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Europa Rassegna Stampa
21.06.2007 Diamo ad Hamas e Hezbollah responsabilità di governo, e trattiamo
Dominique Vidal propone una strategia che è già fallita: a Gaza

Testata: Europa
Data: 21 giugno 2007
Pagina: 6
Autore: Simone Verde
Titolo: «Vidal: «Apprendisti stregoni in Medio Oriente»»

Per attribuire la colpa della crisi palestinese a Israele ( e agli Stati Uniti), EUROPA del 21 giugno 2007 ricorre a un'intervista al giornalista di Le Monde Diplomatique Dominique Vidal. 
Fornita la prevedibile diagnosi, Vidal passa alla altrettanto prevedibile cura. Dare agli islamisti "responsabilità di governo" e trattare. Esattamente la strategia che è fallita nell'Autorità palestinese. Hamas non ha mai rinunciato, una volta giunta al potere, ai suoi "slogan demagocici": distruzione di Israele e  terrorismo. Perché non sono slogan, ma programmi politici.

Di che cosa parla allora Vidal ? Forse vuole intendere che la comunità internazionale deve comunque trattare con gli islamisti, aspettando tranquillamente che Israele sia lentamente disanguata e infine "cancellata dalla carta geografica" ?

Ecco il testo:

 
«Non c’è nessuna strategia. È politica da apprendisti stregoni ». Questo il giudizio di Dominique Vidal sull’amministrazione Bush, nel momento in cui il Medio Oriente sembra precipitare sempre più nel caos. «Il problema – afferma con amarezza lo storico giornalista di Le Monde diplomatique – è che gli americani, seguiti a ruota da Israele e dall’Europa, stanno soffiando su conflitti che poi non sanno come gestire». La maggiore preoccupazione di Vidal, è per le popolazioni di Gaza, ovviamente, ma anche di Israele, stretto nella morsa di un’instabilità che si estende a macchia d’olio. «Tel Aviv – sostiene – trae qualche vantaggio immediato da questo conflitto. Ma a lungo termine sarà proprio lo stato ebraico a subire le conseguenze maggiori di una tensione che non cessa di salire».
Gaza e Cisgiordania: siamo di fronte alla nascita di due stati?
È difficile fare previsioni. Quello che è certo è che per il momento la prospettiva di una Palestina unificata e governata stabilmente è molto lontana.
E che il testamento politico di Ariel Sharon si è realizzato. Il suo piano di pace, infatti, prevedeva in realtà quattro stati, ritagliati tra le colonie e i territori. Lo scontro tra Hamas e al Fatah è una sua vittoria postuma.
Questo significa che le divisioni tra palestinesi sono state acuite ad arte da Israele e Stati Uniti?
Quello che è certo è che se si è arrivati a questo punto, moltissimo lo si deve all’atteggiamento scelto dall’Occidente.
Poiché lo scontro in corso è il risultato di pressioni fatte gravare da tempo sull’area: l’embargo economico, l’isolamento e la pressione militare. Se Israele, Stati Uniti ed Europa avessero seguito una linea diversa, oggi non saremmo a questo punto.
Newsweek di questa settimana accusa gli Stati Uniti di aver provocato lo scontro tra al Fatah e Hamas. E riporta dichiarazioni molto esplicite di uomini come l’inviato Onu Alvaro de Soto.
Conosco molto bene de Soto e ho letto con attenzione il suo rapporto su Gaza. Da quel rapporto si deduce ancora una volta che l’embargo non serve a nulla. Che non serve per abbattere regimi antidemocratici, ma che al contrario provoca il ricompattamento delle popolazioni intorno ad essi. Perciò, se si vuole aiutare il popolo palestinese e se si vuole promuovere democrazia, non si deve ricercare la guerra e la distruzione ma diffondere pace e benessere.
Ma insomma, ci sono gli Stati Uniti dietro il conflitto?
Intendiamoci, se vuole dire che il deteriorarsi della situazione è responsabilità dell’amministrazione Bush, di Israele e dell’Europa, sono d’accordo, l’ho appena detto. Se invece suggerisce che la divisione della Palestina, la guerra civile e il conflitto tra Hamas e al Fatah siano stati perseguiti lucidamente dagli Usa, allora non sono d’accordo.
O almeno, non ne sono convinto.
La ragione è semplice: guardiamo cosa sta succedendo da qualche anno in Medio Oriente C’è caos un po’ ovunque, in Libano, in Iraq e in Palestina.
Un caos che dura da un bel po’, ma soprattutto un’assenza di pianificazione e di strategie politiche e militari che sono sotto gli occhi di tutti.
Ragione per cui non credo che a Gaza, dietro lo scoppio delle violenze ci siano mandanti precisi.
Quale giudizio ne esce sulla politica estera Usa?
Drammatico. La più importante democrazia occidentale è governata da apprendisti stregoni. Che, anche nel caso di Gaza, non hanno fatto nient’altro che appoggiarsi a equilibri esistenti, intervenendo, certo, ma senza avere in mente uno scenario di lungo termine.
Improvvisando e cercando benefici a corto, cortissimo termine con esiti pericolosissimi.
Gli Stati Uniti, però, sono lontani. Israele, invece, si trova nell’occhio del ciclone. Eppure sembra perseguire la stessa politica.
Giusta osservazione. Ormai anche in Israele regna una confusione senza precedenti. Se si considera che solo un anno fa l’esercito più potente del mondo si è impegnato in un conflitto contro Hezbollah nel sud del Libano senza ottenere alcun risultato e ancora oggi si continua con lo stesso approccio...
Come è vissuta questa situazione nel mondo arabo?
Il mondo arabo vive il diffondersi del caos con notevole preoccupazione. E con lo sgomento di vedere che i negoziati in cui si era impegnato solo qualche mese fa non sono serviti a niente.
Quale ruolo ha l’Iran nel conflitto?
Quanto all’Iran è evidente che questo paese sta traendo i maggiori benefici dall’assenza di pianificazione. Si infiltra nel caos, aizza e gestisce conflitti un po’ ovunque, in Iraq, in Libano con Hezbollah, in Somalia, ma anche a Gaza con Hamas.
Come uscire dalla crisi?
Riaprendo il dialogo con il mondo arabo, facendo uscire Gaza dall’isolamento per mettere Hezbollah davanti alle sue vere responsabilità di governo e per mostrare quanta demagogia stia dietro i discorsi degli islamisti. Tutte iniziative che non sono certo nell’agenda del momento.

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