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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Libero Rassegna Stampa
27.08.2025 Antisemitismo: la parola giusta per chi critica ebrei e israeliani
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 27 agosto 2025
Pagina: 1/12
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Usiamo la parola giusta per le “critiche” a ebrei e israeliani: antisemitismo»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 27/08/2025, a pag. 1/12, con il titolo "Usiamo la parola giusta per le 'critiche' a ebrei e israeliani: antisemitismo", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Escludere Gerard Butler e Gal Gadot dalla Mostra del Cinema di Venezia, come chiedono attori e registi pro-Pal è un atto di antisemitismo. Non è una "legittima critica al governo Netanyahu", perché Gal Gadot è un'oppositrice di Netanyahu, è esclusa perché è ebrea e israeliana. Gerard Butler non è neppure israeliano, ma la sua colpa è di aver partecipato (nel 2018!) a un gala di raccolta fondi per i famigliari dei caduti dell'IDF, vittime del terrorismo islamico. Cosa è questo se non antisemitismo?

Ricapitoliamo. In nome della sensibilizzazione per Gaza e sempre evocando con voce tremante e occhi umidi i diritti umani e altri valori di importanza suprema, abbiamo assistito come una sorta di “nuova normalità” al vero e proprio respingimento di semplici turisti israeliani da parte di bar e ristoranti, poi alla richiesta politica di esclusione di atleti e rappresentanti israeliani dalle competizioni sportive, e infine a Venezia - alla richiesta di estromissione dal Festival di un’attrice e un attore “colpevoli” - lei, Gal Gadot - di essere israeliana, ebrea, e impegnata nella campagna a favore del rilascio degli ostaggi tuttora prigionieri di Hamas e - lui, Gerard Butler- di aver raccolto fondi diversi anni fa per la difesa di Israele dal terrorismo.
Così, nella nostra Italia (e in un gran silenzio istituzionale), politici, giornalisti, intellettuali, sportivi, persone comuni hanno- più o meno consapevolmente - confuso dei cittadini con il (peraltro legittimo) governo in carica a Gerusalemme.
Oppure hanno presunto che, per il solo fatto di essere israeliani e/o ebrei, si debba necessariamente rispondere delle azioni politiche dell’esecutivo Netanyahu, condivisibili o meno che esse siano. Oppure che, per essere considerati parte del consesso civile, cittadini israeliani e persone di religione ebraica debbano svolgere una sorta di “abiura”, quindi di presa di distanza preventiva dal governo guidato dal leader del Likud. Oppure - è il caso di Butler - che, per finire in una lista di proscrizione, basti l’aver agito in un certo modo (alcuni anni fa) o il non essersi espresso secondo il pensiero unico (adesso).
Ora, la si può girare come si vuole, si può indorare la pillola a proprio comodo e piacimento, si può accompagnare il tutto con lacrime più o meno sincere: ma se si mettono nel mirino delle persone per il mero fatto di essere israeliane e/o ebree, si sta compiendo un atto di antisemitismo. Peggio: si uniscono in modo velenoso la propensione storica della sinistra a stilare elenchi di reprobi (o- sul modello dell’appello contro il commissario Luigi Calabresi - a predisporre lapidazioni morali con il concorso corale di intellettuali e artisti) e un’ostilità anti-israeliana che, scatenandosi contro singole persone, diventa ipso facto un atto di antisemitismo. Si potrà invocare la buona fede (in molti casi non ne dubito), la scarsa consapevolezza storica (idem), un cedimento da deboli al conformismo (mi pare pacifico), e ogni sorta di ulteriore giustificazione, attenuante, contestualizzazione. Ma occorre comunque chiamare le cose con il loro nome: e la parola appropriata, quando si colpisce una persona per il suo essere israeliana e/o ebrea, è antisemitismo. A maggior ragione se chi si comporta così fatica a esprimere un giudizio netto sui terroristi di Hamas. Stiamo assistendo a una pagina di incancellabile infamia. Si può legittimamente sostenere ogni opinione sul governo Netanyahu, su quanto accade a Gaza, sul complesso quadro in Medio Oriente. Ma resta il fatto che - dietro le cortine fumogene - ci sia una realtà inconfessabile: si stanno dicendo e facendo contro gli ebrei cose che in altri tempi ci si sarebbe vergognati anche solo a pensare. È scomodo dirlo? Perderemo qualche like sui social? Incasseremo qualche altra minaccia? Può darsi. Ma - tra qualche anno - almeno di questo, dalle nostre parti, non avremo motivo di vergognarci.

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