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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
14.10.2025 La sinistra confonde ostaggi e terroristi
Commento di Carlo Nicolato

Testata: Libero
Data: 14 ottobre 2025
Pagina: 5
Autore: Carlo Nicolato
Titolo: «La sinistra confonde ostaggi e terroristi»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 14/10/2025, pag. 5, con il titolo "La sinistra confonde ostaggi e terroristi", la cronaca di Carlo Nicolato. 

Carlo Nicolato
Carlo Nicolato

I galeotti palestinesi liberati in cambio degli ostaggi, in comune con questi ultimi hanno solo il giorno della liberazione e l'accordo che prevedeva lo scambio. Perché per il resto, non ci sono paragoni possibili: i palestinesi scarcerati, soprattutto quelli che erano condannati all'ergastolo, si sono macchiati di crimini orrendi. Ed ora tornano in libertà. Gli israeliani rapiti da Hamas hanno l'unica colpa di essere israeliani. Eppure la sinistra italiana (Telese, Albanese, Boldrini...) parlano ancora di "scambio di ostaggi", come se fossero tutti la stessa cosa.

Una delle prime cose che ha fatto Alon Ohe dopo la sua liberazione è stata sedersi al pianoforte e suonare. Sebbene si trovi ricoverato in una stanza del Beilinson Hospital di Tel Aviv dove stanno cercando di salvargli gli occhi per le ferite mai curate riportate il 7 ottobre di due anni fa, Alon, 24 anni, ha voluto riprendere contatto con la vita attraverso la sua passione per la musica e gli studi interrotti alla Rimon School of Music di Tel Aviv. Anche Ahmed Mahmed Jameel Shahada è tornato a casa ieri. Si trovava in carcere in Israele dal 1989 per aver rapito, violentato e ucciso una ragazzina di 13 anni che aveva attirato in un monastero di Jaffa. Eitan Horn invece, prima di venire rapito dal Kibbuz Nir Oz insieme al fratello Yair, faceva l’educatore, accompagnava gruppi nelle missioni formative. Per un certo periodo ha vissuto in Perù come emissario del movimento sionista Hanoar Hatzioni, diventando per molti adolescenti un punto di riferimento. Ieri ha abbracciato il fratello. Anche Morad Bader Abdullah Adais è tornato a casa in Palestina, non ci tornava da 9 anni, da quando appena 16enne era stato condannato all’ergastolo per aver macellato con un coltello da cucina Daphna Meir, una israeliana di 39 anni, madre di sei figli.
Non servirebbe aggiungere altro per rendersi conto che tra i 20 ostaggi restituiti ieri da Hamas e le centinaia di criminali rilasciati da Israele, l’unica cosa che li accomuna è l’accordo che ha permesso di far tornare a casa i primi grazie alla liberazione dei secondi. Eppure in questa difficile impresa si sono cimentati in tanti nelle ultime ore. «Finalmente le immagini dei pullman dei prigionieri politici palestinesi rilasciati: un imponente corteo di mezzi nella polvere e nelle macerie. Gli ostaggi del governo di Netanyahu». Prigionieri politici?
Forse Luca Telese allude a Iyad Abu al-Rub, un comandante della Jihad Islamica Palestinese, responsabile dell’organizzazione e della supervisione di numerosi attacchi terroristici, tra i quali quello della discoteca di Tel Aviv, quello del centro commerciale di Netanya e quello del mercato alimentare all’aperto di Hadera, a nord di Tel Aviv, per un totale 13 persone uccise e decine di mutilati? O magari a Imad Qawasmeh, condannato a 16 ergastoli per aver organizzato un doppio attentato suicida su un autobus nel 2004, nella città meridionale di Beersheba, in cui rimasero uccise 16 persone, tra le quali un bambino di tre anni e mezzo, disintegrato dagli esplosivi mentre si trovava seduto sulle ginocchia della madre? Telese ha cercato inutilmente di salvarsi in corner aggiungendo che «oggi siamo felici per tutti quelli che rivedono la luce, sia palestinesi che israeliani».
Anche Laura Boldrini, e il suo nome certo non poteva mancare, ha messo sullo stesso piano ostaggi israeliani ed ergastolani palestinesi. Una festa per tutti, ha detto, come se il ritorno a casa dell’umile panettiere Segev Kalfon, che cercò di salvarsi la vita nascondendosi in un cespuglio, sia uguale a quello dell’agente di Al Fatah Muhammad Zakarneh che nel 2009 assassinò il tassista Grigory Raginovich, colpevole di trovarsi lì per caso.
All’appello andrebbe inserita la specialissima osservatrice dell’Onu Francesca Albanese che in un’intervista di qualche giorno fa, sottolineava che gli ostaggi vanno sì liberati. Ma «gli ostaggi», aveva fatto presente, «non sono soltanto i 50 israeliani che sono trattenuti da Hamas, gli ostaggi sono anche 10mila palestinesi, tra cui molti bambini, tenuti a languire nelle carceri militari israeliane». «Siamo tutti uguali», ha poi chiosato l’Albanese, «al di là del colore della pelle e della religione professata», aggiungendo con il solito inciampo fanatico che «tutti hanno il diritto ad essere liberi. Gli israeliani, che però in questo momento appartengono a uno Stato che sta commettendo un genocidio, e i palestinesi che vivono oppressione da cento anni». Gli ostaggi israeliani insomma hanno sì quel diritto, ma con riserva, perché sudi loro grava la colpa di essere israeliani.

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