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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
25.09.2008 In mostra l'arte rubata dai nazisti agli ebrei
al Museo ebraico di Berlino

Testata:
Autore: Laura Lucchini
Titolo: «Berlino, i capolavori rubati agli ebrei»
Da L' UNITA' del 25 settembre 2008:

L’immagine in bianco e nero di enormi scaffali stracolmi di libri, quadri e oggetti di ogni tipo accoglie in questi giorni visitatori del Museo Ebraico di Berlino. Si tratta di una foto scattata nel 1948 dall’esercito statunitense in uno dei collecting point, i punti di raccolta creati da Hitler per immagazzinare e poi vendere o regalare opere d’arte e oggetti sottratti agli ebrei a partire dal 1935. La fotografia è stata scelta come manifesto di Raub und Restitution, «Saccheggio e Restituzione», una mostra ambiziosa che cerca di entrare a fondo nell’ancora attualissimo problema della restituzione di opere d’arte saccheggiate durante il nazismo.
L’esposizione ripercorre attraverso immagini e documenti il pellegrinaggio di quadri, porcellane e mobili, appartenuti un tempo alla famiglia Rotschild, a Sigmund Nauheim o alla pianista Wanda Landovsky che in alcune occasioni terminarono nelle mani di gerarchi nazisti come Alfred Rosenberg, Herman Goering e dello stesso Adolf Hitler.
In occasione della presentazione della mostra, lo scorso giovedì, il direttore del Museo Michael Blumenthal ha condannato gli alti funzionari nazisti: «Tra tutti facevano a gara per vedere chi rubava di più e si arricchiva più rapidamente». Allo stesso modo ha rimarcato la responsabilità di collezionisti d’arte tedeschi, commercianti e musei per aver approfittato per anni di un mercato in cui i beni confiscati agli ebrei venivano venduti a basso costo.
Sopprimere l’arte degenerata, bandire i libri che potevano minacciare l’ideologia nazista, rimpatriare le opere d’arte tedesche partite dalla Germania dopo il 1500... Questi e altri pretesti furono usati dal nazismo per attuare una confisca sistematica e senza precedenti di beni artistici e culturali. Secondo le istituzioni ebraiche che si occupano delle restituzioni furono seicentocinquantamila le opere sottratte da Hitler in tutta Europa. Ad oggi, sono moltissime le cause ancora in atto.
La mostra è stata allestita come se fosse all’interno di uno dei magazzini creati da Hitler: quadri, oggetti e documenti sono disposti su grandi casse di legno che definiscono il percorso. Tutte le opere presentate in questo percorso sono già state restituite. Ricostruire il viaggio di questi oggetti è diventato più semplice dopo la caduta del Muro di Berlino e l’apertura degli Archivi dell’Europa dell’Est. Di grande aiuto fu anche l’«Accordo di Washington», firmato nel 1998 da quarantaquattro paesi che stabilisce alcune direttive su come trattare con le opere confiscate da nazismo.
L’esempio più celebre dei saccheggi nazisti è un quadro del pittore austriaco Ernst Ludwig Kirchner Berlino, scena di strada (1914) che fu restituita al suo proprietario originale nel 2006, e subito rivenduta l’anno successivo per 38,1 milioni di dollari.
La maggior parte dei tedeschi, incluso il ministro dei Beni Culturali, Bernd Neumann, sono favoirevoli ad analizzare le collezioni per rispondere alle richieste di restituzione. «Più di sessanta anni dopo la fine della guerra, in Germania manca un controllo nell’ambito della responsabilità morale della restituzione di opere sottratte durante il nazismo», ha detto Neumann.
Il caso dell’opera di Kirchner ha aperto un vaso di Pandora, e molti esperti hanno manifestato scetticismo di fronte all’impossibilità di verificare la maggior parte dei reclami. Allo stesso tempo la comunità ebraica accusa i musei per non aver compiuto indagini adeguate sui contenuti delle proprie collezioni.
La mostra resterà aperta al pubblico fino al 25 gennaio 2009.

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