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Il Mattino Rassegna Stampa
20.05.2004 Sempre meno credibilità
ecco cosa succede quando si prediligono le sole fonti palestinesi

Testata: Il Mattino
Data: 20 maggio 2004
Pagina: 2
Autore: la redazione
Titolo: «Medio Oriente in fiamme»
Sul quotidiano napoletano molte sono le foto pubblicate di ragazzi feriti e morti durante l'operazione antiterroristica a Rafah. Accanto ad una di queste immagini è affiancata una didascalia: "Israele semina il terrore: la folla che partecipava ad un corteo pacifico fugge dopo l’esplosione, causata da un missile o da cannonate". In realtà i soldati israeliani non hanno colpito deliberatamente la folla e del corteo "pacifico" pare facessero parte anche terroristi armati. Questo secondo fonti israeliane. Ma le fonti palestinesi, che raccontano la versione opposta sono le stesse che hanno propinato al mondo la frottola del "massacro" di Jenin. I nostri giornalisti non hanno imparato nulla sulla loro credibilità?
Pare di no, anche a giudicare dall'articolo del Mattino che riportiamo:

Gerusalemme. Un altro massacro. Per il secondo giorno consecutivo missili e cannonate israeliani hanno insanguinato Rafah, nel sud della striscia di Gaza: ma stavolta è stato colpito un affollato corteo pacifico che si stava snodando nelle strade. Dodici i morti - ma secondo altre stime potrebbero essere più di 20 - e una sessantina i feriti: molti erano bambini e ragazzi. L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha accusato: «È un crimine di guerra israeliano che impone l'intervento della comunità internazionale per salvare gli abitanti di Rafah dalla catastrofe che sta causando l'esercito israeliano». Il presidente palestinese Yasser Arafat ha denunciato «i crimini atroci» commessi da Israele e ha chiesto l'invio di una forza internazionale per proteggere i palestinesi. Al Fatah, la maggiore organizzazione palestinese, ha ordinato tre giorni di sciopero generale in segno di cordoglio per le vittime. L'inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori occupati, John Dugard, ha definito gli attacchi israeliani «un crimine di guerra e una violazione del diritto umanitario».
Dopo il massacro, si sono viste scene orrende: corpi straziati di bambini raccolti da padri, pure feriti, che correvano in lacrime in cerca di soccorso, un fuggi fuggi dei superstiti, grida di rabbia e di dolore, l'urlo delle ambulanze che cercavano di farsi strada. Scene tremende anche nell'obitorio dell'ospedale di Rafah, incapace di contenere una così grande quantità di cadaveri, avvolti in lenzuoli arrossati di sangue. A un certo punto, ha detto il medico Manar Thair, «siamo stati costretti mettere i corpi nelle celle frigorifere usate per i fiori» destinati a essere esportati in Europa.
La mattanza ha portato morte e distruzione nei pressi del quartiere di Tel Sultan, occupato dall'esercito israeliano. La manifestazione, cui partecipavano centinaia o forse migliaia di persone, era uscita dal centro di Rafah per muoversi lungo la strada principale in direzione del quartiere, quando improvvisamente, intorno alle 14.30 locali, carri armati e elicotteri hanno sparato, senza apparente motivo, contro una folla dove c'erano molti ragazzi, provocando un vero e proprio bagno di sangue. Le fonti palestinesi affermano che la folla era pacifica e non c'era nessun palestinese armato. Nel condannare il massacro, lo stesso segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha sottolineato che si trattava di una manifestazione pacifica.
Varie e contraddittorie le versioni fornite dal portavoce militare israeliano, che in una prima ricostruzione dell'incidente, ha ammesso che a causare le vittime potevano essere state «quattro cannonate» sparate da carri armati in direzione di una struttura abbandonata con l'intento di spaventare i manifestanti e di costringerli a fermarsi. Stando al portavoce, un elicottero ha prima sparato un missile contro un campo aperto allo scopo di fermare i manifestanti, tra i quali ci sarebbero stati (sempre secondo gli israeliani) molti uomini armati, che si stavano avvicinando alle posizioni occupate dall'esercito. Dall'elicottero sono anche stati lanciati razzi esca, usati per deviare dalla loro traiettoria missili antiaerei che avrebbero potuto essere sparati da terra contro il velivolo. Poi sarebbero stati sparate cannonate da un carro armato. Ma per gli abitanti di Rafah non c'è alcun dubbio: il tiro è stato intenzionale. Tanti parlano di 4 missili sparati da un elicottero militare verso la folla. E c'è anche chi racconta di spari convergenti da elicotteri e carri armati.
Le aspre condanne internazionali dell'incidente e le sue possibili ripercussioni politiche interne potrebbero ora costringere Israele - ammettono fonti israeliane - a cessare l'operazione dell'esercito a Rafah. Questa però per ora continua, assicurano le fonti governative. L'imbarazzo in seno al governo del premier Ariel Sharon è grande. Il ministro della Giustizia Yosef Lapid, leader dello Shinui (partito di centro laico) ha reagito alle notizie dell' incidente esclamando «Non si può più continuare così» e affermando che l'odierna «tragedia umana» è una conseguenza del fatto che Israele si trova ancora nella striscia di Gaza. Reazioni tempestose alla Knesset, dove deputati arabi dell'opposizione di sinistra hanno chiesto che il ministro della Difesa, il capo di stato maggiore e altri alti ufficiali siano processati come «criminali di guerra».
Dura la condanna dell’Unione Europea e del segretario generale dell’Onu Kofi Annan. Non altrettanto da Washington. «Aspettiamo dei chiarimenti dal governo israeliano»: George Bush si è limitato a rispondere così a un giornalista che gli chiedeva una condanna dell'attacco. In serata, con 14 voti favorevoli e una astensione, quella degli Stati Uniti, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione di condanna della demolizione delle case dei palestinesi a Rafah.
Invitiamo i nostri lettori a dare il proprio giudizio su quanto scritto dal quotidiano napoletano. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata ed inviata.



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