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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
22.04.2008 America ed Europa più unite sulla questione iraniana
l'analisi di Emanuele Ottolenghi

Testata:
Autore: Emanuele Ottolenghi
Titolo: «Aumenta la pressione su Teheran»
Da LIBERAL del 19 aprile 2008:

L’incontro ieri dei ventisette ambasciatori europei a Bruxelles incaricati di coordinare la politica di sicurezza comune, per discutere l’attuazione della Risoluzione Onu 1803, prevedeva di arenarsi nuovamente sull’ostacolo italiano. Nelle settimane precedenti, l’Italia aveva ribadito di non voler includere la banca iraniana Melli nella lista delle istituzioni sanzionate dall’Europa – principalmente a causa del volume di transazioni finanziarie gestite dall’istituto di credito di cui beneficiano largamente ditte italiane presenti in Iran. Ma di certo il cambiamento si è fatto sentire: secondo indiscrezioni e fughe di notizie nel pomeriggio di ieri l’Italia avrebbe sorpreso tutti facendo un dietrofront e passando con i sostenitori di un giro di vite contro l’Iran che andasse oltre le misure adottate dal Consiglio di Sicurezza il 3 marzo scorso – misure di controllo sulla banca Melli senza sanzioni.

Osservatori diplomatici commentavano con sorpresa ieri pomeriggio che l’Italia avrebbe cambiato posizione «di centottanta gradi» pur non spiegandosi bene l’accaduto. Certamente, possiamo presumere che il segnale politico emerso dal voto di domenica e lunedì scorsi abbia mandato un forte segnale al nostro ambasciatore a Bruxelles – e a tutte le altre missioni italiane nel mondo. Ma un ambasciatore non cambia posizione così nettamente senza chiare istruzioni e il governo Berlusconi non si è ancora insediato – per cui le istruzioni arrivano dagli attuali inquilini di Farnesina e Palazzo Chigi. Altrimenti, nel mezzo di un periodo di transizione come questo, il rappresentante italiano avrebbe potuto guadagnare tempo in virtù del cambio della guardia a Roma. Il cambiamento è significativo ma comprensibile, vista l’aria bellicosa che comincia a sentirsi in Europa. Forse il dato più indicativo lo ha offerto giovedì alla Casa Bianca il premier inglese, Gordon Brown, che nel corso di una conferenza stampa congiunta con il suo ospite, il presidente americano George W. Bush, ha detto che «L’Iran continua a sfidare la volontà della comunità internazionale, e insieme al presidente siamo d’accordo che occorre rafforzare il regime di sanzioni e garantire che esse siano attuate efficacemente. Parlerò con i miei colleghi europei nei prossimi giorni su come possiamo procedere su entrambe le questioni in tutta Europa. E vogliamo estendere le misure a includere gl’investimenti in gas liquido naturale».

Non è dato di sapere se la riunione di ieri sera, terminata prima della chiusura del giornale abbia avuto esiti positivi. Visto il presunto cambiamento della posizione italiana – va detto che oltre all’Italia fanno parte del blocco dei reticenti all’estensione delle sanzioni contro l’Iran anche altri Paesi, primo tra tutti la Spagna seguita a ruota da Austria, Grecia e paesi scandinavi. Il tema sollevato da Gordon Brown di sicuro non riscuoterà consensi immediati, ma è importante che il premier inglese lo abbia fatto pubblicamente. L’Iran infatti è al secondo posto nel mondo come riserve di gas naturale, ma non dispone della tecnologia necessaria per l’estrazione, la gestione delle risorse, oltre che per il trasporto su mercati lontani, sia per mezzo di gasdotti sia per mezzo di terminali di liquefazione – determinanti per una più facile distribuzione del prodotto su tutti i mercati mondiali. L’attrattiva del mercato energetico iraniano sta proprio nella grande disponibilità di risorse energetiche non ancora sfruttate, nell’apertura iraniana alle grandi multinazionali del petrolio a fare delle joint ventures per lo sviluppo dei giacimenti, e nella possibilità di trasformare l’Iran, con le sue grandi ricchezze petrolifere e di gas, in una solida e attraente alternativa alla dipendenza energetica dalla Russia. Per l’Iran l’attrattiva non è solo nel profitto.

Teheran intende sviluppare la propria economia nazionale alimentandola a gas naturale – mercato dell’automobile incluso – e rimane per ora un importatore netto di gas, pur possedendone in grandi quantità. Ma non può farlo da solo perchè i principali produttori della complessa tecnologia necessaria per liquefare e rigassificare il gas naturale sono ditte europee, giapponesi e nordamericane. Il mercato nordamericano è precluso agli iraniani, non così quello europeo, ma se le parole di Brown avessero un seguito l’Iran si troverebbe negato l’accesso alla tecnologia necessaria per il proprio sviluppo economico – e la sopravvivenza del regime. Quale che sia stato l’esito del dibattito sulle sanzioni europee, difficilmente quanto suggerito da Gordon Brown sarà incluso nei dispositivi europei di attuazione della 1803. Ma rimane il fatto che sembra esserci una diversa atmosfera in Europa, più in sintonia con Washington sui grandi temi di politica estera – l’Iran prima di tutto – e l’Italia ne fa di nuovo parte.

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