Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Cari amici, vi vedo piuttosto apatici e questo mi appare strano dopo una giornata passata a Sderot.
Mentre ieri mi trovavo là, sono caduti una ventina di missili, uno a poche cetinania di metri dai miei piedi; ho parlato, fra gli altri, con un bambino che per cinque volte si è trovato a dieci metri dal cratere o dall'esplosione mentre l'evento era in corso, la casa accanto alla sua è completamente distrutta, nel giardino della scuola si era arrampicato insieme a un amico su un albero che è stato colpito. In ognuna delle cinque volte che mi ha descritto (ora ne farò un pezzo) descriveva né più né meno che la vita di un bambino nella sua semplicità e nella sua complessità. Laddove dovrebbe esserci costruzione, a scuola, a casa, in bicicletta, al gioco del calcio, invece c'è stata distruzione: in ogni circostanza un missile ha interrotto con un boato la definizione stessa della crescita di Rasiel Sassun, 13 anni, con schegge che gli ferivano la carne, con trauma psichici per cui la madre mi ha raccontato che il bambino è in cura e che ogni volta che cade un missile deve ricominciare tutto da capo. La città è ormai semiabbandonata, piena solo di storie di morti feriti e di distruzione.
Nessuno nel mondo se ne accorge e Israele non si decide a rispondere. Mi accingo a scrivere un pezzo, ma ieri tornando, invece, pensavo che sarebbe meglio raccontare con la storia di Sderot la parabola della civiltà occidentale: un mondo colpito incessantemente dal fuoco nemico, che potrebbe facilmente porvi fine, che invece a causa di una serie di motivi, tutti molto ragionevaoli, lascia passare giorno dopo giorno senza fare nulla, o facendo il minimo indispensabile, e comunque qualcosa che non ferma l'attacco. Perché? Soprattutto per paura dell'opinione degli altri e dell'ideologia corrente in cui è proibito reagire con decisione contro i terroristi. E, alla fine, a Sderot e poi a Ashkelon e poi in Israele e poi nel nostro intero mondo.............non rimase nessuno.
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