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L'Opinione Rassegna Stampa
14.07.2004 Walid Shoebat, dissidente arabo
dimostra che è possibile rifiutare la cultura dell'odio

Testata: L'Opinione
Data: 14 luglio 2004
Pagina: 2
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Walid Shoebat il terrorista palestinese che diventò sionista»
Su L'Opinione Dimitri Buffa firma un articolo sulla figura di Walid Shoebat, ex terrorista palestinese, convertito alla religione evangelica divenuto sionista cristiano. Che denuncia la cultura dell'odio antiisraeliano e antisemita che avvelena il mondo islamico e la repressione omicida del dissenso nella società palestinese.
La storia di Walid Shoebat, ex terrorista palestinese, un cugino, Raed,
ucciso mentre tentava di farsi saltare in aria a Ben Yehuda, rappresenta
nel variegato mondo delle notizie quella classica dell'uomo che morde il
cane. E infatti da qualche settimana i quotidiani e i settimanali in lingua
ebraica, per non parlare delle tv locali, se lo contendono per farlo parlare
a ruota libera contro la cultura dell'odio che in Palestina ha ormai messo
radici da quercia secolare.
"Non esiste una guerra Israelo-Palestinese ma solo un conflitto Arabo-nazi
islamico contro gli ebrei, per questo ho smesso da fare il terrorista per
Arafat e mi sono convertito al cristianesimo evangelico e sono diventato
sionista".
La frase che precede è solo un esempio di risposta data alle
domande che ogni cittadino dello stato d'Israele si pone dopo ogni episodio
di terrorismo e di violenza contro la popolazione. Ma come, e soprattutto
perché, un terrorista palestinese può diventare amico degli ebrei, cristiano
evangelico e infine sionista?
"Quando uno si accorge che il problema Israelo-Palestinese è solo un
pretesto dietro cui nascondere le miserie di tanti stati tirannici e di
tanti fondamentalismi assassini, quando uno capisce di essere stato
intossicato dall'odio fin da quando era bambino, come mio cugino Raed che si
è fatto uccidere a Ben Yehuda mentre tentava di andarsi a fare saltare in
aria in un caffè pieno di ragazzini di dieci anni che stavano a prendere il
gelato in vacanza, quando uno vede un'intera popolazione che a Ramallah
espone e porta in processione le budella di due soldati israeliani linciati
perché finiti lì per caso incomincia a maturare decisioni importanti.
Inoltre quando dovevo insegnare l'odio per gli ebrei a mia moglie non ero
in grado di citarle un solo passo della Bibbia o di altri libri sacri in cui
fossero contenuti i loro presunti crimini, l'immagine che veniva fuori
al contrario era solo quella di un popolo sempre sulla difensiva,
costretto direi all'autodifesa durante la sua lunga storia".
"Un'altra illuminazione l'ho avuta ­ spiega Walid Shoebat ai giornali
israeliani ­ un giorno che mi ero recato a Hebron e assistetti alla
seguente scena: degli ebrei ortodossi che salivano lentamente sull'autobus
per Qyriat Arba'a e sotto una folla di palestinesi che li prendevano a
pietrate senza che loro reagissero se non prendendo le pietre dall'autobus e
gettandole in terra.. vedere quella povera gente che nemmeno si difendeva mi
ha fatto stringere il cuore, loro non odiavano chi invece li odiava".

Perché la cultura dell'odio? "Ci vorrebbe un intero libro per rispondere
compiutamente, ma per farla semplice prendiamo l'esempio della Germania
nazista che era stata programmata ideologicamente a livello di istituzioni,
arti, media come una fabbrica sociale di odio antisemita. Lo stesso sta
avvenendo in molte società arabe funestate dall'Islam estremista. Con alcune
piccole ma significative differenze: lo sfondo religioso dell'Islam
fondamentalista, il fatto che l'odio prima era presente solo nella Germania
e nei territori da essa occupati mentre qui si tenta di diffonderlo in
cinquantacinque paesi differenti e infine un elemento in comune a ideologie
dell'odio come il nazismo e il comunismo: la pretesa di non rispettare i
confini nazionali e la certezza del fine che giustifica i mezzi".

Secondo Shoebat, che diventò amico degli ebrei poco dopo la firma degli
accordi di Oslo, "quella pace in realtà nasceva male ed era destinata a
portare altri lutti alle due popolazioni perché si basava su una buona fede
che da parte palestinese almeno a livello di dirigenza e di Arafat non esisteva visto che la meta per loro è sempre quella della distruzione di Israele e di costruire un solo stato palestinese che vada dal fiume al mare". E a chi gli ha chiesto tra i giornalisti israeliani quanti altri palestinesi che la pensano come lui esistano nei Territori, Shoebat ha dato uan risposta lapidaria: "più di quanto non si immagini ma come potrebbero esporsi con il rischio di venire linciati in pubblico come collaborazionisti? L'avete mica mai visto su internet qualche filmato di repertorio in materia?"
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