Tra i numerosi articoli dedicati dai quotidiani del 19 settembre 2008 all'elezione di Tzipi Livni come leader di Kadima, abbiamo scelto quelli di Fiamma Nirenstein, Menachem Gantz e Michael Sfaradi, che riportiamo più sotto.
Merita una segnalazione anche l'intervista di Davide Frattini al biografo ed ex assistente di Golda Meir, Meron Medzini, che paragona la prima donna premier di Israele con quella che potrebbe diventare la seconda. La pubblica il CORRIERE della SERA a pagina 15 ("Golda e Tzipi, l'orgoglio e la forza")
Anche Ugo Tramballi a pagina 15 del SOLE 24 ORE paragona Livni e Meir ("Tzipi come Golda ? L'apparenza inganna"), non perdendo l'occasione di qualche distorsione della storia. Sadat , secondo lui, fu costretto a scatenare la guerra del Kippur dal rifiuto opposto proprio da Golda Meir alla sua proposta di pace. La guerra del Kippur non fu piuttosto la prova che, nel 71, Sadat non era ancora pronto alla pace che avrebbe firmato nel 78 ?
Tramballi confronta poi l'ordine di eliminare i responsabili della strage contro gli atleti israeliani a Monaco, dato da golda Meir, con l'esclusione, da parte di Tzipi Livni, dalla definizione di terrorismo degli atti violenti compiuti contro i soldati israeliani. Questa contrapposizione è però inesistente: prima di tutto perché gli atleti israeliani a Monaco erano civili, e poi perché Livni non ha mai detto che Israele non debba difendere le vite dei suoi soldati.
Alberto Stabile su La REPUBBLICA contrappone il realismo di Livni al presunto "mito della forza" del suo rivale Mofaz (pagina 15 "Israele, vittoria risicata per Livni palestinesi divisi sul dopo Olmert").
Ecco il testo dell'analisi di Fiamma Nirenstein, da pagina 18 del GIORNALE
Hamas ha fatto un commento davvero speciale alla designazione di Tzipi Livni: per noi sono tutti uguali, però lei è peggio perché è una donna, quindi vorrà strafare. In realtà Tzipi Livni ha un carattere guardingo e riflessivo. E poiché, nonostante gli exit poll gonfiate della nottata, ha avuto soltanto un punto percentuale in più, cioè 431 voti, del suo avversario Shaul Mofaz, sta di certo soppesando il futuro con occhio realistico, e lo vede non facile.
Livni ha un “plus” fantastico: marcia sulle orme sensibili della storia dietro Golda Meyer, primo presidente donna nel 1969, e si unisce, alta, bionda, colta, cinquantenne, al bel treno della storia su cui viaggiano Angela Merkel, Condi Rice, Sarah Palin, Hillary Clinton. Ma in fondo sa che il mondo guarderà a lei con grande aspettativa e si farà una domanda: riuscirà a mandare avanti il rapporto col mondo arabo sulla strada della pace? Come ministro degli Esteri è stata al fianco di Olmert negli incontri con Abu Mazen e nei colloqui (indiretti) con i siriani, e per questo, in tempo di assedio integralista islamico a Israele, è divisa fra l’opinione pubblica interna che vuole vedere la propria sicurezza affidata a mani decise, e il mondo degli “state department” sempre concilianti. E sa che comunque non è tanto lei a decidere sul futuro della pace, quanto una leadership di Fatah oltremodo impegnata in un testa a testa sanguinoso con Hamas che prepara la conquista dell’Autonomia palestinese; dall’altra parte le intenzioni del presidente siriano Assad sono quanto meno ambigue.
La Livni dovrà enunciare il suo programma per la sicurezza e la pace insieme, e non sarà facile. La situazione interna le comporta un compito quasi impossibile: riabilitare il partito di Kadima, rovinato da errori e disgrazie. La prima disgrazia fu l’ictus di Ariel Sharon, suo fondatore e mentore di Tzipi. Ma oggi, oltre alla perdita essenziale dell’unico leader di destra che riuscì a introdurre politiche di sinistra,ormai invise dopo che Hamas ha fatto diventare Gaza una rampa di lancio di missili antisraeliani, Livni deve riabilitare Kadima dagli scandali di Olmert e soprattutto dalla vergogna del risultato della commissione Vinograd che decretò l’insipienza del gruppo dirigente nella guerra del Libano del 2006, compresa lei.
Il fallimento del governo passato disegna una possibile sconfitta alle elezioni, ed è la ragione per cui per cui Netanyahu ha già detto che si aspetta elezioni anticipate immediate, e anche l’area laburista di Barak chiede la stessa cosa. Dopo che Olmert avrà presentato domenica le sue dimissioni al governo restando tuttavia premier per l’ordinaria amministrazione; dopo che Peres, in seguito alle consultazioni, avrà dato l’incarico a Tzipi di formare il nuovo governo, ci saranno 42 giorni di trattative difficili specie con Shas, il partito religioso. Da quel momento la Livni si troverà ad affrontare una delle operazioni più difficili della politica israeliana: la riabilitazione di Kadima alla leadership del Paese. Le elezioni balenano sullo sfondo, ma lei è sempre passata agli esami con 30 e lode. È una ammirevole secchiona. Vedremo.
Da Il FOGLIO, l'analisi di Menachem Gantz (pagina 2 dell'inserto):
Quando ha tempo, Tzipi Livni suona la batteria. Vegeteriana per motivi di coscienza, ex giocatrice di pallacanestro, la prima donna che potrebbe succedere a Golda Meir come premier di Israele adora la cioccolata e non esita a esibirsi in un karaoke quando si tratta di cantare motivi israeliani. Ex soldato, Livni non si è fatta conoscere per i suoi discorsi carismatici e non fa parte dell’élite militare, ma gode della reputazione di “miss clean”, reputazione oggi quanto mai preziosa. E infatti, alle primarie di Kadima – innescate dall’inchiesta sul premier, Ehud Olmert – Tzipi ha sbaragliato il suo rivale, Shaul Mofaz, senza neppure concedergli l’onore di un ballottaggio. Anche se era la più giovane tra i pretendenti alla successione di Olmert, la lady di ferro d’Israele ha una grande esperienza politica: negli ultimi nove anni – da quando fu eletta per la prima volta al Parlamento – è passata velocemente dai banchi posteriori della Knesset alle sedie del governo fino ad arrivare all’ambito discastero degli Esteri. Nel maggio del 2007, Time l’ha messa tra le cento persone più influenti nel mondo. Nata a Tel Aviv, Tzipi è figlia di Eytan Livni, uno dei leader del movimento Etzel, la National Military Organization, poi trasferitosi nel Likud. Anche la mamma Sara aveva un posto di rilievo in Etzel. Ecco perché, a soli 16 anni, Tzipi era già in strada a manifestare contro la visita di Henry Kissinger in Israele, volta a trovare un accordo per il ritiro israeliano dal deserto del Sinai e dalle alture del Golan, all’indomani della guerra dello Yom Kippur. Poi, come tutti i cittadini di Israele, si è arruolata a diciotto anni nell’Idf. Quando lasciò l’esercito era diventata il tenente Livni. Il primo servizio volontario per lo stato l’ha svolto all’inizio degli anni Ottanta (tra il 1980 e il 1984) per il Mossad. Mentre studiava giurisprudenza all’Università di Bar Ilan, Livni decise di far un’esperienza diversa. Intanto si era sposata con Naftali Shpitzer e aveva messo al mondo due figli. Nel 1983 decise di rimettersi a studiare, si laureò e per i dieci anni successivi fece l’avvocato – nel suo studio privato – specializzandosi in diritto commericale ed edilizio oltre che diritto pubblico Nel 1996 Livni si è candidata alle primarie del Likud, con lo slogan: “Tzipi Livni – un nome, un ‘Mossad’”: Mossad in ebraico vuol dire istituzione e Livni voleva indicare sia la sua tradizione familiare nell’istituzione del Likud, sia il fatto di aver servito nel Mossad. Si è piazzata al trentaseiesimo posto nella corsa al Parlamento, ma al Likud sono stati assegnati soltanto 32 seggi, cosicché Livni è rimasta fuori. Con il sostegno di Avigdor Lieberman, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è nominata direttore generale delle aziende governative: lì applica la politica di Bibi Netanyahu, oggi il suo grande rivale, avviando un programma di privatizzazioni. Tre anni dopo, nel 1999, in Israele ci sono le elezioni anticipate. Livni si di mette da direttore generale e corre ancora per le primarie. Questa volta arriva diciottesima: il Likud ottiene diciannove seggi e per un soffio Tzipi entra per la prima volta nella Knesset. Due anni più tardi, quando Ariel Sharon diventa primo ministro, Livni riceve il suo primo incarico ministeriale allo Sviluppo regionale. Dopo un passaggio all’Agricoltura, nel 2003, diventa ministro dell’Immigrazione (dicastero cruciale, perché si occupa di garantire un flusso sempre maggiore di ebrei in Israele) e poi delle Infrastrutture. Rilevando il posto di Tommy Lapid alla Giustizia, Livni assume un ruolo significativo nella definizione della legge che ha stabilito il disimpegno da Gaza. Il suo legame con Sharon era fortissimo, e Tzipi era considerata una delle sue più grandi sostenitrici. Fu tra le prime a seguire Sharon quando decise di creare Kadima, un partito di centro nato dalla volontà di portare a termine il progetto di concessioni territoriali. Con l’uscita di scena di Sharon, Livni non scompare. Anzi. Olmert le dà fiducia, la nomina agli Esteri e come sua vice (è la prima donna nella storia del paese a fare il vicepresidente del Consiglio e agli Esteri è seconda soltanto a Golda Meir). Il processo di pace è naturalmente la sua priorità. E’ al summit di Annapolis con Olmert e guida la delegazione israeliana per i negoziati con i palestinesi. Ma a Tzipi non piace l’accelerazione che Olmert impone al processo. “Non si possono anticipare troppo i tempi e costringere Israele a superare differenze che portano a una rottura, oppure rinunciare alle questioni più delicate per portare a casa un qualunque risultato”. Livni comincia a incappare in qualche errore. Soprattutto in seguito alla Seconda guerra del Libano, nel 2006. Il primo sbaglio lo compie in seguito ai risultati della commissione Winograd che si è occupata dell’inchiesta sulla decisione del governo di andare in guerra e sull’andamento della guerra stessa. Il secondo errore lo compie con la risoluzione dell’Onu 1.701, che ha il compito di scrivere. Livni è messa sotto accusa soprattutto dall’attuale ministro della Difesa, il laburista Ehud Barak, il quale sostiene che la 1.701 sia del tutto inefficace: Hezbollah non ha smesso di armarsi, nel sud del Libano, anzi, continua a rafforzarsi. Barak e Mofaz (lo sfidante battuto a queste ultime primarie di Kadima), entrambi ex capi di stato maggiore e ministri della Difesa, criticano Livni per mancanza di coraggio, per debolezza e inesperienza: insomma una che alla famigerata telefonata delle tre del mattino non saprebbe che cosa rispondere. Barak arriva a chiamarla, in un’intervista radiofonica, col suo nome completo, Tzipora (la moglie di Mosè), sminuendone capacità e preparazione. Livni non si spaventa. “Mi possono chiamare quando vogliono, non soltanto alla tre di mattina – dice – Chi stabilisce che soltanto i generali sanno rispondere al telefono di notte? La questione non è se riesci ad alzare la cornetta, ma le decisioni che prendi”. I sondaggi le hanno dato ragione. E poi Livni ha avuto gioco facile a ricordare a Barak la sua “fuga” dal Libano nel 2000, quando era premier, “fuga” che permise a Hezbollah di avere a disposizione una terra per organizzare la lotta contro Israele. Ma a far traballare sul serio la carriera di Livni non è stata la politica estera. Il 2 maggio del 2007, due giorni dopo la pubblicazione del rapporto parziale della commissione Winograd, Livni convoca una conferenza stampa e chiede le dimissioni di Olmert. “Le dimissioni sarebbero la cosa giusta da parte sua”, dice. Il premier non si dimette né la licenzia. Ma la rottura tra i due ormai è insanabile. Tra sgarbi più o meno palesi si arriva agli interrogatori di Olmert, all’annuncio delle sue future dimissioni, alle primarie di Kadima. Tzipi parla poco e va molto dagli attivisti del partito. Dice che con l’Iran “è necessario attivare nuove sanzioni e irrigidire quelle già esistenti. Il mondo deve collaborare e Teheran deve sapere che tutte le opzioni sono sul tavolo”. Critica “gli israeliani che alzano la voce, che sbattono i pugni sul tavolo e che fanno cose per risultare popolari in Israele ma che così facendo trasformano la questione iraniana in un problema tutto israeliano – così la comunità internazionale se ne andrà e resteremo da soli ad affrontare questo problema”. Precisa che non dialogherà mai con Hamas finché il gruppo palestinese non darà seguito alle richieste del Quartetto. E il Golan? “Non faccio negoziati via media”, risponde. Ma il dialogo con i siriani incoraggiato da Olmert a lei non piace per niente: “Ha fornito una legittimazione internazionale a Damasco, come dimostra anche la visita a Parigi del rais Bashar el Assad. Mi dispiace che la Siria sia legittimata senza dare in cambio nulla”. E tanto per non lasciare dubbi sul suo rapporto con Olmert, Livni non smette di sottolineare che lui non l’ha neanche avvertita delle trattative con Damasco. Per fare il premier ci vuole una visione strategica, dice Livni. Il ricordo va sempre – come evitarlo? – a Golda Meir. Al suo primo viaggio da ministro degli Esteri a Roma, il Foglio le ha chiesto come si sente nel vedersi sempre paragonata a Golda. “Mi rende più responsabile – ha risposto Tzipi – E’ un onore, e un richiamo a non sbagliare”.
Il commento di Michael Sfaradi da L'OPINIONE :
Le primarie di Kadima si sono concluse, come era stato previsto, con la vittoria di Tzipi Livni, ma questa vittoria, al contrario di quello che si poteva credere alla vigilia, anziché rafforzare il partito creato da Sharon, potrebbe portare a termine il lavoro iniziato da Olmert e distruggerlo definitivamente. Le percentuali per un candidato, necessarie ad evitare il ballottaggio sono del 40%, ma in questo caso, per altro rarissimo, sono in due i candidati che hanno superato questa soglia: la Livni con il 43,1% e Shaul Mofaz con il 42%. Questo significa che a conti fatti il segretario del partito, e di conseguenza chi dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere il nuovo primo ministro, è stato deciso da 431 voti di differenza. Le primarie avevano vari obbiettivi come, ad esempio, sostituire in tempi brevi Ehud Olmert, personaggio da tempo scomodo per Kadima. Dovevano dare l’idea, soprattutto agli alleati di governo, di un partito sano ed unito che elimina, rinnovandosi, le mele marce. Dall’analisi del voto, invece, si vedono degli scenari dove è chiaro che nessuno di questi obbiettivi sia stato raggiunto perché le percentuali finali mettono in risalto una spaccatura all’interno di Kadima e questo rende improponibile l’idea di un partito unito, forte e capace di governare in un momento così delicato come quello attuale. Per Tzipi Livni sarà difficile, se non impossibile, convincere gli attuali ministri a far parte di una nuova compagine, e visto che la sua vittoria non è stata schiacciante come avrebbe dovuto essere, mantenere viva la coalizione diventa una missione impossibile. I sondaggi danno Kadima in netto calo di preferenze e gli attuali alleati hanno la forte tentazione di giocare la carta delle elezioni anticipate.
Il Likud (che, secondo i sondaggi, sarebbe il più votato in caso si tornasse alle urne) per voce del suo segretario Beniamin Netanyahu ha già fatto sapere che non farà parte di un governo di unità nazionale. Con l’avvicinarsi delle festività ebraiche, il capodanno lunare (Rosh Ha Shanna), il giorno dell’espiazione (Kippur) e la festa delle capanne (Sukkot), le consultazioni per la formazione di un’eventuale nuovo governo potrebbero slittare di almeno tre settimane e il tempo che la Livni ha per presentare un nuovo governo, con una maggioranza certa alla Knesset, al presidente Shimon Peres, è limitato per legge. Nel frattempo Olmert, che aveva assicurato le sue dimissioni all’indomani del voto alle primarie, rimane indisturbato al suo posto e continua a fare danni e ad esercitare il potere come se nulla fosse, continuando, e questo è l’assurdo, i suoi colloqui di pace con Abu Mazen, l’altra marionetta di questo teatro dei burattini. Le regole della democrazia dicono che quello che sta succedendo è tutto legale, ma è chiaro che non possono essere 431 voti di un partito che non ha più il favore popolare a decidere chi deve guidare il paese e questa è la ragione per cui l’insofferenza cresce sia nei partiti che nella popolazione.
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