraiche. Con D’Alema questa politica viene cancellata con un tratto di penna. Il partito filo-arabo della sinistra che potrebbe nascere dalle ceneri del Pd potrebbe dar vita anche al primo esperimento di partito parlamentare assai vicino all’antisemitismo di sinistra. Nessuno lo proclamerà mai, tutti si affanneranno a sostenere il contrario, ma l’ostilità verso l’autodifesa di Israele, la condanna unilaterale di tutti gli atti politici dello Stato ebraico, la contestazione del ruolo pubblico delle comunità ebraiche italiane rappresenteranno e daranno voce a un humus e a un’intellighenzia che mal sopporta Israele e che fa tutt’uno con qualunque leadership araba. Questa svolta politica, malgrado le proclamate simpatie per Obama, sarà fondamentalmente anti-americana e su questo costruirà il proprio asse con le posizioni tardo golliste di Sarkozy. Dopo il Pd, e a causa della crisi del Pd, la sinistra precipiterà in un pozzetto di petrolio.

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