Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Ecco la politica estera di Rifondazione spiegata sul giornale del partito di Bertinotti
Testata: Autore: Fabio Amato Titolo: «Guerra al terrore e stato di eccezione permanente»
La politica estera di Rifondazione, il partito di Bertinotti, presidente della Camera. I terroristi, da Arafat a quelli delle colombiane Farc, tutti assolti. La "guerra al terrorismo" condannata. Da LIBERAZIONE del 4 marzo 2008.
Nella sostanziale indifferenza dei candidati alle prossime elezioni politiche italiane, e mi riferisco naturalmente a quelli del duopolio mediatico, aspiranti all'inciucio per liquidare la Costituzione repubblicana, in tutto il pianeta si stanno ancora dispiegando gli effetti nefasti della stagione della guerra al terrore. Non mi riferisco solamente alla tragedia quotidiana dell'Afghanistan e dell'Iraq, a tutti tristemente nota, ma a quanto sta accadendo anche in altre regioni con altri attori protagonisti, in primis gli alleati regionali della super potenza imperiale. Turchia, Colombia, Israele. La Turchia ha scatenato proprio in questi giorni un'offensiva militare violando i confini dell'Iraq, entrando nel Kurdistan irakeno, con la giustificazione della lotta al Pkk, ovvero secondo Ankara al terrorismo, in aperta violazione del diritto internazionale e con il beneplacito degli Stati Uniti d'America. L'Europa guarda, al massimo commenta, ma subisce. In Colombia, Uribe, a capo di un governo che ha dalla sua parte il sostegno di paramilitari e narcotrafficanti, di un paese la cui ricchezza si fonda su un narcocapitalismo liberista, sempre in nome della guerra al terrore, bombarda e uccide, nel territorio dell'Ecuador, il capo della diplomazia delle Farc e uomini e donne al suo seguito. Raul Reyes, l'uomo che da sempre tesse le fila delle relazioni diplomatiche e della ricerca di una soluzione politica al conflitto decennale che vive la Colombia. Solo pochi anni fa era stato ricevuto anche in Vaticano, mentre si tentò con il governo Pastrana di arrivare ad un accordo di pace, poi saltato. Un atto barbaro, la cui gravità non consiste solo nel compromettere le speranze di liberazione di Ingrid Betancourt, degli altri prigionieri nella mani della Farc, ma nell'aver ucciso un diplomatico, non semplicemente un capo guerrigliero. E anche qui, lo si fa violando l'integrità territoriale di uno stato sovrano. Si può dare il giudizio che si vuole sulle Farc, ma il non riconoscerle politicamente significa non voler alcuna soluzione politico-negoziale, ma perseguire solo una strategia di guerra e di annientamento militare, con tutte le conseguenze di sofferenze per le popolazioni che ciò comporta. Uribe, che riceve in nome della lotta alla droga miliardi di dollari (ed armi) dall'alleato statunitense, con questo omicidio liquida gli sforzi di Chavez, ed anche del governo francese e di altri europei, di arrivare ad uno scambio umanitario. Contemporaneamente si pone come baluardo del gigante nordamericano in una regione, l'America Latina, segnata dall'avanzata di forze progressiste e governi autonomi dal controllo Usa. Il terzo esempio su cui vale la pena soffermarsi è la strage che si è prodotta a Gaza in questi ultimi giorni. Anch'essa, così come la quotidiana violazione di ogni principio del diritto internazionale che si produce in tutti i territori occupati, viene giustificata in nome della autodifesa o della guerra al terrorismo. Si badi bene. Per i governi Israeliani, Sharon ed Olmert, la categoria di terroristi non è applicata solo ad Hamas, ma lo stesso fu fatto con Arafat, dopo che era stato il protagonista degli accordi di Oslo, e insignito del premio Nobel della pace. Quanto accade deve quindi essere letto guardando alle singole crisi e alle ragioni di ognuna, ma allo stesso tempo come il frutto della strategia globale della guerra al terrore. Nonostante il fallimento evidente di questa sciagurata politica, essa continua ad estendersi, configurando il dispiegarsi di uno stato d'eccezione permanente su scala globale. Un vero e proprio mutamento di paradigma, che ha inizio con le politiche post 11 Settembre e che oggi si ripercuote in tutte le realtà dove sono aperti dei conflitti. Una ridefinizione di fatto del diritto internazionale nel tempo della globalizzazione neoliberista. A chi denuncia tutto ciò, in tutti questi casi di aperta e sfacciata violazione del diritto internazionale, la risposta che viene data è la stessa. Stiamo combattendo il terrorismo. Alle parti in conflitto si nega lo status di interlocutori politici, indispensabile per poter pensare a soluzioni negoziali, per continuare - al contrario - a perpetrare l'azione bellica e militare, indipendentemente dalla sua efficacia. Vale la pena qui riprendere le parole di Giorgio Agamben e della sua definizione di stato d'eccezione. Secondo il filosofo questa condizione vede già da anni il suo massimo dispiegamento planetario. Io credo che gli accadimenti degli ultimi giorni dimostrino come questa tesi non solo sia drammaticamente confermata, ma stia ormai producendo una condizione dalla quale difficilmente si potrà tornare indietro. «L'aspetto normativo del diritto può essere così impunemente obliterato e contraddetto da una violenza governamentale che, ignorando all'esterno il diritto internazionale e producendo all'interno uno stato di eccezione permanente, pretende tuttavia di stare ancora applicando il diritto». «Dallo stato di eccezione effettivo in cui viviamo non è possibile il ritorno allo Stato di diritto, poiché in questione ora sono i concetti stessi di Stato e di diritto». La guerra preventiva e al terrore, si definisce quindi come forma permanente di uno stato d'eccezione che si fa norma di fatto per il governo dei conflitti. Su scala internazionale come sul piano interno, come avviene con le politiche securitarie, i decreti sicurezza o i patriot act. La nostra contrarietà, ontologica direi, alla guerra preventiva, la scelta pacifista, irrisa dai guru della real politik del disastro, non nasce da riflessi ideologici del passato. Scegliere un'opzione politica radicalmente avversa a quella della guerra preventiva, un'opzione radicalmente pacifista, è un'opzione strategica per il futuro. Non si tratta solamente di scegliere se stare dalla parte degli oppressi, come si sarebbe detto un tempo e come è giusto che sia, contro gli oppressori. Dalla parte della pace contro la guerra. Si tratta di scegliere se stare dalla parte del diritto contro l'arbitrio. Della soluzione politica dei conflitti o dei bombardamenti. Se si sta dalla parte del rilancio del diritto internazionale o del suo definitivo seppellimento. Se sappiamo già che il Pdl si schiera senza dubbio alcuno a favore della prepotenza globale dell'impero e dei suoi alleati, ci piacerebbe capire che pensi di tutto ciò il Pd. Noi, da quale parte stare, lo abbiamo già scelto da tempo. Fabio Amato* *Responsabile Esteri Prc
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