Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Tradotto in arabo Amos Oz per iniziativa dell'avvocato palestinese Elias Khoury: suo figlio venne ucciso perché scambiato per ebreo
Testata:Corriere della Sera - La Stampa Autore: Davide Frattini - Francesca Paci Titolo: «Perse il figlio in un attentato Fa tradurre in arabo Amos Oz - Il traduttore: “Ma il dialogo non dipende dalla lingua...”»
L'avvocato palestinese Elias Khoury ha promosso la traduzione in arabo del libro di Amos Oz (nella foto)"Una storia di amore e di tenebra":
Dal CORRIERE della SERA del 9 settembre 2008, la cronaca di Davide Frattini:
GERUSALEMME — Quando George Khoury è uscito di casa per correre, si è ha lasciato dietro una lista di concerti jazz da vedere e un padre che adesso aspetta di andare a dormire nella speranza di sognarlo. Un venerdì sera, marzo, ancora freddo a Gerusalemme, ha scelto il quartiere di French Hill, costruito nella parte est della città. Terra da liberare per le Brigate Al Aqsa, zona di guerra: «Abbiamo ammazzato un colono », ha rivendicato il gruppo palestinese legato al Fatah, dopo aver lasciato George sulla strada, un colpo in pancia e un colpo alla testa. Il «colono» George era figlio di uno degli avvocati arabi israeliani più noti a Gerusalemme. Elias Khoury, cristiano, lotta da anni contro le espropriazioni e gli insediamenti in Cisgiordania, da quando la sua famiglia perse le proprietà nel 1948 e suo padre decise di prendere la cittadinanza del nuovo Stato ebraico (e una laurea in legge) per tentare di riottenere i possedimenti. Elias si è sempre considerato un ponte tra palestinesi e israeliani e così aveva educato George, che conversava in arabo, ebraico, inglese, amico di tutti, nemico della violenza. Quattro anni dopo la morte del figlio, ha deciso di costruire un nuovo ponte fatto di parole. Ha pagato la traduzione in arabo per Una storia di amore e di tenebra, il romanzo autobiografico di Amos Oz. «Racconta la sua vita a Gerusalemme — dice Khoury —, descrive i rapporti tra arabi e israeliani, la mentalità dei sionisti. È importante leggerlo, dobbiamo capire gli israeliani, sia che decidiamo di fare la pace con loro sia che vogliamo la guerra» Il libro dovrebbe essere distribuito anche in Egitto e altri Paesi arabi, come è già successo a Michael mio e Soumchi. «Perché gli arabi non traducono i libri pubblicati qua? Sono sicuro che guarderebbero gli israeliani con occhi diversi. Dobbiamo anche capire come loro ci rappresentano. Conoscere i libri prodotti da altre culture aiuta far cadere gli stereotipi. Il problema è che gli arabi non leggono abbastanza». La traduzione è stata affidata a Jamal Gnaim, nato nel villaggio di Baka-al-Gharbiye, la casa editrice è israeliana. «È stato un lavoro difficile — racconta al quotidiano Haaretz —. Il linguaggio di Oz è complesso e il mondo che viene descritto non mi era familiare. Ho provato a entrare nella sua testa. Il romanzo rappresenta le idee sioniste ed è uno dei più importanti per la letteratura ebraica. A me è piaciuto molto, è importante che altri lo leggano». La violenza per le strade di Gerusalemme ha attraversato la vita di Elias Khoury. Il padre è stato ucciso nel 1975, quando un frigorifero pieno di esplosivo è saltato nel centro della città, ammazzando lui e altre tredici persone. Come per la morte di George, il bersaglio erano gli ebrei, non un palestinese che credeva nella convivenza. Quando le Brigate Al Aqsa hanno capito di aver colpito il ragazzo sbagliato, si sono scusate con la famiglia. «È stato un errore, ci hanno detto — aveva commentato Elias al New York Times —. E mi hanno ferito ancora di più: se avessero sparato a uno studente ebreo, sarebbe stato giusto? È così che pensiamo di costruire il nostro Stato?». Khoury ha dedicato la traduzione del libro al figlio scomparso. «La sua morte dimostra quanto poco teniamo in considerazione la vita umana. Il romanzo di Amos Oz dà valore alla vita, all'amore. È per questo che l'abbiamo scelto». Ai funerali di George, quattro anni fa, l'inviato di Yasser Arafat ha preso la parola per commemorare il giovane e ricordarlo come uno «shaid». La madre lo ha interrotto: «Mio figlio era un angelo, non un martire».
Da La STAMPA, la cronaca di Francesca Paci:
La tomba di George sarà la pietra miliare del dialogo tra israeliani e palestinesi. L’avvocato palestinese Elias Khoury l’aveva promesso un pomeriggio di marzo 2004 davanti alla bara del figlio ventenne, ucciso per errore da un killer delle Brigate Martiri Al Aqsa, il braccio armato di Fatah, che voleva ammazzare un ebreo, uno che parlava una lingua diversa dalla propria, nemica. Quel giuramento è diventato realtà: dopo tre anni di lavoro, limature e revisioni, esce la traduzione araba del romanzo di Amos Oz Una storia d’amore e di tenebra, pubblicata dalla casa editrice israeliana Yedioth Books e finanziata dalla famiglia Khoury in memoria di George. «Ci telefonarono sei mesi dopo l’attentato» racconta Nili Oz, la moglie dello scrittore che vive nel deserto del Negev. «Non li conoscevamo, parlarono con Amos, dissero che erano interessati al libro. Da allora siamo amici». A casa Khoury preferiscono il silenzio, non amano la pubblicità. Elias era il legale di importanti uomini politici palestinesi quando il sicario partito da Ramallah sparò a George che faceva jogging tra i vialetti di Franch Hill, un quartiere ebraico nella parte araba di Gerusalemme. Yasser Arafat telefonò personalmente per scusarsi dell’«incidente» e offrire una compensazione, l’iscrizione del ragazzo nell’albo degli shahid, i martiri caduti per la causa palestinese. Fu la madre, madame Khoury, a rispedire al mittente la proposta del messo della Muqata, Ibrahim Kandalaft: «Mio figlio è un angelo, non un martire». Nel tempo lasciato libero dagli studi di diritto internazionale alla Hebrew University, George organizzava campi estivi per bambini israeliani e palestinesi. Un impegno ereditato dal padre e dal nonno Daoud, ucciso in un attentato palestinese a Gerusalmme nel 1975, nella speranza che l’entusiasmo infantile compensasse l’afasia adulta dei due popoli, cupa premessa di quella politica. «Ho appena finito di scrivere, mi sento pieno e vuoto» ammette il traduttore Jamal Gnaim, un ex insegnante in pensione originario della città araba-israeliana di Baka al Garbiyeh. «Il linguaggio di Oz è difficile e il mondo che descrive non mi è familiare, ma sono cresciuto in Israele, ho studiato alla Hebrew University, conosco la cultura locale. Mi sono messo nella sua testa e spero di aver ottenuto un buon risultato». L’Institute for the Translation of Hebrew Literature ha seguito passo passo il lavoro di Gnaim e Amos Oz, rivela la moglie Nili, «è molto soddisfatto». Chi leggerà ora in arabo l’autobiografia di uno dei numi della letteratura israeliana contemporanea, i sogni nel kibbutz di Hulda, l’impegno politico del sionismo, la paura costante di un secondo genocidio sotto il segno della mezzaluna islamica? Sugli scaffali delle librerie di Damasco, Beirut, Ramallah, si trovano spesso libri di autori israeliani. Sami Michael, David Grossman, il poeta Yehuda Amichai, il celebre saggio sulla distruzione dei villaggi palestinesi dello storico Benny Morris, il racconto di Amos Kenans The Road to Ein Harod pubblicato dalla rivista quadrimestrale di Mahmoud Darwish Al-Karmil. My Michael di Amos Oz ha ricevuto buone critiche al Cairo mentre Soumchi viene distribuito ad Amman. Ma la domanda è ridotta, pochi intellettuali, universitari, studiosi. Per quanto ufficialmente sdoganata dall’accordo di pace con Egitto e Giordania, la letteratura israeliana resta la bestia nera dell’accademia araba, mai emancipatasi davvero dallo stereotipo di On Zionist Literature, il manuale del palestinese Ghassan Kanafani uscito a Beirut nel 1967, all’indomani della guerra dei sei giorni. Due mondi, due narrative, un unico destino. «Israeliani e palestinesi non riescono a intendersi e la lingua è l’ultimo dei problemi» osserva Jamal Gnaim. «Da qualche parte però, bisogna pur cominciare». Fino a un paio di mesi fa, ammette, ignorava completamente chi fosse il committente della sua traduzione. Adesso è fatta. Riuscirà Una storia d’amore e di tenebra a riallacciare un dialogo interrotto? Elias Khoury ci crede. L’ha giurato sulla lapide bianca di George, una pietra miliare sulla strada per la spianata delle moschee, il muro del pianto, la valle di Giosafat. www.lastampa.it/paci.asp