Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Corteo per Gaza, nessuna scusa: Roma in fiamme, la sinistra sorride Commento di Aldo Torchiaro
Testata: Il Riformista Data: 05 ottobre 2025 Pagina: 1 Autore: Aldo Torchiaro Titolo: «Corteo per Gaza, nessuna scusa: Roma in fiamme, la sinistra sorride»
Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 05/10/2025, a pagina 1, il commento di Aldo Torchiaro dal titolo "Corteo per Gaza, nessuna scusa: Roma in fiamme, la sinistra sorride".
Aldo Torchiaro
I cortei pro-Pal di Roma, ieri, sono stati devastanti. Oltraggio anche alla statua di Giovanni Paolo II, imbrattata con insulti. E apologia del terrorismo nello striscione che inneggia al 7 Ottobre. Non ci sono scuse, ma la sinistra parlamentare italiana tace e si compiace.
No, non ci sono scuse. Le violenze, gli incendi, le bombe carta (una decina) e i tanti, troppi agenti contusi e finiti al pronto soccorso hanno responsabili politici con nomi e cognomi noti. Perché i trecento «antagonisti» (a chi, a cosa? Al loro psichiatra?) che hanno messo a ferro e fuoco l’Esquilino, tra via Merulana e via Labicana, li avevano visti benissimo, già ore prima, i promotori della manifestazione. Pd, M5S e Avs hanno offerto loro la platea, la pista da ballo sulla quale esibirsi. Hanno consentito loro di venire a Roma, di prendere parte a una manifestazione dai mille volti violenti — ne dirò tra poco — e di confondersi, mimetizzarsi tra le centinaia di migliaia di manifestanti. Meno facinorosi, forse, ma solo per quell’ipocrita velo che separa il dire dal fare, in una sinistra sempre più estrema e sempre meno riformista.
Le aggressioni e la guerriglia urbana
È terminata come ci si aspettava, proprio come Il Riformista aveva scritto ieri, con scontri, barricate, cassonetti in fiamme e perfino un’auto incendiata la mobilitazione nazionale per la Palestina del primo sabato di ottobre nella Capitale. Le forze dell’ordine, in tenuta antisommossa, hanno usato più volte i lacrimogeni per disperdere i manifestanti che lanciavano bottiglie di vetro e petardi. Complessivamente sono state identificate 262 persone. Per tutte sarà valutato il deferimento per i reati di danneggiamento, adunata sediziosa e resistenza a Pubblico ufficiale. La premier Giorgia Meloni ha espresso «un sentito ringraziamento alle forze dell’ordine per il lavoro straordinario svolto in questi giorni complessi, nonostante abbiano dovuto fronteggiare aggressioni, lanci di oggetti e tentativi organizzati di scontro». E ha aggiunto: «La mia vicinanza va a tutti gli agenti rimasti feriti. La loro professionalità e il loro coraggio rappresentano un presidio indispensabile per la sicurezza della Nazione». A scatenare il caos è stato il distacco di due spezzoni dal corteo principale. Il primo è stato bloccato a Santa Maria Maggiore, dove sono entrati in azione gli idranti. Una donna ferita è stata portata via in ambulanza. L’altro gruppo, intercettato in via Lanza, si è poi ricompattato su via Merulana dando vita a scene di guerriglia urbana. Dopo un fitto lancio di fumogeni e bottiglie, un’auto è stata data alle fiamme. I vigili del fuoco sono intervenuti tra i palazzi del rione. I disordini si sono estesi fino a piazza Vittorio, con bottiglie lanciate contro la sede di CasaPound, da cui a loro volta sono partiti oggetti verso i manifestanti. Le forze dell’ordine hanno risposto ancora con idranti. Durante gli scontri è stato arrestato un manifestante colto in flagranza mentre aggrediva un agente. Vetrine infrante, cassonetti bruciati, un Carrefour devastato in via Labicana.
Tutto in nome della pace
Tutto questo, dicono, in nome della «pace». Ma la pace, evidentemente, non ha nulla a che fare con i cori di oggi: «Blocchiamo tutto» — non è forse violenza? «Dal fiume al mare» — non è forse un appello alla cancellazione di Israele? E lo striscione «7 ottobre giornata della resistenza palestinese» — cos’è se non un’esaltazione del terrorismo? Perfino Giovanni Paolo II è stato oltraggiato: la statua a lui dedicata, lungo il percorso del corteo in tarda mattinata, ben prima che tutto degenerasse ulteriormente, è stata vandalizzata e “vestita” con una kefiah, non distante da dove passavano, fischiettando distratti, Landini e Fratoianni. Una profanazione simbolica e ideologica.
Abbiamo fotografato manifestanti con cartelli su cui si leggeva: «Se prevale la violenza sapremo come rispondere». Non erano black block: erano parte della stessa folla che Schlein definisce «un’oceanica manifestazione di pace». Cecità? No. Complicità. La benevolenza con cui Cgil, Pd, M5S e Avs hanno accolto e protetto picchiatori e devastatori, vandali e antisemiti, non è scusabile. Oggi Roma brucia anche per la loro ipocrisia. Mentre scriviamo, i disordini continuano: i manifestanti incappucciati si spostano verso Santa Croce in Gerusalemme e tentano di raggiungere Porta Maggiore, da cui è facile dileguarsi verso San Lorenzo o il Pigneto — zone grigie dove la legalità si confonde con l’illegalità e dove ciò che qualcuno chiama “democratico” è tutto, fuorché democratico.
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