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Il Mattino Rassegna Stampa
19.11.2003 Senza nome, senza età, senza volto, ovvero senza identità
quando a morire sono i soldati israeliani

Testata: Il Mattino
Data: 19 novembre 2003
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «Ma non si fermano gli scontri: uccisi due soldati israeliani»
Il Mattino non si smentisce mai:
la notizia è quella dell'uccisione di due soldati israeliani. La prima cosa da notare è l'esiguità del commento in proposito (qualche riga di un articoletto posto nell'angolo della pagina). I soldati, inoltre, non hanno nè un nome, nè un'età, nè un volto. La cosa che più colpisce, però, è il solito uso propagandistico delle fotografie. Il Mattino, infatti, per rendere conto di quanto riportato (l'uccisione dei soldati) nel brevissimo articolo pubblica una foto di un soldato israeliano che gode di ottima salute, con sguardo attento e mitra ben alto, pronto per colpire. Alla foto si accompagna la seguente didascalia: "In alto, un soldato israeliano nei Territori palestinesi occupati". Ecco come Il Mattino riesce a far passare in secondo piano l'uccisione di soldati israeliani e addirittura a far sembrare gli stessi come i veri aggressori.

Riportiamo in seguito gli articoli, anch'essi caratterizzati dai soliti espedienti propagandistici e dalla massima cautela e benevolenza verso il rais palestinese ("...il legittimo (!) presidente palestinese Yasser Arafat"):

1) "Sharon chiede sostegno a Berlusconi"

Roma. Lotta al terrorismo internazionale, le preoccupazioni di Israele per il crescente antisemitismo, il ruolo di Yasser Arafat, l'annunciato incontro con il premier palestinese Abu Ala. Ed anche la costruzione di quel muro - solo «difensivo», secondo Sharon - che tanto inquieta l'Europa e il Vaticano. Sono tanti e delicati i temi in agenda dell'incontro centrale della visita di Ariel Sharon in Italia, l'incontro di ieri sera a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Ma il lutto nazionale ha inevitabilmente condizionato la giornata di Sharon a Roma ed anche una conferenza stampa congiunta, annunciata peraltro solo da fonti israeliane per ieri sera alle 20, non ha avuto luogo. Prima dell’incontro con Sharon, Berlusconi aveva avuto un colloquio con il Presidente Ciampi al Quirinale: per fare il punto sulla recente visita del capo dello Stato in Usa e per affrontare temi relativi alla crisi mediorientale.
Mentre a Bruxelles, nel corso dei colloqui Ue-Israele (ne riferiamo in questa stessa pagina) emergevano forti contrasti con Tel Aviv, Sharon a Roma ha chiesto al leader del Paese europeo che ha definito più «amico ed equilibrato» di spendere il proprio peso all'interno della Ue per cercare di stemperare le tensioni. A Bruxelles i ministri degli Esteri dei Quindici hanno ripetuto che la costruzione del muro non aiuta la pace.
Un aspetto da registrare, che pur esula dall'agenda dei lavori, è la presenza di Gianfranco Fini a Palazzo Chigi a pochi giorni dalla sua attesa visita a Gerusalemme che partirà il prossimo 23 novembre. È stato proprio Fini, a titolo personale, a difendere pochi giorni fa la costruzione del muro di protezione israeliano.
In mattinata Sharon aveva incontrato nell'albergo della capitale che lo ospita il ministro della Difesa Antonio Martino che all'uscita si era limitato a confermare che la «cooperazione bilaterale va molto bene». Poco dopo, a sorpresa, il premier israeliano è uscito per un veloce giro per Roma che ha voluto simbolicamente iniziare con piazza Venezia dove era stata allestita la camera ardente dei caduti a Nassiriya. Contemporaneamente un rappresentante dell'ambasciata israeliana in Italia deponeva una corona di fiori nella basilica di San Paolo fuori le mura «a nome del primo ministro, del governo e del popolo d'Israele».
Quindi Sharon ha proseguito per un piccolo tour della Roma antica effettuato tutto in macchina per ragioni di sicurezza. L'uomo più protetto del mondo ha così potuto almeno rivedere il Colosseo, il Foro, l'arco di Tito, il ghetto, piazza Navona e il Gianicolo. Luoghi che aveva visitato in gioventù, ben prima dell'inizio dell'attività politica.
Anche ieri non sono comunque mancate le contestazioni contro il primo ministro israeliano. Una decina di appartenenti all’associazione «Donne in nero» sono state fermate in serata dalla polizia davanti a Palazzo Chigi dove si erano radunate per protestare per l'arrivo di Sharon. Le donne si erano date un primo appuntamento in piazzetta San Marco, vicino all'Altare della Patria ma la polizia aveva sciolto il gruppo. Le manifestanti si sono quindi allontanate e, alla spicciolata, si sono ritrovate in Piazza Colonna verso le 19,30, 15 minuti prima dell'arrivo del primo ministro israeliano. Agenti di polizia le hanno bloccate e portate negli uffici di polizia per l'identificazione. I poliziotti hanno anche sequestrato alcuni cartelli a forma di mano con la scritta «Stop alla guerra con la forza della non violenza» e «Disarmiamo il mondo» che non hanno avuto il tempo di esibire.
2)"A Bruxelles forti contrasti Ue-Israele"
Bruxelles. Una «due giorni» di contrasti, dal tracciato del muro israeliano al trattamento riservato da Tel Aviv all'inviato europeo in Medio Oriente, senza tralasciare dissapori anche di carattere commerciale: sono molti i dossier spinosi rimasti aperti sul tavolo del quarto incontro del Consiglio di associazione Unione Europea-Israele che si è chiuso ieri a Bruxelles.
I due problemi che negli ultimi tempi hanno maggiormente avvelenato le relazioni euro-israeliane sono sottolineati con forza nella prima parte di un lungo documento finale in cui da parte europea si indicano alcuni ostacoli che frenano il dialogo bilaterale.
L'Ue conferma anzitutto la propria «profonda preoccupazione per il tracciato» della barriera di sicurezza (il muro che si sta costruendo) voluta da Tel Aviv. Con un occhio rivolto non solo agli effetti a breve termine, ma anche a quelle che possono essere le ricadute politiche del progetto israeliano, l'Unione Europea ha inoltre messo nero su bianco che discostarsi dal percorso della barriera tracciata nel 1949 «potrebbe pregiudicare i futuri negoziati, rendendo così impossibile fisicamente portare a termine la soluzione dei due Stati». L’Europa, insomma, sembra sospettare che Sharon stia attuando la politica del fatto compiuto: edificare il muro oggi per rendere impossibile domani la creazione di due Stati con confini reciprocamente definiti. Ribadendo d'altra parte uno degli aspetti che Bruxelles sostiene ormai da tempo, il documento segnala che il muro potrebbe essere causa di futuri danni «sia umanitari che economici per i palestinesi».
C’è poi il contenzioso sull’inviato europeo per il Medio Oriente, il belga Marc Otte, che il governo di Sharon si è ostinato finora a non ricevere perché «colpevole» di avere incontrato il legittimo presidente palestinese Yasser Arafat. Si tratta di un grave sgarbo diplomaticoda parte di Tel Aviv, ma l’Ue ha accolto positivamente le dichiarazioni fatte l’altro ieri dal ministro degli Esteri Shalom, il quale ha promesso che Israele «riprenderà regolarmente i contatti» con l'inviato Ue .
D’altra parte l'Ue sottolinea che eventuali tentativi per rimuovere il presidente Arafat sarebbero non solo «contrarie alla legge internazionale», ma anche «controproducenti nei confronti degli sforzi per giungere alla pace». L'Unione non dimentica d'altra parte di chiedere all'Anp, e al suo presidente, «di mettere in atto quanto prima passi decisivi per consolidare tutti i servizi di sicurezza palestinesi sotto il controllo trasparente di un premier e un ministro degli Interni con pieni poteri».
Stallo profondo infine su un tema commerciale, che sta rendendo difficili i rapporti bilaterali ormai dal 1998. L'Ue non vuole infatti che i prodotti (soprattutto agricoli) che entrano in Europa etichettati come «made in Israel» - ma provenienti in realtà dalle colonie ebraiche (illegali) nei Territori palestinesi - possano usufruire delle preferenze doganali che Bruxelles da alle importazioni che arrivano da Tel Aviv. Su questo punto, fonti della Commissione Ue non hanno nascosto la propria irritazione.
3) "Ma non si fermano gli scontri: uccisi due soldati israeliani"

Da notare come, quando ci sono morti israeliani, questi sono sempre la diretta conseguenza di scontri: mai un uccisione a sangue freddo, cecchianggio, ecc.. Quando i morti sono palestinesi, invece, i titoli degli articoli descrivono una situazione opposta: non si parla di scontri, quasi a sottolinerare che le uccisioni sono avvenute in un clima di completa tranquillità. E' questo il modo di fare giornalismo?

Due soldati israeliani sono stati uccisi ieri da un palestinese vicino a Betlemme. Mentre nel Sud di Gaza l’esercito ha condotto una vasta operazione nel corso della quale ci sono stati scontri con gruppi armati, che si sono conclusi col ferimento di nove palestinesi. L’uccisione dei militari - dopo quasi un mese senza perdite israeliane in Cisgiordania e Gaza - ha coinciso, come già altre volte in passato, con un momento in cui sembrano intensificarsi da parte dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) gli sforzi per concludere un’intesa con tutte le forze militanti su una nuova tregua nella lotta armata contro Israele. Non a caso ieri non vi sono state rivendicazioni da parte di alcun gruppo palestinese. Il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom ha commentato che ora si allontana la possibilità di rilanciare il processo di pace.
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