Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Regali e "aperture" ai mullah così D'Alema pensa di convincerli a rinunciare all'atomica
Testata: Autore: Francesco De Leo Titolo: «D'Alema, "Lavoriamo per non isolare l'Iran"»
L'Iran in fondo è un paese nel quale "si vota", e del quale si deve riconoscere il "ruolo" regionale. L'Italia il "primo paese occidentale a ospitare Khatami", ex presidente "riformista", approvato però dal potere dei mullah. Non ci sono grandi sorprese nell'intevista a Massimo D'Alema pubblicata in prima pagina da RIFORMISTA del 10 marzo 2008. Il ministro degli Esteri italiano conferma la linea dell'appeasement con Teheran, si loda per le sanzioni insuficcienti applicate dall'Italia verso il regime del quale mistifica la natura, presentandolo come una democrazia imperfetta e pragmatica e non come il totalitarismo intriso di fanatismo ideologico e religioso che in realtà è.
Ecco il testo:
Anche in questo inizio di campagna elettorale, Massimo D'Alema esprime soddisfazione per i risultati raggiunti in politica estera, il rammarico di chi non può portare a termine l'opera e l'amarezza per un Paese che vive con grande difficoltà il rapporto con una dimensione più larga, quella internazionale: «La politica estera è assente dalla campagna elettorale». È dell'Iran, dopo la storica visita di Ahmadinejad a Baghdad e alla vigilia delle elezioni parlamentari iraniane, che D'Alema accetta volentieri di conversare con il Riformista . «La situazione attuale di questo Paese è abbastanza complessa. La posta in gioco delle elezioni non è chiarissima, anche a causa del sistema di controllo delle liste che, a monte, ha indebolito molto la presenza riformista. Detto questo - aggiunge - seppur in questa forma di democrazia "controllata" dall'autorità religiosa, l'Iran è un Paese dove si vota e dove le elezioni, non di rado, hanno riservato sorprese». Gli chiediamo se dal 14 marzo, che vedrà gli iraniani alle urne, si aspetta novità. «Ritengo che al di là del risultato, probabilmente non in grado di cambiare gli equilibri politici, questo voto possa indicarci un indirizzo dell'umore del Paese e non è detto che premi l'attuale leadership. C'è indubbiamente un crescente malcontento in Iran che attraversa le élite economiche e intellettuali». Per D'Alema, «si tratta di vedere in che misura arrivi a una più larga opinione pubblica. In fondo, questo isolamento internazionale dell'Iran è qualcosa che certamente non crea un'ondata di consensi». Il governo iraniano si difende, lo addebita alla politica della Casa Bianca. «Sì è vero... però il Consiglio di Sicurezza ha approvato, pressoché all'unanimità, le nuove risoluzioni, compresi i russi e i cinesi». Sulla prima visita di un presidente iraniano in Iraq, a trent'anni dalla fine della guerra, in un Paese la cui sicurezza è affidata agli americani, D'Alema dice: «è chiaro che Teheran cerca di invertire l'azione di isolamento, soprattutto puntando su un ruolo regionale indiscutibilmente rilevante. Un ruolo enormemente accresciuto, innanzi tutto come conseguenza per lo sviluppo della situazione in Iraq. Un governo con una forte impronta sciita indubbiamente aumenta il loro peso. C'è uno strano paradosso - riflette D'Alema - il duello con gli americani si sviluppa a partire dalla questione del nucleare e poi, nel sostenere il governo di Al Maliki, l'Iran e gli Stati Uniti convergono. C'è invece una posizione molto più critica di molti paesi arabi che non vedono con grande simpatia l'attuale governo iracheno a guida sciita». A proposito di nucleare, tante le visite in Italia dell'ex negoziatore Larijani. «L'Italia è uno di quei paesi che preme sull'Iran perché si fermi l'arricchimento dell'uranio, una posizione condivisa dalla comunità internazionale. Nello stesso tempo, però, abbiamo sempre molto insistito perché questa pressione si accompagnasse a un'effettiva apertura politica. Non soltanto perché - argomenta D'Alema - riteniamo che si debba riconoscere all'Iran il diritto al nucleare civile, ovviamente in un quadro di garanzie di controlli che assicurino contro il rischio della proliferazione nucleare. Ma anche perché pensiamo che si debba riconoscere che l'Iran possa svolgere un ruolo importante nella regione. Ma per stimolare questo ruolo dobbiamo adottare una politica che punti sull'integrazione dell'Iran e non sul suo isolamento, convinti che questa sia la strategia migliore anche per parlare all'opinione pubblica iraniana, alle nuove giovani generazioni». Laggiù guardano all'Italia con grande simpatia e affetto. «Quando era presidente Khatami - ricorda il ministro degli Esteri - l'Italia fece un'importante apertura all'Iran. Fummo il primo paese occidentale che ospitò il presidente iraniano, lo ricevetti io, ero presidente del Consiglio all'epoca. Questa iniziativa italiana non fu vista con ostilità dagli americani. Ne avevo parlato prima con il presidente Clinton, che aveva espresso interesse per la possibilità che noi aprissimo un dialogo con Teheran e incoraggiassimo le forze riformiste. Io - conclude D'Alema - continuo a pensare che l'Italia, che sta applicando con serietà tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e che considera inaccettabile l'idea dell'arma nucleare all'Iran, debba tuttavia continuare a promuovere una posizione di apertura e di dialogo».
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