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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Il Giornale Rassegna Stampa
14.10.2025 Accusato di tutto: la rivincita di Bibi e del suo pugno duro
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 14 ottobre 2025
Pagina: 4
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Accusato di tutto: la rivincita di Bibi e del suo pugno duro»

Riprendiamo da IL GIORNALE di oggi 14/10/2025 a pag. 4 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Accusato di tutto: la rivincita di Bibi e del suo pugno duro".


Fiamma Nirenstein

Il momento della rivincita di Netanyahu: vince la guerra e incassa le lodi di Donal Trump nel suo discorso alla Knesset. Condannato da tutti, odiato dal mondo, ha tenuto duro, ha tirato dritto e i fatti dimostrano che aveva ragione lui.

Great job Bibi, bel lavoro. Trump parla del primo partner nella sua grande utopia: un tempo di pace per tutto il mondo, qui, con Bibi, si svolge questa “cosa mai vista prima”, e chiama Netanyahu nel cerchio dei grandi protagonisti della storia in un’apoteosi di comune entusiasmo, alla Knesset, per il ritorno degli ostaggi. “Senza di lui niente di tutto questo sarebbe potuto accadere, senza il suo coraggio e il suo patriottismo. Non è la persona più facile con cui lavorare, ma questo lo rende grande”. Questo momento è una delle tante immagini di vittoria che Netanyahu ha raccolto durante la giornata: il presidente americano che viene in Israele a compiere la sua prima visita, che mostra fraterna ammirazione, lui, il leader del Paese più grande, in senso lato, del mondo, per quello del Paese più piccolo, che fonde l’amicizia e la stima personale, del tutto evidente, con un ragionamento molto chiaro e evidente, quello che fa sì che le alleanze si creino su interessi comuni specifici e chiari, che rispecchiano anche una visione del mondo: sia Trump che Netanyahu hanno gli stessi nemici e gli stessi amici, fra i primi citato da ambedue, l’Iran che ha potuto costruire la  coalizione di forze fanatiche e terroriste che hanno posto a ferro e fuoco Israele, e la pace.

Netanyahu “con le unghie e coi denti” prima, e poi col sostegno finalmente di Trump, ha condotto la guerra più lunga, dolorosa, orribile, pericolosa della storia contemporanea del popolo ebraico; la vicenda dei rapiti, creature strappati alle loro famiglie in 252 durante il pogrom del 7 ottobre, persone di ogni età, idea, sesso, per un tempo oltre l’immaginabile e tenuti in stato di tortura, ha acquisito per Trump lo stesso grande significato simbolico che via via si era andato affermando in Israele. Fondamentale per una pace mediorientale e del mondo. Peccato che l’Europa non l’abbia mai capito.

La decisione dei due si è incontrata sull’obiettivo comune di osare il tutto per tutto, e anche di giocare di forza: la determinazione di Netanyahu a farsi riconsegnare i rapiti tutti insieme anche a prezzo molto elevato, a arrivarci con il valore aggiunto della scelta tanto discussa di attaccare militarmente Gaza City in modo da stringere Hamas in un angolo, si è fuso con l’atteggiamento di Trump (“si apriranno le porte dell’inferno”) che cerca il suo obiettivo senza accettare nessun ostacolo. È difficile non vedere come Netanyahu insieme a Ron Dermer e all’ambasciatore Yehiel Leiter, che ha perduto un figlio in guerra, abbiano costruito lavorando giorno e notte, senza mai cedere, un’ipotesi strategica che non cercava consensi mentre disegnava una svolta definitiva contando sull’interesse dell’Islam moderato.

Bibi intanto camminava diritto, prima con il rifiuto a Biden di farsi fermare sulla via di Rafah e dello Tzir Filadelfi, poi con la scelta difficilissima di colpire gli Hezbollah e eliminare Nasrallah; i Houty, la Siria, le postazioni sciite in Iraq... E soprattutto, il punto centrale del successo di Netanyahu è  l’Iran: quando Trump ha visto come osava affrontarlo si è convinto dell’opportunità di portare davvero pace eliminando il maggiore impaccio al suo disegno di pace, Hamas. Netanyahu è stato accusato di tutto, le famiglie dei rapiti si sono mescolati alla grande opposizione “Kaplan” e lo hanno addirittura accusato di non volere riportare a casa gli ostaggi per restare più a lungo al potere e evitare crisi alla sua coalizione. Il leader invece spendeva giorno e notte andando alla radice: chiedeva insieme alla restituzione anche la destituzione di Hamas e e le sue armi. Oggi all’invito di Trump a andare insieme a lui a Sharm ha preferito la telefonata amichevole con al-Sisi, la visita incredibile domani del primo ministro indonesiano, lasciando perdere al momento, nel gruppo a Sharm, le odiosità di Erdogan la presenza di Abu Mazen. Punta al prossimo grande patto di Abramo. Mantenere adesso la pace dovrà per esempio rispondere al problema che Hamas non sta riconsegnando altro che 4 corpi invece di 28, che è ancora armata.

Per ora è successo: difficile che il presidente Herzog possa evitare una risposta alla richiesta di grazia per Netanyahu “champagne e sigari! Chi se ne importa” ha detto finalmente Trump. Netanyahu ha il copyright delle meravigliose immagini del ritorno: Noah Argamani a sua volta salvata a suo tempo, oggi nelle braccia del suo amore Avinatan Or appena liberato: questa è la foto della vittoria di Netanyahu e del popolo ebraico. Zvica, il padre di Eitan Mor appena liberato, ha avuto il coraggio di dirlo: ringrazio Trump, ma soprattutto grazie al Primo Ministro. Quale migliore vittoria? 

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