L'impossibile equivalenza tra terrorismo palestinese e insediamenti israeliani forme di estremismo speculare per il quotidiano napoletano
Testata: Il Mattino Data: 13 settembre 2004 Pagina: 3 Autore: un giornalista - Antonio Gualdo Titolo: «La jihad palestinese: rilasciatele - Coloni contro Sharon: no al ritiro - Padre Faltas: buoni i rapporti con gli arabi -»
A pagina 3 il Mattino di oggi, 13-09-04, pubblica l'articolo "La jihad palestinese: rilasciatele", che di seguito riproduciamo: Un responsabile della Jihad Islamica, una formazione radicale palestinese, ha rivolto ieri sera un appello all'omonimo gruppo iracheno che ha rivendicato il sequestro delle due volontarie italiane Simona Pari e Simona Torretta, chiedendo che siano liberate al più presto. A nome della Jihad palestinese, Khaled al Batsh ha affermato che il sequestro delle due operatrici umanitarie italiane «non può aiutare il popolo iracheno» ed ha invitato la Jihad islamica in Iraq a liberare «anche tutti gli altri ostaggi occidentali e arabi». Khaled al Batsh ha peraltro chiesto all'Italia di «ritirare le sue truppe dall'Iraq». Da pagina 5: "Coloni contro Sharon: no al ritiro". Gerusalemme. La destra più oltranzista contro il governo. I movimenti estremisti dei coloni ebrei hanno manifestato ieri per dire «no» al piano di ritiro da Gaza e da aree della Cisgiordania del premier Ariel Sharon. Il raduno si è svolto a Gerusalemme, dove circa ottomila coloni hanno sfilato nelle strade. Alcuni cartelli ammonivano contro il «dittatore Sharon» e contro «il governo della rovina» e esortavano l'ala del Partito Nazionale Religioso rimasta al governo a uscire dalla coalizione e a provocarne la caduta. Su un grande palco, nel centro della Piazza Zion, alle spalle degli oratori dominava un gigantesco cartellone con sopra scritto: «Il ritiro spacca la nazione». Massicce forze di polizia hanno formato un cordone attorno ai manifestanti pronti a intervenire. La jihad palestinese è "una formazione radicale palestinese", gli israeliani che manifestano in piazza appartengono a "movimenti estremisti dei coloni ebrei". Seguendo la scelta dei vocaboli sembra che non passi nessuna differenza tra i membri della jihad palestinese, organizzazione terrorista responsabile di massacri indiscriminati di civili, e chi, a prescindere da quelle che possono essere le idee propugnate, manifesta pacificamente in piazza. "Radicali" i primi, "estremisti" i secondi, ma tra gli uni e gli altri la differenza consiste in centinaia di civili israeliani sterminati in maniera scientifica.
A pagina 8 Antonio Gualdo intervista padre Ibrahim Faltas, il superiore del convento della Basilica della Natività a Betlemme occupato dai terroristi palestinesi durante l'operazione "Muro di difesa". Faltas sostiene che i frati francescani avrebbero in quell'occasione "impedito l'eccidio da parte degli israeliani", migliorando i rapporti fra i cristiani e i musulmani della città, deterioratisi in realtà, a causa del fondamentalismo islamico, ben prima della "parole di Bush" sulla guerra al terrorismo. Faltas e i suoi confratelli non hanno invece impedito (e probabilmente non avrebbero potuto) gli eccidi reali compiuti dagli "inermi" "rifugiatisi" nella Basilica contro i civili israeliani, nè le esecuzioni di palestinesi presunti "collaborazionisti" (parola con cui vengono indicati spregiativamente coloro che forniscono a Israele informazioni utili a sventare le stragi del terrorismo), avvenute anche davanti al sagrato della Basilica. E' comunque da rilevare che persino Faltas deve ammettere che il "muro" contribuisce ad evitare attentati suicidi. Ecco il pezzo: Padre Ibrahim Faltas, francescano, direttore della scuola cattolica di Betlemme, fu il protagonista delle trattative con il governo israeliano durante i drammatici 39 giorni, nell’aprile 2002, dell’assedio alla Basilica della Natività dove si erano rifiugiati alcuni terroristi palestinesi. Quali tracce ha lasciato, nella vostra attività, quell’episodio? «Noi fratelli lo ricordiamo ancora come un incubo, ma c’è una cosa positiva: sono molto migliorati i nostri rapporti con gli arabi musulmani, dopo che abbiamo impedito l’eccidio da parte degli israeliani». Perché i rapporti non erano buoni? «Per il semplice motivo che loro pensavano, specie dopo le parole di Bush, che i cristiani volessero fare una nuova crociata contro l’Islam. Dall’aprile 2002, invece, si sono convinti che i cristiani lavorano per la fine del conflitto tra arabi ed ebrei. Oggi il nostro ruolo è visto come quello di potenziali mediatori. E la pace non può arrivare se non attraverso il dialogo». Questo significa che lei è contrario alla costruzione del Muro? «Il Muro lo guardo tutti i giorni con angoscia, è la nostra prigione. Ma devo riconoscere che nelle zone dove è stato costruito, gli attentati sono cessati». Anche a Betlemme i cristiani sono in fuga? «Sì, purtroppo. Dall’esplosione dell’intifada oltre duemila cristiani hanno lasciato il paese. E in molti giorni la Basilica è vuota. Avremmo dovuto licenziare del personale nel nostro convento, ma non lo abbiamo fatto perchè si tratta in gran parte di arabi e la disoccupazione a Betlemme supera l’80 per cento». Sabato 11-09-04 a pagina 8 il quotidiano pubblica una lettera violentemente anti-israeliana (il muro è illegale, gli israeliani sono carnefici, i palestinesi vittime, Hamas e Jihad sono "gruppi armati").Pietro Gargano, titolare della rubrica delle lettere, non commenta, a differenza di quanto ha fatto in più occasioni, in modo critico, a proposito di lettere più amichevoli con Israele. Un modo per dimostrare quella "amicizia per il popolo di Israele" da lui vantata, il 21-07-04, nella risposta a un lettore.
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