Dal CORRIERE della SERA del 14 novembre 2008, l'articolo di Viviana Mazza Arabia, sciopero della fame organizzato via Facebook
I 72 partecipanti, coordinatisi via web, sono rimasti senza mangiare né bere per 48 ore consecutive Il più vecchio ha 43 anni: si chiama Mohammed Al Qahtani, è professore di economia a Riad. Gli altri 71 sauditi che con lui hanno partecipato la scorsa settimana al primo sciopero della fame pubblico in Arabia sono per lo più studenti universitari (ma ci sono anche avvocati e dottori). «Siamo la nuova faccia del movimento riformista saudita», dice Al Qahtani al telefono da Riad. Le loro richieste: la liberazione di 11 attivisti dei diritti umani (tra cui professori e un ex giudice) detenuti senza accusa né condanna nelle carceri saudite (alcuni da quasi due anni); e soprattutto la riforma del sistema giudiziario. «Il cuore del problema – spiega Al Qahtani - sono gli arresti arbitrari, per cui la gente viene gettata in carcere senza accesso a un avvocato, senza processo e senza che gli vengano neppure letti i diritti. E viene dimenticata lì per 7, 8 o anche 10 anni». Lo sciopero è stato organizzato da Qahtani e una decina di altri attivisti attraverso Skype, per sfuggire alle intercettazioni. Poi hanno lanciato un gruppo su Facebook, pubblicandovi i propri nomi e numeri di cellulare, così da poter essere contattati da chi voleva partecipare: hanno chiesto di inviare una copia del documento di identità via fax, per evitare «infiltrati». Mercoledì 5 novembre a mezzanotte è scoccata l'ora X. I 72 partecipanti sono rimasti ciascuno a casa propria, in varie parti dell'Arabia Saudita, senza mangiare né bere per le seguenti 48 ore. Un metodo di lotta nuovo nel Regno (usato finora solo all'interno delle prigioni). «Abbiamo evitato una protesta di piazza per non rischiare l'arresto e quindi spaventare la gente – aggiunge Al Qahtani - . Volevamo mostrare che c'è un modo per far sentire la propria voce evitando lo scontro con le autorità». In Arabia Saudita, una monarchia assoluta, sono bandite le manifestazioni, i partiti politici e le organizzazioni civiche (9 degli 11 attivisti per la cui liberazione è stato indetto lo sciopero sono stati arrestati per aver creato organizzazioni comunitarie, uno per aver promosso una protesta e l'ultimo per aver pubblicato un dossier critico del sistema carcerario). I giovani partecipanti allo sciopero della fame non sono però venuti dal nulla: fanno parte di un movimento guidato dall'ex professore di letteratura Abdullah al-Hamid che da 5 anni scrive lettere e petizioni e organizza manifestazioni pacifiche per cambiare il sistema. Qahtani, che ha studiato negli Stati Uniti, vi ha aderito tre anni fa, insieme alla moglie Maha. Anche se i media sauditi hanno ignorato lo sciopero della fame, i media stranieri hanno fatto da megafono alle richieste degli attivisti. Il giorno dopo lo sciopero, il ministero dell'Interno saudita ha fatto sapere (informalmente e non per iscritto) che deciderà se incriminare oppure liberare gli 11 detenuti (e 9 di loro per la prima volta in 8 mesi sono stati autorizzati a vedere le famiglie). «Sono così orgoglioso », dice Al Qahtani. Dei 72 lui è l'unico ad essere stato punito: oltre a insegnare all'università, aveva un programma tv di economia sul canale panarabo «Business Channel». E' stato cancellato. «Ma tengo di più alla libertà dei miei figli », dice. Ora sta a vedere se le autorità processeranno o libereranno davvero gli 11 colleghi. Altrimenti, non esclude un altro sciopero della fame.
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