Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il dominio di Hamas a Gaza dovrà finire l'analisi di Emanuele Ottolenghi
Testata: Autore: Emanuele Ottolenghi Titolo: «Il Rebus di Olmert: come e quando disinnescare Gaza»
Da LIBERAL dell'8 marzo 2008:
Il giorno dopo l'attacco terroristico al seminario rabbinico Mercaz Harav a Gerusalemme, Israele appare debole. Nella stessa giornata, un missile ha centrato una casa a Sderot, ferendo alcuni civili e una pattuglia israeliana è stata colpitada una cellula della Jihad Islamica - un morto e tre feriti il bilancio. Sembra che lo stato ebraico sia di nuovo vulnerabile e le sue azioni militari e le sue misure antiterrorismo non siano sufficienti. Certo, sui tre incidenti si dirà ancora molto - come ha potuto un terrorista armato di kalashnikov penetrare i controlli di sicurezza dell'istituto? Come mai non esistevano avvertimenti e informazioni precise sull'attacco? Ma queste sono questioni di secondo piano rispetto all'orizzonte strategico che l'emozione scatenata dal tragico attentato rischia di offuscare.
Il terrorismo palestinese da anni cerca giornalmente di penetrare le difese israeliane. Da un picco di 7.634 attacchi nel 2002, Israele è riuscito - attraverso la costruzione della barriera difensiva, gli arresti, le uccisioni mirate, i posti di blocco e la continua raccolta di intelligence giornaliera - a impedire che questi grandi numeri si traducessero in altrettanti successi dei terroristi. Tanto da ridurre il numero di attacchi a 2.135 nel 2006 e a garantire che soltanto una loro infinitesima porzione avesse successo. Nel 2007 sono morti 13 israeliani in attacchi terroristici, ma i tentativi sono nell'ordine delle migliaia. Il che significa che ci sono tre tentativi al giorno, che Israele riesce di solito a prevenire o sventare. È il successo d'Israele nel piegare il terrorismo - e non la disponibilità d'Israele a piegarsi al ricatto terrorista - che ha riaperto l'orizzonte diplomatico di Annapolis.
Ed è inevitabile che il terrorimo ora lo chiuda. Soltanto una sconfitta delle organizzazioni terroristiche - non un cedimento israeliano o l'inclusione dei terroristi nel processo politico - può creare le condizioni per una pace duratura. Promuovere il dialogo con Hamas a cadaveri di giovedì sia una rappresaglia contro le incursioni israeliane a Gaza finisce con l'ignorare ancora una volta l'orizzonte strategico creatosi nella Striscia governata da Hamas. Hamas investe le proprie energie nel lancio quotidiano di dozzine di missili da Gaza piuttosto che in missioni suicide quasi sempre destinate a fallire perchè Israele ha efficacemente contrastato il terrorismo e Hamas preferisce la violenza alla convivenza. L'Europa non sembra afferrare questo fatto, nella sua prevedibile e moralmente bancarottiera retorica secondo cui Israele ha diritto a difendersi - sempre seguita dal caveat che le attuali misure di difesa adottate sono "eccessive" o "sproporzionate". L'orizzonte strategico d'Israele oggi vede due organizzazioni - Hamas e Hezbollah - che sono entrambe equipaggiate, addestrate e finanziate dall'Iran, ai suoi confini.
Con l'Iran hanno in comune la retorica genocida contro Israele - che, combinata alle loro azioni dovrebbe bastare a giustificare le risposte israeliane. Entrambe utilizzano i missili non come arma strategica di deterrenza o come arma tattica nello scontro convenzionale tra forze militari. Per loro i missili - proprio perchè imprecisi - servono a terrorizzare la popolazione civile e a renderne la vita quotidiana impossibile. Per questo il bombardamento quotidiano di cittadine israeliane - più di 1000 missili da quando Hamas ha preso il potere manu militari a Gaza il giugno scorso - è un'escalation gravissima, al di là del danno effettivo. Chi condanna Israele e le sue reazioni non si rende conto che Israele ha il dovere di rispondere e mettere a tacere gli attacchi giornalieri prima che il numero di vittime sia tale da imporre una reazione israeliana molto più dura. Hamas ha scelto la guerra contro Israele anche dopo il ritiro israeliano da Gaza. Questo fatto dovrebbe far meditare chi sostiene che il terrorismo palestinese è la conseguenza dell'occupazione israeliana.
Gaza non è più occupata da due anni, ma la risposta di Hamas al ritiro israeliano non è stata investire risorse nella ricostruzione, nel miglioramento dell'infrastruttura, nell'approvigionamento della popolazione, nella creazione di condizioni che favorissero l'investimento straniero. Hamas non ha fatto nulla per rassicurare Israele e dire ora che l'occupazione è finita e noi siamo al governo ci occuperemo del benessere dei nostri cittadini. No, Hamas ha preposto la sua guerra contro Israele al benessere dei suoi cittadini ed è pronta a sacrificarne la vita, oltre che la qualità della vita, pur di uccidere altri israeliani.
Il deterioramento delle condizioni a Gaza, contrariamente a quanto detto dalle solite e prevedibili denunce di organizzazioni come Amnesty International o Save the Children, è dovuto all'irresponsabile follia di Hamas, che preferisce spendere le proprie risorse per la guerra piuttosto che migliorare la situazione interna. È vero che i confini di Gaza sono chiusi - anche se solo parzialmente - ma cosa ci si aspetta da uno Stato sotto tiro?
È grottesco che tocchi a Israele sfamare i cittadini di Gaza - che hanno eletto Hamas democraticamente a loro guida - quando Hamas cerca giornalmente di massacrare civili israeliani. La dinamica attuale - razzi da Gaza seguiti da risposte israeliane di vario rigore e intensità - è stata modificata dal pesante tributo di sangue pagato ieri da otto giovani seminaristi la cui unica colpa era di essere ebrei.
Israele non potrà tollerare per molto ancora una situazione dove, mentre a Gaza fanno finta di fare la fame, Hamas riceve continui rifornimenti di armi sempre più sofisticate e in grado di tenere sotto tiro più di 250.000 civili israeliani. L'attuale governo israeliano ha certamente un problema di credibilità dopo gli esiti della guerra contro Hezbollah nel 2006 e la recente operazione a Gaza - fermatasi dopo pochi giorni per le pressioni internazionali. Ma è solo una questione di tempo prima che Israele non scelga di far piazza pulita di Hamas - come fece nell'aprile 2002 nella Cisgiordania. Quando questo avverrà è difficile da stabilire, ma l'Europa che sempre più insiste nel dialogo con Hamas dovrebbe riconoscere tre dati: primo, che il diritto d'Israele a difendersi non è solo un artificio retorico, ma va sostenuto anche quando Israele lo esercita nei fatti.
Secondo, che l'occasione per dimostrare la sua disponibilità al dialogo e alla moderazione, Hamas se l'è abbondantemente giocata preferendo la guerra a oltranza contro Israele piuttosto che un comportamento responsabile verso i propri cittadini e i propri vicini; e terzo, che soltanto una sconfitta dura, chiara e definitiva, dell'infrastruttura militare e terroristica di Hamas può ristabilire la sicurezza d'Israele e aprire quindi la strada a un rinnovo del processo diplomatico.
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