Jan Karski
La mia testimonianza dinanzi al mondo
A cura di Luca Berbardini
Adelphi
"Racconti tutto ciò di cui ha fatto esperienza personale, tutto ciò che ha visto e udito. Riporti i fatti e lasci che chi ascolta possa trarre le sue conclusioni": con questo viatico il premier del governo polacco in esilio mandò Jan Karski a informare i grandi della terra di quello che accadeva agli ebrei nel suo Paese. Il giovane ex ufficiale di riserva dell'esercito polacco, unitosi alla resistenza nel 1939, aveva compiuto infatti un'impresa inaudita: era riuscito a infiltrarsi nel ghetto di Varsavia e nel campo di sterminio di Belzec - e, cosa ancora più inaudita, era riuscito a venirne fuori. Il suo compito, quindi, era uno solo: testimoniare. Cosa che fece: ma senza essere creduto. Forse perché al Rapporto Karski era impossibile credere: giacché il cervello umano "non può andare oltre un certo limite ". O perché, per motivi squisitamente strategici, si scelse di non credere. La questione resta tuttora aperta. Questo libro però non racconta soltanto ciò che conteneva quel rapporto, ma tutte le avventure da lui vissute nel corso della guerra: l'arresto da parte dei sovietici, che poi lo consegnano ai tedeschi; la prima evasione; le missioni di collegamento con il governo in Francia; l'arresto da parte della Gestapo e le torture subite; la seconda evasione da un ospedale a opera della resistenza; la sua missione di testimonianza. Tutti "fatti", appunto, che vengono narrati senza alcuna enfasi, in uno stile asciutto e laconico - e proprio per questo tanto più efficace. Dimenticato nel dopoguerra in ragione dei nuovi assetti politici mondiali, Karski sarà riscoperto e intervistato dal regista Claude Lanzmann per il celeberrimo Shoah (1985), che darà l'avvio alla seconda fase della sua missione: ricordare l'indifferenza degli Alleati di fronte al consumarsi del genocidio.