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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
24.09.2008 Dove sono le sanzioni ?
l'Italia e gli altri paesi europei continuano a fare affari con l'Iran

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Italia-Iran, radiografia di un giro di affari in continua crescita»
In molti invocano un rafforzamento  delle sanzioni verso l'Iran. Intanto però, gli affari dei paesi europei con il regime degli ayatollah continuano e, anzi, crecscono.
In Italia, come documenta il seguente articolo di Umberto De Giovannangeli, e non solo. Anche, per esempio, in Germania.
E' dunque lecito domandarsi "dove sono le sanzioni"? Qual'è la loro efficacia, e quale sarebbe l'efficacia di un loro eventuale inasprimento ?

Da L'UNITA' del 24 settembre 2008 un articolo di Umberto De Giovannangeli:


DICE: Ahmadinejad è un novello Hitler. Denuncia: come il fondatore del Reich nazista, il suo epigono iraniano intende provocare una nuova Shoah. Un Olocausto nucleare. Parole di Silvio Berlusconi. Una presa di posizione netta, durissima, quella del premier italiano, che ha scatenato la protesta ufficiale di Teheran. Una domanda sgorga spontanea: ma con il «novello Hitler» è possibile, lecito, coerente, moltiplicare il giro di affari? E ancora: c’è una linea di coerenza non ricevere il «novello Hitler» a Palazzo Chigi (in occasione della presenza a Roma, nel giugno scorso, del presidente iraniano per il vertice mondiale della Fao) e, al contempo, chiudere tutte e due occhi di fronte all’incontro, avvenuto sempre a Roma e negli stessi giorni, tra il «novello Hitler» e alcuni top manager di importanti aziende pubbliche italiane, come l’Ansaldo e la Fata del gruppo Finmeccanica. L’Ansaldo è attiva in Iran da molti anni ma la realizzazione del suo ultimo progetto, del valore di circa 350 milioni di euro, risale al 2004, con la partecipazione alla costruzione di quattro centrali elettriche. La Fata ha in corso di realizzazione un impianto di oltre 300 milioni di euro per la produzione di alluminio primario a Bandar Abbas, nel sud dell’Iran. Insomma, «pecunia non olet». Ribadisce il ministro degli Esteri, Franco Frattini: con l’Iran «c’è un problema politico: non può essere un interlocutore dell’Italia chi dice che Israele debba essere cancellata dalla carta geografica». Interlocutore politico, forse no, ma gli affari, si sa, sono affari...E gli interessi commerciali rimangono di capitale importanza per l’Italia, in un Paese ricco di petrolio e gas come l’Iran (quarto produttore di greggio al mondo), con il quale esiste una consolidata tradizione di interscambi e progetti di sviluppo realizzati da imprese italiane.
Nel 2007, con un interscambio complessivo di 5,7 miliardi di euro, l’Italia è stata, tra i Paesi dell’Unione Europea, il primo partner commerciale dell’Iran. Le importazioni dalla Repubblica islamica, per l’80% petrolifere, sono state pari a 3,9 miliardi, contro esportazioni per 1,8 miliardi, che hanno posizionato l’Italia al terzo posto tra i Paesi fornitori di Teheran, dopo la Germania e la Francia. Si dirà: le relazioni commerciali non sono patrimonio politico di un governo. Ma non vi è dubbio che è l’esecutivo a orientarle, facendole coincidere, quanto più possibile, con le scelte strategiche della sua politica estera. Dati. Non opinioni. Dati ufficiali, ricavati da un rapporto della Camera di Commercio Italia-Iran. Affari e politica. Alla fine del 2006 (23 dicembre), l’Onu approva il primo round di sanzioni contro Teheran, a cui ne seguono altri due. Ebbene, le esportazioni italiane in Iran nel 2007 hanno raggiunto l’1,861 miliardi di euro, a fronte dell’1,825 miliardi del 2006, con un incremento del 2,01%. Le importazioni dall’Iran verso l’Italia sono passate da 2,922 miliardi di euro nel 2005 a 3,880 nel 2006 e 4,186 nel 2007. Mettendo insieme il dato importazioni+esportazioni nel 2007 si ottiene un valore che supera quello del 2006: siamo passati da un volume di affari con l’Iran di 5,718 miliardi di euro nel 2006 a 6,048 nel 2007. l'Italia è stata, tra i Paesi dell'Unione Europea, il primo partner commerciale dell'Iran. Un dato che, a quanto risulta a l’Unità che è in crescita nei primi 4 mesi del 2008 rapportati allo stesso periodo del 2007. Stiamo dunque parlando di dati, e affari, intervenuti dopo l’elezione di Ahmadinejad a presidente dell’Iran e dopo le sue gravissime esternazioni su Israele. Ancora: programmi di assicurazione all’export dell’Italia verso l'Iran ammontano a circa 4,5 miliardi di euro e tra i Paesi dell’Unione Europea, l’Italia è seconda solo alla Germania. Lo riporta un articolo pubblicato sul sito «New Europe», il settimanale online di analisi delle politiche europee. La SACE, principale Agenzia di Credito all’Esportazione in Italia che a tutt’oggi è al 100% di proprietà del Ministero del Tesoro, assicura le imprese che realizzano progetti e investimenti in Iran contro il rischio politico e commerciale di insolvenza - nota la Crbm (Campagna per la riforma della Banca Mondiale). «Da diversi anni l’Iran figura ai primi posti nell’elenco dei Paesi verso cui la SACE fornisce garanzie. Una strategia che si può fare risalire almeno al 2000, quando anche in sede G8 si riteneva opportuno cercare di aumentare gli scambi commerciali con il Paese asiatico». Nel 2001 ci fu anche un forte interessamento della Telecom Italia allora guidata da Roberto Colaninno al nascente mercato iraniano della telefonia: allora, va detto, a Teheran governava il riformista Khatami. di cordate composte dalle principale banche iraniane, tutte pubbliche. Quattro di queste, legate da rapporto debitorio con la sola Mediobanca, sono addirittura banche governative, emanazione diretta dei Ministeri al finanziamento delle cui attività sono esclusivamente finalizzate. Anche a livello creditizio i rapporti bilaterali sono significativi. Mediobanca e l’allora Banca Intesa, poi confluita con San Paolo nel grande polo bancario di Bazoli, nel 2006 vantavano crediti rispettivamente per 2 e 1,5 miliardi di dollari nei confronti di cordate composte dalle principale banche iraniane, tutte pubbliche. Quattro di queste, legate da rapporto debitorio con la sola Mediobanca, sono addirittura banche governative, emanazione diretta dei Ministeri al finanziamento delle cui attività sono esclusivamente finalizzate. Mediobanca, Eni, Telecom, Capitalia, Montedison, Falck. Il gotha del capitalismo italiano non ha smesso di fare affari, del tutto leciti, con l’Iran khomeinista. La domanda va dunque riformulata in questi termini: si deve o no continuare a fare affari con un Paese che, Berlusconi dixit, è presieduto da un epigono di Adolf Hitler?

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