Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il cardinale di Algeri, consigliere del Papa, accusa Israele di 'genocidio' Intervista infamante su La Stampa
Testata: La Stampa Data: 28 agosto 2025 Pagina: 1/9 Autore: Giacomo Galeazzi Titolo: «Nella Striscia il genocidio è innegabile Israele usa la fame come le bombe»
Il cardinale di Algeri, consigliere del Papa, accusa Israele di 'genocidio' Intervista infamante su La Stampa
Per il cardinale di Algeri, Jean Paul Vesco, il "genocidio" israeliano a Gaza è "innegabile" e Israele "usa l'arma della fame". Il porporato ignora tutti i dati che dimostrano come a Gaza non vi sia alcun genocidio. Non ci sono i numeri per parlare di genocidio, nemmeno dando per vere le statistiche fornite da Hamas. Non sono in corso operazioni di pulizia etnica o rastrellamenti di civili su base etnica, religiosa o razziale: quella a Gaza è una guerra al terrorismo, pura e semplice. Il vescovo ignora le responsabilità di Hamas che continua a usare scudi umani. E soprattutto, quando parla di "arma della fame" ignora due milioni di tonnellate di aiuti umanitari inviati a Gaza in questi due anni di guerra, i 100mila camion di aiuti alimentari entrati nella Striscia, i lanci col paracadute di pacchi di aiuti effettuati nelle zone non raggiungibili via terra. Se queste accuse fossero lanciate da un parroco sarebbe già grave. Ma sono accuse mosse da un principe della Chiesa, consigliere di Papa Leone XIV sui rapporti con l'islam. Speriamo che il nuovo Papa non lo ascolti.
Ecco il testo dell'intervista:
«Ormai è evidente che a Gaza Benjamin Netanyahu vuole conquistare tutto il territorio e costringere con la sopraffazione i palestinesi ad abbandonare la loro terra. Ma quando un popolo non è più sulla tua terra non è più un popolo. L'occupazione rientra in una strategia disumana, miope e senza via di uscita. Non si può accettare la deportazione di un popolo», avverte il cardinale Jean-Paul Vesco, 63 anni, arcivescovo metropolita di Algeri, ascoltato consigliere per l'Islam in Curia, tra i protagonisti all'ultimo conclave. A Rimini, nelle sale del Meeting di Cl, il porporato originario di Lione, membro del dicastero vaticano per il Dialogo Interreligioso, ha commemorato i monaci trappisti martirizzati a Tibhirine trent'anni fa. Prima della diocesi di Algeri ha guidato quella di Orano di cui era stato vescovo Pierre Claverie, domenicano come lui, assassinato nel 1996 e beatificato nel 2018. Ponte nord-sud.
Nove mesi fa Francesco aveva chiesto di indagare se a Gaza fosse in atto un genocidio, lanciando un appello per salvare la dignità umana. E adesso?
«Purtroppo ora è tutto tragicamente chiaro, senza margini di dubbio. Nella Striscia è innegabilmente in atto un genocidio. La fame viene usata come arma di sterminio e massacra innocenti al pari delle bombe. L'Europa è inerte. Tutto il mondo ha ascoltato l'impressionante lettura da parte del cardinale Matteo Zuppi dei nomi dei 12 mila bambini che hanno perso la vita a Gaza, nessuno può fingere di non sapere, l'indifferenza è complicità con la politica di morte di Netanyahu. La pace, testimonia Leone XIV, si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l'orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi».
Qual è la sua esperienza?
«Ho vissuto due anni in Terra Santa, sia a Gerusalemme sia nella Striscia, e l'oppressione insopportabile del più forte sul più debole era già soffocante prima del 7 ottobre. Se gli israeliani non fermano il massacro compiuto dal loro governo lo Stato ebraico ne sarà segnato per sempre. L'Onu ha rilevato che la fame a Gaza è un fenomeno volontario e indotto dal blocco degli aiuti alimentari. L'emergenza umanitaria ha assunto proporzioni catastrofiche, oltre qualunque motivazione logica. Quindi bisogna chiamare le cose con il loro nome. Il genocidio è la volontà di annientare l'esistenza stessa di un popolo ed è esattamente ciò che sta avvenendo a Gaza. Non siamo di fronte a una tragica fatalità, ma, come dice la Caritas, al risultato di scelte deliberate e calcolate. Un intero popolo, privato di sostentamento, viene lasciato sprofondare».
Il dolore dell'impotenza?
«Fin da subito la Santa Sede e la Chiesa universale sono state vicine alle sofferenze di tutti condannando il terribile attacco di Hamas. Nel tempo trascorso l'uccisione sistematica di civili, i bombardamenti sui convogli di cibo, la distruzione di infrastrutture e la carestia procurata hanno calpestato la dignità umana e il diritto internazionale. Oggi il mondo intero è ostaggio dell'orrore in corso nella Striscia e dei crimini di guerra commessi dal governo israeliano. A parte pregare e denunciare non riusciamo a fare nulla. Quindi ci sentiamo tutti impotenti».
Chi ha davvero a cuore Gaza?
«In tutto questo tempo non è si è mai arrivati ad un cessate il fuoco. Eppure quanto succede a Gaza è appunto nell'ordine di un genocidio e non possiamo esitare a dirlo, è un dovere morale. Non si può vincere contro un popolo al prezzo di perdere la propria anima. Ciò che può salvare l'anima dello Stato di Israele sono gli ebrei che prendono posizione contro la politica di devastazione di Netanyahu e che denunciano la barbarie in aggravamento nella Striscia».
E nelle comunità cristiane in terra d'Islam come la sua? Cosa comporta tutto questo?
«Fin dall'inizio della distruzione della Striscia abbiamo organizzato ad Algeri dei momenti di preghiera e di incontro ai quali sono intervenuti l'ambasciatore palestinese, quello statunitense e molti altri. Sono occasioni preziose e molto intense e profonde per raccoglierci e denunciare la tragedia di Gaza. Abbiamo subito rimarcato l'ingiustizia in corso nella Striscia. Non è possibile la pace senza giustizia. Ed è evidente che i problemi non sono iniziati il 7 ottobre. Già vent'anni fa, quando vivevo lì, l'ingiustizia era impressionante: il potere del più forte sul più debole. Nethanyahu non ha voluto la soluzione dei due popoli e due Stati. Ha impedito che la Palestina diventasse uno Stato. Non si vede via di uscita. Siamo imprigionati in una strada chiusa»
Teme che l'odio dilaghi ben oltre la Terra Santa?
«In Algeria la Chiesa non è stata toccata direttamente. Le persone sanno che come cristiani siamo schierati con loro per Gaza. Si tratta di una causa che ci unisce. Non può mai dividerci una causa comune, di civiltà. La religione non c'entra, è una questione di predominio geopolitico e il dialogo tra le fedi non è in discussione. Pierre Claverie diceva che "nessuno possiede la verità, ognuno la ricerca e io ho bisogno della verità degli altri". Come cristiani non siamo divisi dai fratelli musulmani e algerini che sono tutti per Gaza. Sul piano generale l'unica soluzione resta il dialogo. Alle tenebre si risponde con la luce come hanno fatto Francesco e l'imam di Al-Azhar con il Documento di Abu Dhabi. Le differenze di religione non possono essere pretesto per la violenza o ostacolo alla riconciliazione. Chi crede in maniera sincera e non strumentale agisce solo per il bene comune».
Intanto l'Europa che fa?
«Viene spesso da chiederselo. Io sono nato in Francia ma sono algerino, vivo in Algeria. Penso, vivo e vedo le cose dall'Algeria ed è molto differente. Su immigrazione, politiche di pace, Ucraina l'Europa cosa fa? Quale voce ha? Quale posizione unitaria ha? La prossima settimana ad Algeri ci riuniremo per pregare e invocare la pace in Ucraina».
Leone XIV ha detto no a punizioni collettive e a rimozioni forzate di un popolo dalla sua terra. Quanto può incidere?
«Il Papa è rispettato da tutti e il suo messaggio non ha confini. Il richiamo alla coscienza non consente ambiguità. Lo ripeto: lo Stato d'Israele sta mettendo in pratica un'azione genocida. L'indifferenza è complicità mentre sotto gli occhi del mondo intero e della storia si compie l'uccisione di un popolo attraverso le armi e la fame. I grandi della terra assistono immobili e sembrano non avere alcun potere nel fermare la strage che tutta l'umanità vede compiersi. Civili, donne e bambini vittime della barbarie e del silenzio».
Chi può fermare la guerra?
«La teoria e la pratica sembrano opposte. Sulla carta i potenti del mondo e la comunità internazionale dispongono di modi e mezzi per agire, per intervenire sulla tragedia di Gaza. Gli Stati Uniti, in particolare, avrebbero gli strumenti e la possibilità per fermare il governo israeliano, ma l'incapacità di far tacere le armi viene mostrata allo sguardo di tutti alla stregua di un alibi, come fosse un ineluttabile destino di morte e distruzione al quale non ci si può opporre».
Che significato hanno le bombe sulla chiesa?
« La parrocchia di Gaza è l'emblema di una volontà estrema di resistere al male: quella martoriata chiesa offre riparo e protezione a tutti, non solo ai cristiani, e ordinarne l'evacuazione significa spegnere una rarissima fiaccola nel buio. Un crudele tentativo di spezzare il legame di convivenza tra cristiani e musulmani che soffrono insieme e si sostengono a vicenda in una situazione che li vede parimenti vittime. Una condizione di ingiustizia che li unisce da tempo in una fratellanza rafforzata dalla disumana ingiustizia che si trovano a condividere. E infatti Leone XIV ha indicato come fondamentale il contributo del dialogo interreligioso può svolgere per favorire contesti di pace».
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