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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Corriere della Sera - Informazione Corretta - Il Giornale - Il Foglio - L'Opinione Rassegna Stampa
17.07.2008 Israele piange i suoi soldati morti, mentre in Libano si festeggiano gli assassini vivi
cronaca e analisi di uno scambio impari

Testata:Corriere della Sera - Informazione Corretta - Il Giornale - Il Foglio - L'Opinione
Autore: Giuliano Gallo - Sergio Itzhak Minerbi - Piera ed Emanuela Prister - Deborah Fait - Federico Steinhaus - Fiamma Nirenstein - Lorenzo Cremonesi - Gideon Meir - la redazione - Dimitri Buffa
Titolo: «Israele piange i soldati morti Beirut in festa per i prigionieri - L'abisso che ci separa - Il Primato Morale di Israele - I ragazzi sono tornati a casa - Il valore dei morti e dei vivi -Israele, mi spiace, hai proprio sbagliato - Ben Gurion non avrebbe»

Riportare a casa i corpi è un obbligo morale - Perché Israele scambia i prigionieri - Regev e Goldwasser sono tornati a casa - Due bare. E due reazioni opposte


Dal CORRIERE della SERA del 17 luglio 2008, la cronaca di Giuliano Gallo ( a lato, Samir Kuntar stringe la mano di Hassan Nasrallah)

ROSH ANIKRA (confine Israele- Libano) — Alle nove di una mattina piena di vento e di sole, le due bare di legno scuro vengono posate a terra, senza troppa grazia, da uomini in giacca scura e occhiali neri. Prima che qualcuno le apra, gli artificieri controllano che non ci siano trappole esplosive. Adesso tocca ai medici dell'esercito, arrivati fin qui con un laboratorio mobile. Poche ore, poi arriverà la conferma: Eldad Regev ed Ehud Goldwasser sono tornati a casa per sempre. Morti, come in fondo tutti sapevano. La macabra reticenza di Hezbollah è finita. Sono stati promossi sergenti alla memoria, oggi gli faranno un funerale di Stato a pochi chilometri da qui. Intorno avranno un Paese ancora una volta ferito, costretto a vedere le immagini di questo amaro ritorno dalle telecamere di Al Manar, la televisione di Hezbollah. Costretto a rimirare Samir Kuntar, libero dopo trent'anni, che si sbraccia per salutare sorridendo i suoi compagni che lo aspettano. Per la sua liberazione Abu Abbas,il suo vecchio comandante, il 7 ottobre dell'85 aveva addirittura dirottato una nave italiana, l'Achille Lauro. Hezbollah non era ancora nato.
Ora Samir Kuntar, druso delle montagne dello Chouff, è diventato un «soldato» sciita, con tanto di divisa e bandiera libanese cucita sul petto. Così come i suoi quattro compagni di avventura, catturati molto dopo di lui. Sono arrivati al confine con un corteo di fuoristrada dai vetri neri, solo a Kuntar era stata assegnata un'ambulanza.
Mahmoud Abbas, presidente dell'Anp, da Malta si congratula con un telegramma con Kuntar, e invia i suoi migliori auguri alla famiglia. Lui promette: «Tonerò subito a combattere Israele». Come sembra lontano il vertice di Parigi di pochi giorni fa, come sembra evanescente il sogno di una pace possibile.
Per un giorno anche la Striscia di Gaza sembra diventata un pezzo di Libano: le bandiere gialle di Hezbollah ornano mercati e negozi, tutte le televisioni sono sintonizzate su Al Manar, e per strada i militanti di Hamas distribuiscono cioccolatini ai bambini. «Il rapimento di soldati israeliani resta la strada migliore per ottenere la liberazione dei nostri prigionieri», dice Fawzi Barhum, uno dei dirigenti di Hamas. E tutti pensano al caporale Gilad Shalit, rapito nel giugno del 2006, per la cui liberazione Hamas ha chiesto la scarcerazione di duemila dei suoi uomini detenuti nelle prigioni israeliane.
Adesso al confine 23 camion della Croce Rossa si fermano nel cortile della base Unifil di Naqura. Portano i resti di 199 miliziani morti quasi tutti nella guerra di due anni fa. Fra loro anche quelli di una donna, Dalal Mughrabi, una fedayn palestinese morta invece nel '78, in un'azione che era costata la vita a 35 israeliani. Hezbollah ha deciso all'ultimo minuto di restituire anche i resti di 14 soldati senza nome, vittime della guerra. Non prima di averli mostrati in televisione, in un'orrenda e sciagurata esposizione. A Beirut nei quartieri sciiti si sparano raffiche di kalashnikov per aria, mentre nella sala Vip dell'aeroporto Rafik Hariri si applaude con entusiasmo. Applaude Michel Suleiman, il generale eletto presidente per pacificare il Paese, applaude il premier Fuad Siniora, sopravvissuto a una crisi politica che sembrava averlo stroncato, e oggi alla guida di un governo di solidarietà nazionale.
«E' con estremo onore e fierezza che accogliamo oggi i nostri prigionieri che tornano nella loro terra natìa», così il presidente della Repubblica saluta i cinque. «Il vostro ritorno qui insieme alle salme simboleggia la partecipazione del Libano e di tutti i libanesi alla resistenza per liberare le nostre terre». Più tardi perfino Hassan Nasrallah uscirà, anche se per pochi minuti, dalla sua ferrea clandestinità per abbracciare gli eroi tornati finalmente a casa.
Israele guarda, attonito. «Oggi siamo tutti membri delle famiglie Golwasser e Regev», dice il presidente Shimon Peres a Gerusalemme. Parole pronunciate prima che arrivassero le immagini della festa di Beirut. Perché allora il mite, pacato Shimon Peres, da sempre mediatore dell'impossibile, ha usato la sferza: «Constato che in Libano si celebra ufficialmente la vittoria per accogliere Kantar, questo assassino che ha spaccato la testa con un colpo di bastone a Einat, 4 anni, e non ha mai espresso rincrescimento». E dopo la rabbia, l'orgoglio. «Israele è in lacrime. Abbiamo pagato un prezzo elevato perché Ehud ed Eldad possano riposare in pace fra noi. Dov'è la vittoria morale suprema? Qui, con le candele della memoria, e non laggiù». Un richiamo forte a un imperativo morale che fa parte della religione ebraica, e che è entrato anche nelle regole non scritte delle esercito israeliano fin dalla sua nascita: non si lasciano mai soldati sul campo di battaglia, vivi o morti. Ehud Olmert, che aveva fortemente voluto lo scambio e che ora forse dovrà pagare un prezzo politico anche per questo, ha usato quasi le stesse parole del presidente: «Vergogna su una nazione che celebra la liberazione di una belva umana, che ha fracassato il cranio di una bambina di quattro anni».
In tutto questo suonano vagamente surreali le dichiarazioni entusiaste del segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon, che si è detto «molto soddisfatto dello scambio di prigionieri », auspicando «ulteriori passi avanti positivi» fra Israele e Libano, e assicurando di aver ricevuto «messaggi in questo senso» da entrambe le parti. Dichiarazioni dettate da una portavoce a New York proprio mentre Hassan Nasrallah abbracciava su un palco «i suoi eroi».

Corretta anche la cronaca di Francesca Paci su La STAMPA

Di seguito, il link a un filmato su Samir Kuntar

http://ws.collactive.com/points/point?id=l0ZlZpXfEvDL

Di seguito, alcuni commenti scritti per INFORMAZIONE CORRETTA

Quello di Sergio Itzhak Minerbi:


Oggi si rivela in pieno l`abisso che separa Israele dai suoi vicini. In Israele si definisce eroe chi salva una vita umana, per i Libanesi e i Palestinesi e` un eroe Samir Kuntar che e` riuscito ad uccidere una bambina di quattro anni a Naharya nel 1979, nonche` suo padre ed un agente di Polizia.  Abu Mazen,il leader palestinese cosiddetto moderato, manda le sue congratulazioni alla famiglia di  Samir Kuntar,  il pseudo eroe. La citta` Italiana di Perugia che stampa sulle copertine dei quaderni scolastici una velenosa propaganda anti-israeliana, potra` ora aggiungere anche la foto di Samir Kuntar che ha il “merito” di aver ucciso una bimba ancor piu` giovane degli scolari perugini.

Secondo i Libanesi oggi si deve festeggiare Nasrallah per il suo successo nell`uccidere due soldati israeliani divenuti suoi prigionieri. La Convenzione di Ginevra e` calpestata piu` volte poiche` i due sono stati uccisi in prigionia e la Croce Rossa Internazionale fino all`ultimo momento prima dello scambio, non sapeva nemmeno se fossero vivi o morti.

La risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell`Onu non e` rispettata e le forze armate della Finul, tra cui quelle italiane, si guardano bene dall`entrare in azione per prevenire il riarmo dell`Hizbollah poiche`sarebbe troppo pericoloso per loro.

L`Italia sia a livello bilaterale sia come paese membro dell`Unione Europea, continua da anni a versare decine di milioni di euro all`Autorita` Palestinese senza mai richiedere che almeno in parte questi soldi servano a creare nuovi posti di lavoro. I giovani che a Gaza hanno in tasca il diploma di licenza liceale, non vanno a cercare lavoro ma preferiscono arruolarsi nelle fila del Hamas per partecipare al terrorismo, al lancio di missili kassam contro Israele. Del resto questa e` l`unica attivita` “produttiva” che il Hamas offra loro. E` vergognoso che l`Europa continui a sovvenzionare il terrorismo.

A Gerusalemme il conduttore di una ruspa, lavoratore e padre di famiglia , non disoccupato ne` disperato, uccide con la sua ruspa la madre di una bimba di pochi mesi e altre due persone prima di esssere ucciso a sua volta da un soldato. Nessuno sa cosa gli sia passato per la mente, ma e` certo che quando la televisione araba trasmette dalla mattina alla sera ore e ore di sobillazione antiebraica, risuscitando anche i Protocolli dei Savi di Zion, questo e` il risultato.

Ci vorranno molti anni, forse secoli, prima che Palestinei e Libanesi siano maturi per un sereno accordo di pace con Israele poiche` cio` deve passare attraverso un doloroso itinerario che porti al distacco dall`Islam fondamentalista e all`inserzione del mondo arabo nella modernita`

Quello di Piera ed Emanuela Prister:

Il primato morale, in tutta questa triste vicenda del ritorno a casa
dei resti dei soldati israeliani in cambio della liberazione di
 efferati terroristi, spetta ad Israele: dimostra tutta la sua
 grandezza, la grandezza dei forti, dei giusti e dei vincitori.
 Combattere per la democrazia vuol dire combattere anche per i suoi
 valori tra cui sommi, sono la sacerta' della vita e il rispetto delle
 salme attraverso una degna sepoltura.
 Gia' da ieri Bret Stephen dal "The Wall Street Journal", dava per
certa la notizia del ritorno in patria delle salme dei due soldati
 israeliani Ehud Goldwasser e Eldad Regev per cui stamane eravamo gia'
 preparate all'evento.Oggi, avendone la certezza, le parole sono come
 inaridite e stentano ad uscire dalla bocca.
 Ma poi rileggiamo il titolo dell'articolo con riferimento, non certo
 casuale, all'impresa di Entebbe, un tema  a noi si' caro...che merito'
 sul piano internazionale un comune riconoscimento della grandezza
dell'esercito israeliano di cui erano parte i soldati che oggi
 ritornano a casa, in Israele. Appartengono tutti alla stessa nobile
 stirpe di eroi, non combattono per uccidere, ma per difendersi e per
 difendere la loro terra e il loro popolo, al contrario dei terroristi
 che invece, tracotanti, fanno guerre per il solo gusto di uccidere e
 fanno scempio dei corpi. E i nostri occhi nauseati hanno visto gia'
 troppe volte nella Storia l'orrore di quel cumuli bianchi di ossa
 insepolte...
 Ma le qualita' dei nostri soldati, il coraggio, la generosita' e il
loro eroismo brillano e si riverberano su tutta la nazione, e Israele
 e' grande che li riceve anche se a queste condizioni. La madre di
 Eldad ha pienamente ragione! Israele rappresenta la Civilta', la forza
 del Diritto, e anche la Pietas, un valore troppe volte dimenticato
 nella generale barbarie della disumanizzazione, la pietas che e' anche
 il momento del raccoglimento e del lutto, dell'ispirazione e della non
 belligeranza, quando gli odii si chetano. Gli altri, i barbari, nella
 loro primordiale brutalita'non ne sono capaci, belve come sono!
 Israele e' una nazione ' tanto piu' grande e tanto piu' forte se
 porta avanti questi valori, se riaccoglie nel suo seno i soldati per
 dare loro l'ultimo corale saluto. E' un valore questo che conosciamo
 da millenni da quando ci siamo incamminati per il lungo cammino della
 civilta'e l'abbiamo studiato a scuola sui libri, l'abbiamo appreso in
 famiglia, l'hanno scolpito i poeti nei loro versi che" a egregie cose
il forte animo accendono l'urne dei forti ... e bella e santa fanno al
 peregrin la terra che le ricetta".
 E' un dovere ed un imperativo morale ricomporre i morti per dare loro
 un'onorata sepoltura!

 quello di Deborah Fait:

In Libano i satanici hanno scritto in inglese perche' tutto il mondo possa leggere 

" In Libano si festeggia, In Israele si piange".
E' vero, Israele sta in silenzio e piange, e' vero.
In Libano un popolo satanico festeggia.
A Ramallah un popolo satanico festeggia.
A Gaza un popolo satanico festeggia.
I popoli satanici di tutto il mondo arabo  ballano e cantano per la liberazione di un mostro  a nome Samir Kuntar e altri 4 assassini.
Ieri mattina eravamo tutti davanti alla televisione che trasmetteva in diretta quello che sarebbe stato il giorno piu' triste e piu' lungo di Israele. Avevamo sperato per due anni, avevamo creduto che Udi e Eldad fossero vivi, forse malandati ma vivi, e Karnit, la giovane moglie di Udi, per due anni e' andata, instancabile,  di governo in governo , da presidenti a premier, fino all'ONU per dire a Ahmadinejad :
"Mi chiamo Karnit, vengo da Israele, mio marito e il suo compagno sono prigionieri di hezbollah. Perche' non ci dite niente? Perche'?"
Il mostro iraniano ha proseguito il suo discorso come se non avesse parlato nessuno.
Karnit per due anni ha promesso che avrebbe riportato a casa suo marito e cosi' ha fatto, Udi e' tornato, Eldad e' tornato, i ragazzi sono tornati a casa, in Israele.
 
Fino all'ultimo i rappresentanti di hezbollah non hanno detto niente, fino all'ultimo hanno tenuto le famiglie e tutta Israele nel dubbio, fino all'ultimo hanno giocato con i nostri sentimenti e , quando le porte del van della Croce Rossa si sono aperte e due bare nere sono state appoggiate sull'asfalto, un singhiozzo e' uscito dalla mia gola, dal profondo della mia pancia come un rantolo e tutta  Israele si e' piegata in ginocchio piangendo, per le strade, nelle piazze, nei negozi.
Un rappresentante di  hezbollah ha avuto la perfidia di esclamare soddisfatto:"ecco, adesso sapete che sono morti".
C'e' una legge morale in Israele, ogni soldato deve essere riportato a casa, vivo o morto, costi quel che costi e questa volta il prezzo e' stato altissimo, questa volta e' stata una tortura che ci siamo volontariamente inflitti perche' per avere quelle due bare nere e' stato liberato un mostro capace di ammazzare un padre davanti alla sua bambina di quattro anni e poi di spaccarle la testa col calcio del fucile e prenderla per le gambe per finirla contro le rocce della spiaggia di Naharyia. 
L'orco che ridendo ha mangiato una bambina e adesso e' libero, insieme ad altri quattro assassini come lui.
Samir Kuntar e' arrivato in Libano grasso e pasciuto, ha indossato subito la divisa di hezbollah e si e' offerto  alla festa di tutto un popolo impazzito di gioia per lui.
Ha ricevuto baci e abbracci dal presidente del Libano, dal primo ministro, dai dignitari tutti e, naturalmente, da Nasrallah, per l'occasione emerso dal bunker sottoterra dove vive nascosto. 
Nasrallah, questo Hitler libanese, questo essere che gode fisicamente per ogni ebreo ammazzato, ha fatto il suo discorso riproponendo il solito "ebrei, nipoti di scimmie e maiali". Kuntar gli ha risposto gridando di essere pronto alla guerra per liberare la Palestina.
La folla  impazziva di gioia.
Che razza di popolo e' quello?
 
Nello stesso momento in Israele accendevamo le candele della memoria e piangevamo, come sempre, i nostri morti.
Eppure il mondo non capisce. 
Sui media italiani ho letto di tutto, articoli ignobili, commenti vergognosi, giustificazioni
allucinanti, qualcuno ha avuto persino il coraggio di manipolare i fatti accaduti 30 anni fa.
Chi ci e' amico ha aspramente criticato la liberazione di cinque assassini per avere in cambio due cadaveri.
E' immorale , hanno scritto.
E' vero, e' immorale, come e' immorale costringere Israele a disfarsi di territori per una pace illusoria, come e' immorale che gli ebrei non possano mai vivere un giorno di pace, come e' immorale che il mondo accetti le dichiarazioni di odio degli arabi e guardi divertito e comprensivo  popoli demoniaci che saltano e ballano ogni volta che viene ammazzato un ebreo.
Non e' immorale obbligare Israele a rilasciare degli assassini perche' l'Unifil non e' riuscito a onorare la 1701?
Non e' stato immorale lo schierarsi per 60 anni dalla parte di popoli che chiedevano soltanto la distruzione di un altro popolo?
Non e' stato immorale proteggere ogni terrorista palestinese e ridurre Israele all'isolamento?
Non e' immorale scrivere sui giornali solo menzogne che demonizzano Israele?
Sono stati liberati 5 assassini per riavere i nostri soldati a casa e l'incubo e' finito, oggi ci sentiamo piu' in pace con noi stessi,  finalmente Karnit puo' piangere accarezzando la bandiera sulla bara di Udi , finalmente il padre di Eldad avra' un posto dove andare a parlare con suo figlio.
E' stato un fallimento di Israele? Puo' darsi ma sono cose che capitano ai forti e ai giusti.  I barbari non falliscono mai, a loro basta ammazzare per sentirsi soddisfatti.
 
Israele e' un paese fatto di amore e con amore, nessuno dei nostri figli sara' mai abbandonato, nemmeno parti del suo corpo saranno mai lasciate al nemico e questo ci rende deboli e ricattabili da chi e' senza anima e privo di valori umani.
 
Sulla casa di Samir Kuntar i suoi concittadini hanno scritto
"Samir Kuntar e' e' la coscienza del Libano, della palestina, del mondo arabo".
 
Verissimo, questi sono i popoli degni di lui, popoli dove chi spacca la testa a una bambina e' ritenuto eroe, dove si festegggia ogni attentato contro Israele, dove si balla per la  tragedia  delle Twin Towers, dove si bruciano vive le donne che osano innamorarsi, dove si violentano i bambini convincendoli che morire da terroristi e' un onore premiato col paradiso.
Israele, oggi in ginocchio, e' circondato da popoli satanici in festa ma forse Kuntar e' meno sicuro in Libano di quando stava in prigione. Se Nasrallah vive sottoterra come i topi di fogna, converra' che Kuntar lo imiti perche' prima o poi potrebbe imbattersi  in qualcosa di esplosivo e tutti ci auguriamo che la sua ultima visione sia una bella Stella di Davide disegnata su un Apache!
 
In questo momento si stanno svolgendo i funerali di Ehud Goldwasser, nel pomeriggio ci saranno quelli di Eldad Regev.
La mamma di Udi e' come una statua di cera, immobile e bianca, parla con voce ferma di suo figlio e del suo popolo meraviglioso.
Karnit piange, e' sfinita, si rivolge al marito, la voce si rompe, tutti piangono, i soldati, i rabbini, il Ministro della Difesa, lei continua, - abbiamo finito il viaggio, Udi, si chiude qui il cerchio di orrore incominciato  il 12 agosto 2006 alle 9, abbiamo finito ma tu, Udi,  sarai sempre con me, tutta la mia vita-.
Non un grido, non un lamento, tante lacrime e tanto silenzioso dolore.
Questa folla e' diversa da "quella" al di la' del confine.
Siamo diversi, per fortuna, siamo un'altra cosa.
Siamo persone.
Qui si piange senza odio, senza rabbia, si fa uscire il dolore con dolcezza, Karnit sa anche sorridere al suocero distrutto accanto a lei, lui piangendo le bacia una mano, lei sorride e si illumina , si asciuga il viso bagnato dell' amore per il suo Udi.
Il cerchio si chiude, il popolo di Israele ricomincia,  dolore, disperazione, dignita', lacrime, morte, vita e infine ancora speranza.

Quello di Federico Steinhaus:

Quanto vale un cadavere ?
La domanda, posta con deliberato cinismo, ha un significato etico-religioso che è emerso con prepotente emotività dallo scambio anomalo ed orrendo avvenuto a Rosh Hanikrà, il confine fra Israele e Libano.
Intellettuali, religiosi, politici, giornalisti si stanno schierando a favore o contro la scelta israeliana con varie argomentazioni, tutte ben motivate e meditate.

Volendole sintetizzare, esse corrispondono a due posizioni: una idealistica e fondata sui dettami della morale religiosa, che pretende gli onori della sepoltura e del lutto; l’altra realistica e politologica, che addita la sperequazione fra quel che si riceve e quel che si dà in cambio come un insidioso cedimento, nel quale il nemico si può incuneare con esiti disastrosi.

Le prime reazioni di Hezbollah e Hamas paiono dar ragione a questi ultimi: entrambe le organizzazioni terroristiche e fondamentaliste hanno difatti ribadito (in questa rubrica è stato rilevato più volte come questa sia una loro precisa scelta strategica, individuata con crudeltà) che rapire israeliani è il modo migliore per liberare terroristi incarcerati e che pertanto il prezzo preteso per la “liberazione” di Shalit, detenuto da Hamas, dovrà essere ancora più esoso.

Lo stato d’Israele si sente vincolato a criteri essenziali di compassione umana e di profonda solidarietà con i propri cittadini, criteri che in questa circostanza ha onorato prima muovendo guerra a Hezbollah nel 2006 ed ora accettando uno scambio che oggettivamente rende la collettività più vulnerabile. Per decenni, negli anni del terrorismo internazionale guidato dall’OLP di Arafat, la chiave di volta della logica israeliana è stata “non si tratta con i terroristi”. A nessun costo. Una strategia spesso criticata da un occidente arrendevole e tendenzialmente vicino alle organizzazioni palestinesi (c’è chi ancora oggi lo è, del resto). Ora è Israele stesso per primo a smentire quel principio. A questa constatazione segue l’inevitabile domanda se abbia torto o ragione, alla quale ognuno risponde secondo i propri valori etici e culturali.

Ma una cosa è certa, al di là di ogni ragionevole dubbio - come si direbbe in un tribunale: Israele smentisce il velenoso pregiudizio antisemita ed antigiudaico secondo il quale il biblico “Occhio per occhio, dente per dente” significa innata crudeltà vendicativa e non, come invece è, la fissazione di un parametro certo di giustizia.

Da Il GIORNALE, l'editoriale di Fiamma Nirenstein

Non è solo un fallimento di Israele lo scambio di ieri mattina a Rosh HaNikra, dove i corpi dei due soldati rapiti Ehud Goldwasser ed Eldad Regev sono stati barattati con cinque terroristi vivi. Tra loro Samir Kuntar, che assassinò a colpi di calcio di fucile una bambina di quattro anni e suo padre. La madre ancora oggi ricorda le sue urla di gioia nell’uccidere l’infante. Si tratta di un grande fallimento strategico per la nostra civiltà intera, di una dichiarazione d’impotenza di fronte al grande fenomeno del terrorismo senza pietà che abolisce quello che abbiamo costruito sull’esperienza della crudeltà delle guerre tradizionali: la Convenzione di Ginevra, la Croce Rossa, i meccanismi di protezione dei prigionieri di guerra. È il meccanismo intero della protezione morale dalla crudeltà insita nell’uomo che è cancellato nello scambio di ieri, più ancora che dai precedenti scambi che avevano coinvolto migliaia di prigionieri, perché le condizioni della guerra al terrorismo sono cambiate. Israele è una prova, in questo caso, dell’incapacità della civiltà giudaico-cristiana, che ha posto i mattoni dei diritti umani, di difendere se stessa e i propri figli, di fronteggiare il sadismo e il desiderio di predominio tramite la violenza, come se essi fossero stati magicamente cancellati dalla natura umana. Con questo scambio il terrorismo islamico prende in giro i principi morali e le buone intenzioni del nostro mondo. Ieri, in Medio Oriente si è visto infatti uno scoraggiante spettacolo: il Libano, certo sospinto da Hezbollah, festeggiava con enorme pompa un terrorista, Samir Kuntar, che ha sfasciato la testa di una bambina di quattro anni; dall’altra parte, una società democratica piangeva i suoi morti e alla pietas della sepoltura e alla pressione dell’amore familiare sacrificava un bene fondamentale: il rispetto del nemico e la sicurezza che a uno sgarro seguirà una punizione.
Fouad Siniora, presidente libanese, di cui non si sa dove finisca l’acquiescenza nei confronti del suo peggior nemico, Hezbollah, si è dichiarato partecipe ai festeggiamenti, mentre il leader israeliano Shimon Peres firmava la grazia per Kuntar con volto di pietra, stabilendo tuttavia l’eccellenza morale del fatto che Israele sia l’unico Stato al mondo che liberi terroristi dalla cella in cambio di corpi e pezzi. Con lui, la portavoce dell’esercito Miri Eisen si è vantata della scelta morale senza paragoni di riportare i ragazzi a casa comunque, permettendo così loro di andare in guerra con un sostegno senza limiti.
Qualcuno potrebbe compiacersi della tanta grandiosità morale dell’unica democrazia del Medio Oriente (nell’85, 1150 prigionieri furono scambiati per tre soldati), se i risultati non contenessero i germi di terribili danni per il futuro d’Israele, e in generale per l’Occidente. Eccone le ragioni. Lo scambio toglie valore alle regole internazionali. I nemici d’Israele non seguono nessuna delle norme stabilite dalla Terza e dalla Quarta convenzione di Ginevra, per cui i prigionieri hanno determinati diritti per quanto riguarda le loro condizioni di vita e le comunicazioni con il mondo esterno. Israele tratta, anche con l’aiuto di Stati stranieri, con gruppi terroristici che compiono continui crimini di guerra (attacchi deliberati contro civili, travestimenti da civili per compiere crimini, torture e mancanza di qualsiasi informazione sui prigionieri, smembramento di corpi per scambi) e ha a che fare con Hezbollah. Uno scambio come quello di ieri promuove il movimento libanese agli occhi dell’opinione pubblica araba e islamica, rendendolo vittorioso e potente oltre la misura, insomma ne fa un interlocutore alla pari e anche superiore. Agli occhi del suo mondo, il segretario generale del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, è l’Osama Bin Laden sciita: un leader guerriero che mette in ginocchio l’Occidente, che distruggerà Israele, che oltre ad avere ormai diritto di veto presso il suo stesso governo ottiene anche il plauso attivo del presidente Siniora.

Non è solo un fallimento di Israele lo scambio di ieri mattina a Rosh HaNikra, dove i corpi dei due soldati rapiti Ehud Goldwasser ed Eldad Regev sono stati barattati con cinque terroristi vivi. Tra loro Samir Kuntar, che assassinò a colpi di calcio di fucile una bambina di quattro anni e suo padre. La madre ancora oggi ricorda le sue urla di gioia nell’uccidere l’infante. Si tratta di un grande fallimento strategico per la nostra civiltà intera, di una dichiarazione d’impotenza di fronte al grande fenomeno del terrorismo senza pietà che abolisce quello che abbiamo costruito sull’esperienza della crudeltà delle guerre tradizionali: la Convenzione di Ginevra, la Croce Rossa, i meccanismi di protezione dei prigionieri di guerra. È il meccanismo intero della protezione morale dalla crudeltà insita nell’uomo che è cancellato nello scambio di ieri, più ancora che dai precedenti scambi che avevano coinvolto migliaia di prigionieri, perché le condizioni della guerra al terrorismo sono cambiate. Israele è una prova, in questo caso, dell’incapacità della civiltà giudaico-cristiana, che ha posto i mattoni dei diritti umani, di difendere se stessa e i propri figli, di fronteggiare il sadismo e il desiderio di predominio tramite la violenza, come se essi fossero stati magicamente cancellati dalla natura umana. Con questo scambio il terrorismo islamico prende in giro i principi morali e le buone intenzioni del nostro mondo. Ieri, in Medio Oriente si è visto infatti uno scoraggiante spettacolo: il Libano, certo sospinto da Hezbollah, festeggiava con enorme pompa un terrorista, Samir Kuntar, che ha sfasciato la testa di una bambina di quattro anni; dall’altra parte, una società democratica piangeva i suoi morti e alla pietas della sepoltura e alla pressione dell’amore familiare sacrificava un bene fondamentale: il rispetto del nemico e la sicurezza che a uno sgarro seguirà una punizione. Fouad Siniora, presidente libanese, di cui non si sa dove finisca l’acquiescenza nei confronti del suo peggior nemico, Hezbollah, si è dichiarato partecipe ai festeggiamenti, mentre il leader israeliano Shimon Peres firmava la grazia per Kuntar con volto di pietra, stabilendo tuttavia l’eccellenza morale del fatto che Israele sia l’unico Stato al mondo che liberi terroristi dalla cella in cambio di corpi e pezzi. Con lui, la portavoce dell’esercito Miri Eisen si è vantata della scelta morale senza paragoni di riportare i ragazzi a casa comunque, permettendo così loro di andare in guerra con un sostegno senza limiti. Qualcuno potrebbe compiacersi della tanta grandiosità morale dell’unica democrazia del Medio Oriente (nell’85, 1150 prigionieri furono scambiati per tre soldati), se i risultati non contenessero i germi di terribili danni per il futuro d’Israele, e in generale per l’Occidente. Eccone le ragioni. Lo scambio toglie valore alle regole internazionali. I nemici d’Israele non seguono nessuna delle norme stabilite dalla Terza e dalla Quarta convenzione di Ginevra, per cui i prigionieri hanno determinati diritti per quanto riguarda le loro condizioni di vita e le comunicazioni con il mondo esterno. Israele tratta, anche con l’aiuto di Stati stranieri, con gruppi terroristici che compiono continui crimini di guerra (attacchi deliberati contro civili, travestimenti da civili per compiere crimini, torture e mancanza di qualsiasi informazione sui prigionieri, smembramento di corpi per scambi) e ha a che fare con Hezbollah. Uno scambio come quello di ieri promuove il movimento libanese agli occhi dell’opinione pubblica araba e islamica, rendendolo vittorioso e potente oltre la misura, insomma ne fa un interlocutore alla pari e anche superiore. Agli occhi del suo mondo, il segretario generale del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, è l’Osama Bin Laden sciita: un leader guerriero che mette in ginocchio l’Occidente, che distruggerà Israele, che oltre ad avere ormai diritto di veto presso il suo stesso governo ottiene anche il plauso attivo del presidente Siniora.
In secondo luogo, dato lo scambio così diseguale avvenuto ieri, è naturale che i nemici d’Israele vedano il rapimento sempre più come un investimento fruttuoso, tramite il quale non si perde quasi niente, persino se i rapitori sono catturati, dato che in Israele non c’è la pena di morte. Neppure uccidere gli ostaggi di fatto cambia qualcosa, dato che gli israeliani sono pronti anche a cedere terroristi in cambio di cadaveri o pezzi di cadavere. Lo scambio intenso in questi termini dunque prepara altri rapimenti e fa crescere la possibilità che i soldati o i civili rapiti siano maltrattati e persino uccisi con facilità. Come ha detto Yoram Shahar, fratello del poliziotto vittima, fra gli altri, di Kuntar: «Il rilascio di oggi è il rapimento di domani». I genitori del soldato di leva Gilad Shalit, nelle mani di Hamas da due anni, hanno fatto di tutto per evitare che durante la cattività del figlio ventenne fosse liberato Kuntar in cambio dei due soldati morti: è evidente quale sia la natura della loro terribile preoccupazione. È anche evidente un altro successo dell’organizzazione filo iraniana: ha potuto nei mesi passati riarmarsi grazie al passaggio di 40mila missili iraniani tramite la Siria.
Anche l’Autorità nazionale palestinese si è lasciata andare a lodare lo scambio di Hezbollah e Kuntar personalmente. L’Iran festeggia. In generale, quando le organizzazioni terroristiche appaiono forti e vittoriose, i loro sponsor aumentano i finanziamenti e programmano nuove azioni. Non a caso, si sostiene che Hezbollah progetti una nuova guerra nei prossimi giorni. Infine, il sistema giudiziario di qualsiasi Stato democratico può andare in pezzi di fronte all’ingiustizia di rimettere in libertà criminali prima che abbiano servito la loro condanna. Inoltre, secondo tutte le statistiche, i terroristi liberati tornano nella maggior parte dei casi a compiere attentati letali. Dall’anno 2000, 180 israeliani sono stati assassinati da terroristi che erano stati rilasciati dalle carceri. È inutile frugare qui nei problemi che hanno condotto il premier Ehud Olmert ad accettare le impossibili condizioni degli Hezbollah. Lo faremo altrove. In ogni caso, la base del disastro è nell’incredibile fraintendimento che crea un’eguaglianza fittizia nel dialogo, che tale non è, fra il diritto e il torto.

Dal CORRIERE della SERA, Lorenzo Cremonesi intervista Benny Morris:

«David Ben Gurion non lo avrebbe mai fatto». E' categorico il giudizio dello storico Benny Morris. Lo ha già espresso più volte negli ultimi anni e lo ripete oggi: «E' un errore trattare lo scambio di prigionieri con Hezbollah, Hamas o altri gruppi estremisti simili, specie poi se Israele riceve indietro solo dei morti». Ergo: «Questo ultimo scambio tra Israele ed Hezbollah non era da fare, la pagheremo cara presto». Ex militante schierato con la sinistra pacifista israeliana ed oggi intellettuale decisamente «falco», Morris pubblicherà presto alcuni articoli in cui spiega le necessità di un prossimo attacco israeliano contro i siti nucleari iraniani. E in questo contesto inserisce i fatti delle ultime ore: «In vista di una conflagrazione più ampia nella regione, Israele potrebbe stare cercando di risolvere la questione ostaggi. Con la resa dei corpi di Goldwasser e Regev si pone fine al contenzioso libanese. Ora ci si potrebbe concentrare nel trattare con Hamas la liberazione di Shalit. Poi sarà più semplice attaccare i siti in Iran».
Come mai Ben Gurion secondo lei non avrebbe trattato?
«Perché il Paese creato dai padri fondatori nel 1948 era molto diverso da quello odierno. Allora la collettività, l'ideologia, lo spirito di sacrificio contavano molto di più che non i singoli individui. Le sofferenze dei prigionieri e delle loro famiglie passavano in secondo piano rispetto alle priorità della società. Oggi sappiamo tutti che questo scambio ci vede perdenti, sconfitti, persino umiliati. Premiamo il terrorismo, la logica dei rapimenti».
E quando è mutato l'ethos originario?
«Direi nei primi anni Ottanta. Già ai tempi dell'invasione in Libano del 1982 fu evidente che la società israeliana stava diventando sempre più occidentale, consumista, benestante, centrata più sul benessere individuale che non su quello della collettività. Il primo grave precedente fu nel 1983, quando per pochi soldati israeliani vennero liberati migliaia e migliaia di prigionieri palestinesi e libanesi. Due anni dopo in cambio di tre israeliani vennero rilasciati oltre 1.150 palestinesi, molti dei quali nel 1987 sarebbero diventati i quadri dirigenti della prima intifada. Per noi si trattò di errori gravissimi, quasi suicidi, che pure hanno posto le basi per l'odierna cultura della trattativa con i terroristi ».
Un ulteriore segnale della debolezza di Olmert?
«Di Olmert assieme a tutto il suo governo. Ma penso che se anche al suo posto fosse la destra di Benjamin Netaniahu le cose non sarebbero troppo diverse. Non va dimenticato che i primi scambi vennero trattati dal conservatore Menachem Begin e che Netaniahu, quando era premier, accettò di liberare il leader fondatore di Hamas, Ahmed Yassin (poi assassinato da Israele nel 2003, ndr). In realtà l'errore si trova nei modi di pensare dell'intera classe dirigente israeliana».
Le conseguenze di questo scambio?
«Paradossalmente potrebbe allontanare la liberazione di Shalit. Hamas, esaltata dal successo di Hezbollah, ha già annunciato che alzerà il prezzo. E in Israele si avvertono le prime avvisaglie di un profondo e frustrato malcontento. L'opinione pubblica potrebbe via via schierarsi per la politica della durezza, tanto da indurre il gabinetto a frenare la trattativa con Hamas. Su tutto ciò pesa inoltre l'ombra del nucleare iraniano e dell'eventualità dell'attacco preventivo israeliano. La situazione è tesa, complessa. Ci aspettano tempi difficili».

Amos Oz:

«E' un giorno triste per Israele. Triste ricevere quei due corpi dei nostri soldati. Difficile vedere i fanatici che celebrano in Libano, a Gaza e altrove, la liberazione tra gli altri di un assassino che nel 1979 falcidiò una famiglia, compresa una bambina di 4 anni, ed è ricevuto come un eroe in casa propria ».
Risponde quasi senza tirare il fiato Amos Oz. Si è chiuso nel suo appartamento di Tel Aviv per cercare di portarsi avanti il più possibile nella stesura del prossimo libro di short stories,
prima di partire per una breve vacanza in Europa. («Torno al genere del racconto breve, come scrivevo da giovane », spiega quasi a giustificare le sue reticenze nel commentare l'attualità). Ma la notizia dello scambio tra Israele ed Hezbollah lo vede reattivo, colpisce le sue sensibilità più profonde, ed è subito ben disposto a commentarlo per telefono.
Come vede lo scambio?
«Un giorno di lutto. Ovvio che i fanatici, i terroristi, gli estremisti conoscono bene le debolezze della società israeliana. Mi sembra di poter dire persino che si sono specializzati nello studio della tradizione ebraica, per cui sanno che noi ebrei riportiamo a casa i nostri morti, li vogliamo seppellire secondo il nostro rito. Anche se sono solo cadaveri, forse poche ossa, non importa, si tratta di un obbligo morale, è parte integrante del contratto tra la società ed i giovani soldati che danno la vita per essa. Sono le fondamenta del contratto sociale tra la fabbrica dello Stato ed il suo esercito. Loro, i nostri nemici, lo sanno e ne approfittano».
Le conseguenze?
«Non buone, temo. I fanatici di Hezbollah e quelli di Hamas sono consapevoli di questa nostra debolezza. E faranno di tutto per trarne vantaggio. E' già accaduto diverse volte nel passato. La conseguenza più ovvia è che cercheranno di prendere altri prigionieri, si moltiplicheranno i loro blitz dal Libano o dalla Striscia di Gaza. E ogni volta noi ci troveremo a dover affrontare lo stesso terribile dilemma: trattare o no? Ogni volta dovremo chiederci se la priorità va al rispettare le fondamenta del nostro contratto sociale, oppure alla lotta contro il nemico. E inevitabilmente tratteremo. Questa è la nostra debolezza, eppure, nel lungo periodo, anche la nostra forza ».
Cosa significa?
«Che in questo giorno triste sono fiero di vivere in un mondo di valori dove ogni individuo conta, pesa, gode del pieno rispetto, anche se non è più in vita. In realtà proprio questo principio, che è visto dai nostro nemici come una debolezza, costituisce il nostro vero vantaggio, l'elemento che garantisce la nostra capacità di resistenza e lotta. Ma tutto ciò Hassan Nasrallah e quelli come lui non lo capiranno mai».
Avrebbe fatto lo stesso se lei fosse stato nei panni di Ehud Olmert?
«Penso di sì, non avrei avuto alternative.
Se poi avessi dovuto guardare negli occhi le famiglie dei nostri soldati caduti, certamente avrei fatto lo stesso».
Questo scambio allontana o avvicina la liberazione di Gilad Shalit da Gaza?
«Mi attendo altri rapimenti. Ma comunque si riprenderà il negoziato con Hamas su Shalit. Quei bastardi potrebbero alzare il prezzo ringalluzziti dall'esempio libanese. E noi tratteremo, come abbiamo fatto in passato e faremo sempre».

Un intervento di Gideon Meir, Ambasciatore d'Israele in Italia:

Caro Direttore, per due lunghi anni le famiglie dei riservisti israeliani Eldad Regev ed Ehud Goldwasser hanno atteso con ansia delle notizie. Per due anni si sono chiesti se i loro figli, Ehud ed Eldad fossero vivi o morti. Questa, che è la più crudele forma di tortura psicologica, gli è stata inflitta intenzionalmente da Hezbollah. Fino all'ultimo momento, infatti, Hezbollah si è rifiutato di fornire qualsiasi dettaglio sulla loro sorte, e le famiglie provate dal dolore hanno dovuto vedere in diretta televisiva le durissime immagini dei feretri dei loro cari. Anche il popolo israeliano ha atteso notizie, solidarizzando con la sofferenza di queste famiglie e condividendo la loro inquietudine. Ogni israeliano sa bene che è stata soltanto questione di sfortuna se proprio questi due militari sono stati rapiti, e che sarebbe potuto accadere a un proprio familiare o a un proprio amico.
Eldad ed Ehud furono rapiti il 12 luglio 2006, mentre pattugliavano la linea di confine, quando gli Hezbollah sconfinarono lanciando deliberatamente il loro raid, allo scopo di rapire qualunque israeliano avessero incontrato. Ciascun militare israeliano sa che il suo Paese farà il massimo per riportarlo in salvo, qualora dovesse cadere in mano ai nemici. Ciò è espressione del profondissimo rispetto d'Israele per la vita umana e per i propri caduti. Tale principio è una dimostrazione della forza morale e fisica di Israele. E proprio per ottemperare a questo valore supremo che Israele ha accettato di rilasciare cinque terroristi libanesi, tra cui Samir Kuntar, in cambio di due militari israeliani. Per Hezbollah Kuntar è un eroe. Per gli israeliani e per il resto del mondo civile, costui è uno dei più spregevoli terroristi. Kuntar era un membro del commando del Fronte di Liberazione Palestinese che si infiltrò dal mare in Israele il 21 aprile 1979. In piena notte essi irruppero in un edificio residenziale, prendendo in ostaggio Danny Haran e la sua figlioletta Einat di quattro anni, mentre il resto della famiglia riuscì a nascondersi. Quando il commando giunse sul litorale, Kuntar costrinse la piccola Einat ad assistere mentre egli sparava a suo padre a distanza ravvicinata, quindi proseguì uccidendo anche lei fracassandole la testa contro una roccia con il calcio del suo fucile. Nel frattempo, la madre della piccola si era nascosta in un armadio con la l'altra figlioletta Yael, di appena due anni, che accidentalmente rimase soffocata per i tentativi della madre di coprire il suo pianto, per evitare che Kuntar le trovasse. Kuntar è responsabile anche di questa morte. In base all'accordo Hezbollah riceverà anche i corpi di coloro rimasti uccisi durante la seconda guerra del Libano o in infiltrazioni e attacchi in Israele. Tra le salme c'è anche quella di una donna, Dalal al-Maghrabi, che compì l'attentato divenuto famoso come il massacro della strada costiera del 1978. Nel corso di quell'atrocità terroristica furono uccisi 37 israeliani. Tutte famiglie in gita, il cui pullman fu sequestrato. Quando fu ingaggiato uno scontro a fuoco con l'esercito israeliano Dalal al-Maghrabi iniziò a sparare ai passeggeri, uno per uno, e poi fece esplodere il pullman col resto dei passeggeri ancora intrappolati al suo interno.
Kuntar, l'infanticida acclamato con giubilo e parate da Hezbollah, il brutale assassino, il cui rilascio sarà salutato come una vittoria dagli estremisti di tutta la regione, e Dalal al-Maghrabi, la spietata assassina di civili inermi, alla quale verrà data una sepoltura da eroe e sarà venerata come eroina dai membri di Hezbollah. Sono questi gli eroi? Hezbollah è un'organizzazione terroristica estremista sostenuta dall'Iran. Se passato e presente sono un'indicazione di ciò che accadrà in futuro, è facile prevedere che Hezbollah continuerà a celebrare assassini a sangue freddo come idoli del suo ethos di violenza. Proseguirà nella sua ossessione di distruggere Israele e destabilizzare il Libano, come successo due anni fa, quando Hezbollah fece precipitare il Sud del Libano in una guerra, con assoluta noncuranza del suo impatto sulla popolazione libanese. La comunità internazionale deve riconoscere il pericolo costituito da Hezbollah e dai suoi uomini per la stabilità del Medio Oriente, e deve sostenere gli elementi pragmatici della regione che cercano di conseguire la pace attraverso il dialogo e il compromesso.

L'editoriale del FOGLIO

Quando si sono chiusi i cancelli sigillati dalla stella di David, per Israele è iniziato il triste rito del riconoscimento. Non c’erano dubbi, si tratta di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev, i due soldati il cui rapimento fu all’origine della guerra del 2006. E di una delle trattative più dolorose e controverse della storia israeliana. In cambio, Hezbollah ha riavuto il sanguinario infanticida Samir Kuntar. Israele vanta precedenti straordinari in fatto di recupero dei soldati caduti in mani nemiche. Non è facile individuare la logica dietro a questa tradizione. La politica “salme di ebrei in cambio di terroristi vivi” rispecchia profonde caratteristiche della storia israeliana. Herb Keinon sul Jerusalem Post spiega che si tratta di una “decisione tipicamente israeliana”. Non di un’anomalia, tantomeno di una resa. Non c’è praticamente nessuno in quello straordinario paese-guarnigione che non conosca una vittima della perpetua intifada. Un paese piccolo, dove tutti sono “prima linea”. Dal colono di Elon Moreh al commerciante di Netanya. La mossa di ieri serve a chiudere un capitolo doloroso nella storia del paese, serve a dare conforto alle famiglie colpite. Un paese dove si vive nell’attimo, qui e ora. E’ questo il motore che ne rende viva e vibrante la storia. Anche i giovani ebrei religiosi che ieri esponevano cartelli contro “il prezzo che paghiamo” sentono che era la decisione giusta da prendere. Per santificare la vita. In fondo, questo rapporto radicale e umbratile con la morte è ciò che nobilita e distingue Israele dai suoi vicini. Gente pronta a lanciarsi contro un autobus zeppo di neonati e che non distingue fra civili e militari, perché in Israele tutti hanno indossato la divisa olivastra (Regev e Goldwasser erano riservisti). Il Jerusalem Post la chiama “sproporzione delle immagini”. Da un lato, in Libano, poster e inni per l’assassino di bambini ebrei Kuntar e il quotidiano dell’Anp al Hayat al Jadida che lo definisce “un raggio di luce” e un “autentico modello di comportamento”; dall’altro, in Israele, eulogie e scene di grande commozione, ma anche di serenità e coraggio. La storia dimostra che la maggior parte dei terroristi scarcerati torna a fare ciò che sa fare meglio: uccidere israeliani innocenti. Israele lo sa. Ma come già detto, ieri doveva pensare all’oggi. Domani verrà. E domani saprà come sconfiggere la politica della morte e fermare la mano di chi, come Samir Kuntar, spezza il cranio delle bambine con il calcio del fucile.

 

 

Da L'OPINIONE, il commento di Dimitri Buffa

E’una scena che abbiamo visto sin troppe volte: da una parte le famiglie di due soldati morti che piangono alla vista delle bare in televisione, dall’altra una popolazione, come quella di Gaza, tenuta in ostaggio dai terroristi e da una mentalità che conosce solo l’odio, che al contrario esulta quando vede le stesse immagini. Forse il perché dell’impossibilità di una vera pace tra gli israeliani e i palestinesi risiede proprio in questi due “differenti punti di vista”. E ieri quando è avvenuto lo “swap”, lo scambio, tra i cinque terroristi di Hezbollah, tra cui il sanguinario Samir Kuntar (che nel 1979 sterminò insieme ai suoi complici un’intera famiglia israeliana) e i corpi di Eldad Regev e Ehud Goldwasser, i due riservisti rapiti il 12 luglio di due anni fa dagli uomini del “Partito di Allah” in territorio israeliano, queste scene si sono puntualmente ripetute. Viene in mente il dolore composto della vedova di Ehud Goldwasser, la bellissima e pallida Karnit, venuta due volte in Italia a chiedere l’aiuto dell’equivicino Massimo D’Alema, che all’epoca faceva il Ministro degli Esteri e dispensava sorrisetti e illusioni ai parenti dei soldati israeliani. Karnit Goldwasser è stata il prototipo della moglie e della madre coraggio: in pellegrinaggio dal Papa, a colloquio con Andreotti, a cena con D’Alema.
Non si è fatta mancare niente nel quadro dei tentativi diplomatici condotti da parte di un Paese come l’Italia, che all’epoca era comunque meno amico di Israele di quanto non lo sia oggi. Ma purtroppo è stato tutto vano.

Molto probabilmente i due soldati erano stati già gravemente feriti prima della cattura e ancora più probabilmente non sono stati curati e quindi sono morti nei primi giorni dopo il sequestro. Ma gli Hezbollah che hanno più o meno gli stessi valori degli uomini della “banda della Magliana” non hanno mai ammesso di averli uccisi per non pregiudicare lo scambio con i militanti vivi che tanto premeva loro. Qualcuno adesso critica il governo israeliano, e in particolar modo il premier Ehud Olmert, che si è imbarcato in una macabra trattativa che ha previsto anche la consegna da parte di Israele dei resti di alcuni terroristi palestinesi deceduti molti anni fa. Mentre nessuna notizia certa è venuta a proposito del pilota Ron Arad abbattuto nel 1986 durante un sorvolo sul territorio Hezbollah. Una trattativa perdente, che ha scatenato l’ira dei parenti delle vittime, come i familiari di Regev, che chiedono giustamente la testa di Hassan Nasrallah. E con la feroce popolazione di Gaza che esulta quando vede le bare dei soldati israeliani in Tv mentre il premier Ismail Haniyeh, al potere dopo un putsch islamico, si congratula con Nasrallah per l’esito dello scambio di prigionieri. Davanti a tante macerie morali non resta che fare proprie le parole del padre di Goldwasser, il signor Shlomo: “se Nasrallah considera ‘un gran risultato’ l’averci tenuto all’oscuro per due anni, allora mi fanno pena lui e il popolo libanese. Hanno perso 800 uomini e la loro intera economia.

E per cosa? Per qualcuno che ha ucciso una bimba di quattro anni? Come possono chiamarlo un eroe? E’ solo un bastardo quel Samir Kuntar”. E su Kuntar ha avuto parole durissime anche il portavoce dell’esercito israeliano secondo cui “quelli che oggi festeggiano il suo ritorno in Libano non possono essere identificati con l’intero popolo libanese”. E però queste parole non sono andate bene alla speaker di Al Arabiya, Rima Maktabi, che invece ha giustificato l’esultanza dei simpatizzanti di Hezbollah in questa maniera: “forse le azioni commesse dagli israeliani sono peggiori di quelle di Kuntar”. Insomma, si fa tanto per non volere credere nella teoria di Samuel Huntington sullo scontro tra civiltà, ma quando avvengono questi episodi non c’è dialogo o buonismo di repertorio che tenga: tra chi sta con Israele e chi appoggia Hezbollah c’è un divario di valori abissale.

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