Chi sta affamando davvero Gaza Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello
Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.
Il Libano dà l'ultimatum sul disarmo a Hezbollah Analisi di Mattia Preto
Testata: Informazione Corretta Data: 26 agosto 2025 Pagina: 1 Autore: Mattia Preto Titolo: «Il Libano dà l'ultimatum sul disarmo a Hezbollah»
Il Libano dà l'ultimatum sul disarmo a Hezbollah Analisi di Mattia Preto
Ad agosto il governo libanese, sotto pressione USA, ha approvato un piano per il disarmo totale di Hezbollah entro la fine dell’anno. Israele appoggia l’iniziativa, ma la frammentazione interna del Libano e il peso demografico sciita nell'esercito rendono incerto l’esito dell’ultimatum
Nei primi giorni di agosto il governo libanese si è riunito per firmare un documento che richiede formalmente all’esercito regolare di elaborare un piano affinché, entro la fine dell’anno, solo le istituzioni statali possano detenere armi. Questa decisione, presa sotto pressione degli Stati Uniti, equivale di fatto a una richiesta ufficiale di disarmo dell’organizzazione terroristica Hezbollah. Il documento, proposto da Washington e approvato da Beirut, prevede il disarmo totale del gruppo, il ripristino del controllo di tutti i valichi di frontiera da parte delle forze nazionali e, in caso di raggiungimento di questi obiettivi, il ritiro di Israele da cinque postazioni nel sud del Paese. Il piano sarebbe sostenuto da un finanziamento di un miliardo di dollari all’anno per dieci anni a favore dell’esercito regolare libanese.
Naim Kassem, succeduto a Hassan Nasrallah alla guida di Hezbollah, ha espresso il suo totale dissenso alla decisione del governo, arrivando a minacciare una possibile guerra civile. Per le strade del Libano si sono susseguite manifestazioni in sostegno al gruppo terroristico e persino all’interno delle istituzioni non sono mancati contrasti, quattro ministri sciiti hanno abbandonato la riunione di governo in segno di protesta.
Il disarmo di Hezbollah, tuttavia, è ben più complesso di come presentato dal governo libanese. Per comprenderne le difficoltà, bisogna innanzitutto analizzare le ragioni per cui Beirut ha accettato il piano statunitense. Il gruppo terroristico riceve finanziamenti diretti dall’Iran, che condivide con Hezbollah sia lo sciismo sia l’odio verso Israele. Teheran non ha alcuna intenzione di perdere il suo braccio armato in Libano ed è pronta a sostenerlo anche in caso di conflitto interno. Negli ultimi mesi, però, il cosiddetto “corridoio del terrore” è stato bruscamente interrotto: la caduta del regime di Assad, storico alleato dell’Iran, ha di fatto spezzato il collegamento via terra tra Teheran e Beirut attraverso Siria e Iraq. Il nuovo governo siriano, ostile agli Ayatollah, pur non controllando interamente il territorio è riuscito a prendere in mano i confini, rendendo molto più complicati i rifornimenti a Hezbollah. Oggi l’organizzazione si trova di fatto geograficamente accerchiata da Israele, dalla Siria e, sempre più, dallo stesso governo libanese.
A complicare ulteriormente l’operazione di disarmo non vi è solo l’ingerenza iraniana, ma anche la composizione dell’esercito libanese. Le forze armate sono strutturate in unità settoriali, suddivise secondo linee etniche e religiose: sciite, sunnite, druse, cristiane, maronite e ortodosse. Questa impostazione risale alla guerra civile, quando l’esercito regolare si sgretolò in una miriade di fazioni contrapposte. Al termine del conflitto, Hezbollah fu l’unico gruppo a cui fu concesso di mantenere le armi. La ragione di questa eccezione risiede nella demografia: gli sciiti costituiscono circa il 60% delle forze armate regolari. Allora come oggi, mettere sciiti contro sciiti appare quasi impossibile. Questo fu uno dei motivi principali del fallimento dell’esercito durante la guerra civile, e lo stesso scenario rischierebbe di ripetersi in caso di un nuovo conflitto interno.
La speranza di un disarmo di Hezbollah è stata resa possibile grazie all’intervento di Israele. Tsahal ha inflitto duri colpi al gruppo terroristico, eliminando non solo storici comandanti che da oltre trent’anni dirigevano Hezbollah, ma anche distruggendo circa il 70% delle sue capacità militari. Oltre 5.000 terroristi sono stati uccisi e altri 15.000 feriti, oggi non più in grado di combattere. Tra le operazioni più efficaci, va ricordata quella dei cercapersone esplosivi, con cui l’IDF ha colpito in modo mirato la catena di comando e la rete logistica di Hezbollah.
Nel frattempo, Hezbollah ha intensificato gli attacchi indiscriminati contro Israele. Nel luglio del 2024, un missile lanciato dal Libano ha colpito un campo da calcio a Majdal Shams, sulle Alture del Golan, uccidendo dodici bambini israeliani. Inoltre, è importante ricordare che Hezbollah aveva già attaccato Israele l’8 ottobre, il giorno successivo al massacro di Hamas, senza che Israele avesse sparato un solo colpo verso le postazioni di Hezbollah in Libano.
In questo contesto, Gerusalemme si è espressa a favore dell’operazione libanese, definendola un passo storico in grado di restituire sovranità e stabilità al Libano. Israele ha dichiarato di essere pronta a sostenere questo percorso e, qualora le forze di sicurezza libanesi agissero concretamente, a ridurre gradualmente la presenza dell’IDF in coordinamento con gli Stati Uniti. “È giunto il momento che Israele e Libano avanzino in uno spirito di cooperazione, per costruire un futuro più sicuro e prospero per entrambi i Paesi”.
Nonostante ciò, la situazione in Libano resta estremamente precaria e il governo non sembra intenzionato a spingersi fino a uno scontro diretto con Hezbollah, vista l’imprevedibilità del risultato. Solo un intervento congiunto di Stati Uniti e Israele potrebbe fornire a Beirut il sostegno necessario, ma al momento questa ipotesi appare difficile Joseph Aoun, ex-comandante in capo dell’esercito e neopresidente del Libano, ha dichiarato di essere pronto a una pace con Israele, ma non a una normalizzazione completa dei rapporti.
Una cosa è certa: l’ultimatum è fissato per la fine dell’anno. Solo allora sarà possibile capire se queste dichiarazioni si tradurranno in fatti concreti.