29/1/02 Come si orienta un'intervista...
L'intervista di De Giovannangeli ad Hanan Ashrawi
Testata:
Data: 29/01/2002
Pagina: 1
Autore: DeGiovannangeli
Titolo: un articolo
Su L'Unità del 29/01/02 ecco un nuovo esempio di come sia possibile influenzare il giudizio del lettore.
L'effetto della foto che riporta le immagini dell'attentato, con i corpi dei morti e dei feriti sparsi lungo la strada, viene immediatamente vanificato dal contenuto dell'articolo.
L'intervista di De Giovannangeli ad Hanan Ashrawi, figura nota della leadership palestinese, è un chiaro esempio di come formulando domande "mirate" si possa orientare il giudizio dei lettori.
In particolare il giornalista evidenzia la "condizione infernale" in cui vivono i palestinesi, cui fanno seguito, ovviamente, le considerazioni della Ashrawi sulla "sofferenza solo sofferenza del suo popolo". "Le città palestinesi sono prigioni a cielo aperto dove la popolazione vive sotto assedio(?) in attesa dell'ennesima rappresaglia israeliana. Innanzittutto gli israeliani non "assediano " le città palestinesi, semmai cercano disperatamente con la loro presenza di evitare nuove stragi; il giornalista però si astiene ad arte dal ricordare anche la sofferenza degli israeliani che sono arrivati al punto da essere terrorizzati ogni volta che escono di casa.
Il motivo? Non sanno se ritornano!! Dunque, non "soffrono" solo i palestinesi.
A questo punto la domanda del giornalista giunge inevitabile: "Di chi è la responsabilità di ciò?"
Anche per il lettore più sprovveduto la risposta è scontata: "Ovviamente la responsabilità ricade sui governanti israeliani ( accomunando in questo giudizio non solo il "falco" Sharon ma anche il laburista Barak).
Ancora. "L'errore più grave che abbiamo commesso è stato quello di non verificare che gli impegni scritti venissero realmente applicati". Nessun suggerimento, viene dal giornalista al RIFIUTO di Arafat dinanzi alle proposte di pace di Barak: questo, avrebbe dovuto scrivere, è il suo errore più grave, le cui conseguenze di violenza e distruzione ricadono ancora oggi non solo sugli israeliani ma sui palestinesi stessi. Una successiva affermazione della Sig.ra Ashrawi al fatto che "Arafat sul tavolo negoziale non si è certo dimostrato un estremista" non induce il giornalista a considerare che, al contario, Arafat non ha mai assunto concretamente nei confronti degli "estremisti" una posizione ferma e definitiva: sarebbe stato auspicabile infatti che, una volta arrestati i responsabili delle stragi non consentisse loro di uscire, dopo pochi giorni, per riprendere la loro missione di morte.
Infine di fronte alla domanda che cela, ma non troppo, la simpatia del giornalista verso la sua interlocutrice "Qual è lo stato che "sogna" Hanan Ashrawi"? , la risposta deve fare riflettere: "Uno stato di diritto, fondato sulla pluralità fra i sessi e sul pluralismo politico, culturale e religioso".
Si può parlare di "stato di diritto" quando gli imputati vengono condannati a morte dopo processi frettolosi , quando è sufficiente esprimere il proprio dissenso per venire incarcerati?
Se queste sono le premesse lo stato che ipotizza la Sig.ra Ashrawi rimarrà per molto tempo ancora un "sogno".

Invitiamo i lettori ad esprimere i loro commenti sul modo in cui è stata condotta l'intervista scrivendo a:

lettere@unita.it